Cass. pen., sez. I 16-07-2008 (11-07-2008), n. 29566 Procedura applicabile. – Competenza del giudice dell’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con ordinanza, deliberata de plano il 19 febbraio 2008 e depositata il 20 febbraio 2008, la Corte di appello di Catanzaro, in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto la richiesta, formulata il 3 gennaio 2008 dal Procuratore Generale della sede, di sequestro preventivo di alcuni terreni, veicoli, depositi bancari a carico di G.A., condannato per delitto di associazione di tipo mafioso, giusta sentenza della Corte medesima in data 6 giugno 2005 (irrevocabile il 6 marzo 2007) e nei confronti dei congiunti del condannato formali intestatari, motivando – previa pertinente rassegna degli arresti di legittimità in materia – che, se i redditi dichiarati dagli interessati "non erano sufficienti a garantire il fabbisogno necessario per il sostentamento della famiglia", il valore accertato del compendio dei beni del condannato e dei prossimi congiunti, per i quali il Pubblico Ministero postulava la misura cautelare, era "altrettanto irrisorio".
Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte territoriale, mediante atto recante la data del 5 marzo 2008, depositato in pari data, col quale dichiara promiscuamente di denunciare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, nonchè mancanza e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente deduce: la Corte territoriale ha illegittimamente proceduto de plano, omettendo di instaurare la "procedura camerale partecipata" e pregiudicando il diritto del Pubblico Ministero "richiedente" e dei controinteressati "di svolgere le rispettive difese") la motivazione della ordinanza è, peraltro, carente, in quanto la apprezzata "irrisorietà" del valore dei beni "non vale a escludere la presunzione di illecita accumulazione"; non sono, comunque, di valore "trascurabile" il saldo del conto corrente della moglie del condannato, pari a Euro 9.279,39 (alla data dell’otto novembre 2007) e il terreno edificabile acquistato dalla medesima per il prezzo dichiarato di Euro 8.000.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con atto del 2 maggio 2008, rileva, con citazione di precedenti di legittimità in termini, che in materia di confisca il provvedimento adottato dal giudice della esecuzione (de plano ovvero, irritualmente, con l’osservanza della formalità previste dall’art. 666 c.p.p., commi 3 e 4) è esclusivamente soggetto alla opposizione al medesimo giudice, ai termini dell’art. 667 c.p.p., comma 4, sicchè il ricorso deve essere riqualificato come opposizione.
Pregiudiziale è la questione della qualificazione giuridica della impugnazione proposta dal Procuratore Generale presso la Corte territoriale.
L’art. 676 c.p.p. annovera tra le "altre competenze" residue del giudice della esecuzione i provvedimenti in materia di "confisca .. delle cose sequestrate", ma non contiene espresso riferimento alla materia delle misure cautelari – e, segnatamente, del sequestro preventivo – finalizzate alla confisca.
Occorre in proposito, tuttavia, considerare che, in relazione alla particolare previsione della misura di sicurezza patrimoniale atipica, introdotta dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356, questa Corte, a Sezioni Unite, risolvendo il contrasto di giurisprudenza, ha fissato il principio di diritto, secondo il quale, "salvo che sulla questione non abbia già provveduto il giudice della cognizione, con conseguente preclusione processuale", la confisca ai sensi della disposizione anzidetta "può essere disposta anche dal giudice dell’esecuzione" (Sent. 30 maggio 2001, n. 29022, Derouach).
E conseguentemente, in tale prospettiva, l’indirizzo dominante nella giurisprudenza di legittimità si è affermato nel senso che "rientra nella sfera di attribuzioni del giudice dell’esecuzione il potere di disporre il sequestro preventivo dei beni ex art. 321 c.p.p., considerato che egli è competente ad adottare il provvedimento di confisca in virtù dell’art. 12-sexies cit., e che, pertanto, si può ben ricorrere in fase esecutiva al sequestro preventivo per salvaguardare la conservazione dei medesimi beni" (v. in termini:
Sez. 4^, 18 marzo 2003, n. 23165, Guzzardo; Sez. 2^, 3 dicembre 2003, n. 814, Ballarino; Sez. 6^, 2 maggio 2005, n. 33964, Morabito e Sez. 1^, 30 settembre 2005, n. 38589, Foca; contrai Sez. 5^, 8 giugno 2005, n. 276613, Laera).
Risolta, così, positivamente la questione della competenza del giudice della esecuzione a disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca atipica di cui al ridetto art. 12-sexies (pur in carenza di esplicita previsione nell’art. 676 c.p.p.), non è dubitabile che la forma con la quale il giudice deve provvedere sia quella de plano, contemplata dall’art. 667 c.p.p., comma 4.
La conclusione è accreditata dalla duplice considerazione:
a) che nelle forme dell’art. 667 c.p.p. il giudice dell’esecuzione provvede alla confisca, cui il sequestro è preordinato; sicchè a fortiori si impone l’osservanza del medesimo rito per l’adozione della misura cautelare e strumentale rispetto al provvedimento finale;
b) che il sequestro preventivo, quale "atto a sorpresa", non è compatibile con i termini dilatori e con il preventivo contraddittorio stabiliti dall’art. 666 c.p.p..
Ora, con riferimento ai provvedimenti adottati dal giudice della esecuzione de plano, lo stesso art. 667 c.p.p., comma 4, appresta lo strumento della opposizione al medesimo giudice, il quale provvede con le forme e con il rito degli incidenti di esecuzione.
Peraltro, in generale, secondo il più recente indirizzo affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte rispetto al contrastante precedente orientamento (v. in proposito: Sez. 1^, 24 febbraio 1995, n. 1146, Arrighini; Sez. 1^, 2 dicembre 1996, n. 6387, Di Giannantonio), il rimedio della opposizione riveste carattere affatto esclusivo e deve essere inderogabilmente esperito anche nella ipotesi in cui il giudice dell’esecuzione abbia ir ritualmente proceduto (anzichè de plano) nel contraddittorio tra le parti ai sensi dell’art. 666 c.p.p. (Sez. 3^, 7 aprile 1995, n. 1182, Cancello; Sez. 5^, 2 ottobre 2001, n. 44476, Costa; Sez. 3^, 5 dicembre 2002, Salamone; Sez. 1^, 28 marzo 2006, n. 15070, Cosmai; Sez. 1^, 30 marzo 2006, n. 17331, Poggiolini; Sez. 1^, 10 novembre 2006, n. 38694, Di Giovanni; Sez. 1^, 9 marzo 2007, n. 18223, Siclari; Sez. 1^, 22 marzo 2007, n. 14642, Stankovic e Sez. 1^, 10 luglio 2007, n. 28045, Spezzani).
Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro, anzichè adire questa Corte, avrebbe dovuto correttamente attivare lo strumento specificamente previsto dalla legge e, pertanto, preclusivo del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (v. Cass., Sez. Un., 28 gennaio 1956, n. 4, ric. Anelli).
L’error in procedendo del ricorrente non comporta, tuttavia, l’inammissibilità del ricorso.
Soccorre, invero, il generale principio di conservazione del valore degli atti giuridici, di cui l’istituto della conversione costituisce particolare esplicazione.
E in applicazione di detto principio la Corte provvede alla corretta qualificazione del ricorso e ne dispone la trasmissione alla Corte di appello di Catanzaro, in funzione di giudice della esecuzione, per il corso ulteriore.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come opposizione dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Catanzaro per il corso ulteriore.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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