Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 09-06-2011, n. 23179 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Milano con ordinanza dell’11 marzo 2010 rigettava l’istanza di revoca del sequestro del dipinto "Piace des pyramides", e di sua restituzione, avanzata in data 30 luglio 2009 e integrata in data 28 settembre 2009 nell’interesse di M.R..

1.1. Il procedimento penale era in corso nei confronti di T. D., imputato di diversi reati, tra i quali in questa sede rilevano: il capo 5), nel quale si contestavano a T. i reati di cui agli artt. 81 e 110 c.p., e D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 127, comma 1, lett. b), e comma 2, per avere detenuto e posto in commercio – senza aver concorso nella contraffazione o alterazione – trentaquattro opere pittoriche contraffatte, tra cui (capo 5.5) il dipinto olio su tavola raffigurante "Piace des pyramides", a firma De Nittis, con l’aggravante di aver commesso il fatto nell’ambito delle attività della galleria d’arte (OMISSIS) e gestita dallo stesso T.; il capo 2), nel quale si contestavano al T. i reati di cui agli artt. 81, 110 e 611 c.p., e art. 629 c.p., comma 2, perchè in concorso con ignoti "si procurava un ingiusto profitto consistente nella possibilità di rivendere come autentiche delle opere false ed in particolare n. 2 opere d’arte non originali apparentemente attribuibili al pittore De Nittis, mediante violenza, consistita nel trattenere l’esperto di pittura italiana dell’Ottocento M.G. all’interno di una stanza, e minaccia nei confronti dello stesso e della sua famiglia qualora avesse avvertito l’autorità giudiziaria, costringendo il predetto a commettere il reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 127, lett. c), consistente nell’autenticare, conoscendone la falsità, il retro delle fotografie delle predette due opere (quadro raffigurante "Piace des piramide" e quadro raffigurante "Alberi lungo la Senna" non originali).

All’esito di un lungo e articolato dibattimento, riguardante anche un’altra estorsione, commessa dal T. con modalità sostanzialmente identiche e per lo stesso fine nei confronti di un altro esperto di pittura italiana dell’Ottocento, M. G., con sentenza del 21 dicembre 2004 il Tribunale di Milano aveva condannato T.D. alla pena di tre anni e dieci mesi di reclusione e Euro 600,00 di multa e aveva ordinato la confisca di tutte le opere pittoriche in sequestro.

1.2. Con sentenza del 7 maggio 2007 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado.

1.3. Osservava ancora il tribunale che con l’istanza di revoca del sequestro M.R., dichiarandosi proprietario del quadro "Piace des pyramides" ed essendo estraneo ai reati commessi da T.D., chiedeva il dissequestro e la restituzione del dipinto.

Il M. esponeva che, quale collezionista di opere pittoriche dell’Ottocento, aveva acquistato il dipinto presso la casa d’aste Sotheby’s; che nel corso del 1996 M. aveva stipulato con la compagnia Lloyd’s of London una polizza assicurativa globale abitazione comprendente, tra l’altro, ventuno dipinti stimati avere il valore complessivo di L. 4 miliardi.

Uno di questi, indicato nell’elenco prodotto agli atti, è così descritto: "G. De Nittis – Piace de la Republique – olio su tavola, cm. 32,5 x 22,5 500.000.000"; che per ottenere un certificato di autentica del dipinto M. si era rivolto a T., perchè contattasse un critico d’arte che rilasciasse l’expertise; a tal fine gli aveva consegnato una fotografia del quadro, successivamente rinvenuta dai CC nella galleria d’arte "La Navicella"; che il dipinto era stato successivamente rinvenuto presso l’abitazione di M. ed era stato sottoposto a sequestro.

2. Avverso questa pronuncia l’originario istante propone ricorso per cassazione con un motivo e con successivi motivi aggiunti.
Motivi della decisione

1. Il ricorso, articolato in un motivo ed in successivi motivi aggiunti, con cui il M., variamente argomentando, rivendica la proprietà del dipinto suddetto, è infondato.

2. Il tribunale ha motivato adeguatamente il rigetto dell’istanza di revoca del sequestro rilevando che non v’era prova che il dipinto di cui l’istante chiedeva la restituzione fosse quello che possedeva presso la sua abitazione, e che comunque, trattandosi di opera falsa, correttamente ne è stata disposta la confisca.

Ha ricordato il tribunale che è vero che in dibattimento il T. aveva affermato che il dipinto era del M., che si era a lui rivolto per ottenere un’autentica. Il T. ha poi precisato che nella propria galleria d’arte egli deteneva la fotografia del quadro e che, ricevuto il decreto di sequestro delle opere presenti nella galleria, egli stesso si era recato a casa di M., aveva prelevato il dipinto e l’aveva consegnato ai CC, i quali il 29 marzo 2001 l’avevano sottoposto a sequestro.

Ma ha osservato il tribunale – con valutazione di merito non sindacabile in questa sede di legittimità – che per un verso lo stesso M. aveva sostenuto che erano stati gli operanti a prelevare direttamente il quadro nella sua abitazione e per altro verso che l’assunto del T. di avere prelevato a casa di M. il dipinto non trovava alcun riscontro obiettivo.

Ha aggiunto, poi, che mentre nell’elenco allegato alla polizza stipulata da M. il quadro aveva assunto il nome "Piace de la Republique" delle dimensioni di cm. 32,5 x 22,5, il dipinto in sequestro recava il nome "Piace des pyramides" delle dimensioni di cm. 34 x 23.

Il tribunale non ha mancato di considerare che l’opera presentava una cornice coeva in legno intagliato e vetro che avrebbe potuto anche giustificare le differenze di dimensioni. La diversità del titolo, però, costituiva un elemento determinante per affermare che si trattasse di opere diverse.

Inoltre – sottolinea ancora il tribunale – l’affermazione del M. di avere acquistato il quadro presso la casa d’aste Sotheby’s era del tutto generica e sfornita di prova, apparendo inverosimile che il richiedente, asseritamente proprietario di un bene di tale valore, non custodisse una ricevuta di pagamento e neppure si fosse fatto rilasciare idonee garanzie sulla provenienza e sull’autenticità di un’opera che poi avrebbe invece inteso ottenere avvalendosi della condotta illecita del T..

Infine – ha correttamente considerato il tribunale – l’accertata falsità dell’opera, nel giudizio di merito per i reati suddetti a carico del T., escludeva che il dipinto potesse essere rimesso in circolazione, anche solo restituendolo ad un collezionista che se ne afferma proprietario ma che non ha dimostrato in alcun modo la sua titolarità.

Nè sarebbe ammissibile una restituzione con limitazioni o restrizioni alla circolazione del dipinto contraffatto. Questa Corte (Cass., sez. 2, 7 dicembre 2010-21 dicembre 2010, n. 44666) ha infatti affermato che è abnorme il provvedimento con il quale il g.i.p., nel disporre l’archiviazione del procedimento, disponga la restituzione di un dipinto contraffatto a condizione della manifestazione di consenso da parte dell’avente diritto (nella specie, l’indagato ricorrente) a che, sul verso del dipinto, sia apposta a cura della P.G. una determinata dicitura che ne attesti la non autenticità, poichè il giudice può imporre limitazioni alla restituzione di un bene soltanto in presenza di una specifica fonte normativa, nella specie insussistente.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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