Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 09-06-2011, n. 23175 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. P.A. e M.G. erano imputati del reato (capo d dell’originaria imputazione) di cui agli artt. 110 e 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80, perchè, in concorso tra di loro, nell’esecuzione del medesimo disegno criminoso, in più riprese acquistavano da Pa.Wa. e da Z.A. e, quindi, detenevano illecitamente, a scopo prevalente di spaccio a terzi nella zona di Belluno, un quantitativo non precisato, ma comunque non modico, di sostanza stupefacente tipo eroina; cessioni che poi effettivamente avvenivano in molteplici soluzioni nel corso del tempo nei confronti di numerosi soggetti allo stato non identificati; in (OMISSIS).

Il Tribunale di Belluno, con sentenza pronunciata in data 22 febbraio 2001, assolveva gli imputati dal reato loro contestato. In particolare il Tribunale riteneva non sufficientemente provato, in esito alla istruttoria dibattimentale, il ruolo attribuito dalla polizia giudiziaria in occasione delle indagini preliminari a P. e M., definiti quali "cavalli" (ossia incaricati dello spaccio al dettaglio) dell’imputato Pa..

2. Avverso tale sentenza proponeva appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, la Corte d’Appello dichiarasse gli imputati responsabili dei reati loro ascritti.

3. La Corte d’appello con sentenza dell’11.2.2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Belluno, dichiarava gli imputati responsabili del reato di cui al capo d), limitatamente al periodo dicembre 1998 per P.A. e al periodo dicembre 1998 – gennaio 1999, quanto M.G. e, esclusa aggravante contestata, riconosciuta l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, condannava P.A. alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 3000 di multa, e M.G. alla pena di anni uno mesi otto di reclusione ed Euro 3500 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali di entrambi gradi di giudizio e alla diffusione delle spese di mantenimento in carcere. Confermava nel resto la pronuncia di primo grado.

4. Avverso questa pronuncia gli imputati propongono distinti ricorso per cassazione sia il P., con due motivi unitamente trattati, che il M., con due distinti motivi.
Motivi della decisione

1. Entrambi ricorsi, che deducono l’insufficienza e contraddittorietà del criterio induttivo, non fondato su riscontri obiettivi, e l’esame solo parziale delle risultanze probatorie da parte della Corte distrettuale, sono infondati.

2. La corte territoriale ha operato una valutazione complessiva – e dettagliatamente motivata – degli elementi emergenti dalle risultanze processuali che non sono rivedibili o rivalutabili in sede di legittimità.

Ha innanzi tutto considerato che la contestazione del reato ascritto agli imputati si inseriva in una più vasta indagine che aveva portato ad individuare nei coniugi Pa.Va. e Z. A. i soggetti che gestivano una significativa attività di acquisto e spaccio di sostanza stupefacente di tipo eroina, in epoca collocabile dal (OMISSIS). Tale stupefacente, nel corso dell’intero periodo, cedevano a terzi, tra cui P. e M. i quali, nella prospettazione accusatoria, oltre a essere consumatori, si occupavano dello spaccio nella zona di Belluno.

La Corte distrettuale ha poi valutato le stesse dichiarazioni rese nell’esame dibattimentale, quanto al P., e la lettura dei verbali di interrogatorio acquisiti ai sensi dell’art. 513 c.p.p., quanto a M..

In particolare il P. ammetteva che era tossicodipendente da circa cinque anni e che acquistava un quantitativo di stupefacente pari a circa due grammi di eroina alla settimana. Secondo la Corte, che valorizzava il contenuto delle intercettazioni intervenute tra l’imputato ed il Pa., parte dello stupefacente acquistato dall’imputato era destinato allo spaccio per garantire al P. il proprio consumo.

La Corte ha rilevato che il contenuto delle intercettazioni telefoniche, unitamente alle dichiarazioni dell’imputato e agli accertamenti sulle sue disponibilità patrimoniali, consentivano di ritenere fondata l’ipotesi investigativa indicata dal teste F. in occasione del suo esame, essendo possibile affermare che, quantomeno nel periodo dal 15 al 23 dicembre 1998 il P. avesse effettuato plurimi acquisti di stupefacente del tipo eroina dal Pa., parte del quale era destinato allo spaccio, sia perchè tali acquisti erano incompatibili con le disponibilità economiche dell’imputato, sia perchè dalla conversazioni intercettate emergeva tale circostanza.

Alla luce del contenuto delle telefonate, esaminate analiticamente (in particolare viene evidenziata la telefonata n. 134, effettuata dopo la richiesta di ulteriori sei dosi, avendone già ricevute cinque il giorno prima, allorchè l’imputato espressamente chiedeva a Pa. "di tirare via una cassetta bella per lui da quelle sei "… "perchè lui non ci guadagna niente"), e della impossibilità patrimoniale da parte del P. di effettuare acquisti significativi di stupefacenti nell’arco di pochi giorni, poteva ritenersi accertato – secondo la Corte distrettuale – che parte di tale stupefacente era destinato allo spaccio, proprio per reperire quelle risorse economiche che il P. non possedeva e per garantire allo stesso il proprio consumo giornaliero di eroina.

Quanto poi alla posizione del M., ha ritenuto la Corte distrettuale che il contenuto delle fonti di prova doveva individuarsi nelle dichiarazioni rese dall’imputato in occasione dei due interrogatori resi in data 25 marzo 1999, al Giudice per le Indagini Preliminari di Belluno, e in data 21 aprile 1999, davanti alla Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno, acquisite ai sensi dell’art. 513 c.p.p., in quanto l’imputato era assente all’udienza fissata per il suo esame, nonchè negli accertamenti patrimoniali e nel contenuto delle telefonate intercettate sull’utenza intestata al Pa.. In particolare ammetteva un episodio – a suo dire isolato – di acquisto per cessione di stupefacente.

Anche in relazione alla sua posizione processuale era possibile ritenere – secondo la Corte distrettuale – che egli non si trovasse nelle condizioni economiche di poter garantire l’elevato consumo personale di sostanze stupefacenti e che pertanto parte dello stupefacente acquistato era destinato allo spaccio, proprio per reperire tali risorse.

Si tratta in sintesi, per entrambi gli imputati, dell’apprezzamento delle risultanze probatorie che è rimesso alla valutazione del giudice di merito e che, quando assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, come nella specie, non è sindacabile in sede di legittimità. 3. Pertanto entrambi i ricorsi vanno rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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