Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 09-06-2011, n. 23171 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Z.P., nato a (OMISSIS), L.E., nato a (OMISSIS), e M.A., nato a (OMISSIS), erano imputati: a) Z.P. e L.E. del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1, perchè, in concorso tra loro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dei casi previsti dall’art. 75, illecitamente detenevano e cedevano a M.A. un modesto quantitativo di eroina, corrispondente a una "dose", e un flacone contenente grammi 35,963 di metadone (in Fiumicello il 16.11.2002); b) M.A. del reato di cui all’art. 378 c.p. perchè, dopo che L.E. e Z.P., con le modalità descritte al capo a), gli avevano ceduto le sostanze di cui al medesimo capo a), fermato dai Carabinieri e interrogato sulla provenienza degli stupefacenti, dichiarava falsamente di averli acquistati a Bologna da una persona sconosciuta, incontrata alla stazione ferroviaria, e così aiutava L. e Z. a eludere le investigazioni dell’Autorità (in Fiumicello (UD) il 16.11.2002).

Il Tribunale di Udine con sentenza del 28.6.2005 dichiarava Z. P., L.E. e M.A. colpevoli dei reati a loro rispettivamente ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche, riconosciuta l’ipotesi attenuata di cui al comma quinto del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, condannava Z.P. e L.E. alla pena di mesi otto di reclusione ed 2.000,00 di multa ciascuno e M.A. alla pena di mesi due di reclusione, nonchè tutti gli imputati in solido al pagamento delle spese processuali. Accordava agli imputati i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna alle condizioni di legge. Ordinava la confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro se non già eseguita.

Questa è in sintesi la ricostruzione dei fatti cui perveniva il giudicante, sulla base delle testimonianze assunte e della documentazione acquisita nonchè sulla base delle risultanze delle intercettazioni telefoniche disposte sull’utenza dello Z. nell’ambito di altro procedimento penale.

Il 16.11.2002 gli investigatori captarono alcune conversazioni sull’utenza dello Z. che facevano presagire un’imminente cessione di droga in favore di tale A., camuffata dal riferimento a "tre bidoni di pittura", che lo Z. avrebbe ricevuto da tale E., identificato nel L.. Appostatisi gli agenti nei pressi dell’abitazione del L., videro arrivare sul posto lo Z., che viaggiava come passeggero a bordo della vettura di tale C.F. e che, trattenutaci nell’abitazione del L. per pochi minuti, ripartì alla volta di un bar, dove incontrò M. A., a cui consegnò un involucro, ricevendo contestualmente in cambio alcune banconote. Il M. prosegui da solo verso un altro bar, dove entrò per recarsi nei servizi igienici, venendo fermato dagli investigatori all’uscita: aveva in mano una siringa sporca di sangue ed un cucchiaino appena utilizzati, nonchè del metadone.

Sentito dagli ufficiali di p.g. sostenne d’essersi iniettato non già droga, ma sostanze analgesiche che, insieme al metadone, gli erano state regalate tempo prima a Bologna da uno sconosciuto. Invece dalle intercettazioni si comprende che la droga era stata chiesta da M. a Z., il quale se l’era procurata da L..

2. Avverso tale sentenza hanno interposto rituale appello gli imputati.

Con sentenza del 14 dicembre 2009 la Corte d’appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine in data 28 giugno 2005, appellata da Z.P., da L.E. e da M.A., assolveva lo Z. ed il L. dal reato loro ascritto, con riferimento al solo flacone di metadone, per non avere commesso il fatto, ed il M. dal reato ascrittogli, sempre con riferimento al solo flacone di metadone, perchè il fatto non sussiste; sostituiva la pena detentiva inflitta allo Z. con la libertà controllata per anni uno e mesi quattro; riduceva la pena inflitta al M. in quella di mesi uno e giorni venti di reclusione, sostituita con quella di Euro 1.900 di multa; revocava al M. il beneficio della sospensione condizionale della pena;

confermava nel resto.

3. Avverso questa pronuncia il solo imputato Z. propone ricorso per cassazione con due motivi.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso, articolato in due motivi, il ricorrente denuncia l’inutilizzabilità delle intercettazioni perchè non effettuate per mezzo degli impianti della Procura e perchè effettuate in un procedimento penale distinto e diverso. Inoltre lamenta la debolezza del quadro indiziario essendo mancata prova che si trattasse di eroina.

2. Il ricorso è infondato.

In ordine alle censure mosse dal ricorrente la Corte distrettuale ha già puntualmente osservato che le intercettazioni in questione erano state disposte ed eseguite nell’ambito di un procedimento penale all’epoca pendente contro lo Z., oltre che contro altri soggetti, tutti indiziati dei reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74 con la conseguenza che le intercettazioni captate il 16.12.2002 e ritualmente autorizzate nell’ambito di tale indagine, si sottraevano alle limitazioni di cui all’art. 270 c.p.p., non potendo parlarsi in tal caso di "procedimenti diversi". Infatti, il concetto di "diverso procedimento" non equivale a diverso reato e in esso non rientrano le indagini strettamente connesse e collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato alla cui definizione il mezzo di ricerca della prova viene predisposto, sicchè la diversità del procedimento assume un carattere soltanto sostanziale, non collegabile al dato puramente formale del numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato.

Nella specie poi c’è anche che il Procuratore della Repubblica di Trieste in data 28.3.2003 ha trasmesso per competenza gli atti al Procuratore della Repubblica di Udine – avendo escluso la possibilità d’esercitare utilmente l’azione penale contro lo Z. in ordine al reato associativo D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, sicchè non si trattava soltanto d’indagini connesse, ma proprio della medesima indagine.

Inoltre la Corte distrettuale ha correttamente posto in rilievo come il decreto d’intercettazione emesso dal P.M. in data 4.10.2002, previa autorizzazione del G.I.P., contenesse una puntuale e riscontrata motivazione sull’indisponibilità al momento d’impianti presso la Procura della Repubblica di Trieste e sulla sussistenza di obiettive ragioni d’urgenza.

Nel merito – ha osservato la Corte territoriale con apprezzamento delle risultanze istruttorie che costituisce tipica valutazione di merito non censurabile con ricorso per cassazione – la sequenza logica delineata dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche e supportata dagli esiti delle osservazioni dirette degli investigatori costituiva idonea e sufficiente prova della condotta addebitata all’imputato.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *