Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-02-2011) 09-06-2011, n. 23202

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nerale in persona del Dott. Delehaye Enrico, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il difensore di C.E.A. ha presentato appello avverso la sentenza 30.1.09 del giudice di pace di Lecco, con la quale era stato condannato alla pena di Euro 300 per il reato di ingiuria in danno di M.D..

Il tribunale di Lecco, con ordinanza 28.4.10, rilevata l’inappellabilità della sentenza, ex D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37, ha disposto, ex art. 568 c.p.p., la trasmissione degli atti a questa corte.

L’impugnazione della sentenza si articola nei seguenti motivi:

insussistenza dell’elemento oggetti vo del reato, in quanto i messaggi ritenuti offensivi nei confronti della M. sono stati inviati sul telefono cellulare della comune figlia, senza darle incarico di riferire il contenuto alla madre. Nè vi è prova che l’imputato avesse la consapevolezza che la figlia avrebbe riferito il contenuto di questi messaggi alla M..

In ogni caso manca una precisa individuazione del soggetto passivo del reato, poichè non è stata provata la circostanza che gli epiteti digitati dal C. fossero effettivamente diretti alla ex moglie.

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto i motivi sono infondati al limite della inammissibilità.

Il primo giudice ha accertato i seguenti fatti:

l’invio, da parte dell’imputato, di sms sul telefono cellulare della figlia G., contenti espressioni spregiative al femminile, in tema di etica sessuale (troia, vacca);

la convivenza dell’utente del telefonino con la madre, M. F..

Da tali fatti, il giudice ha tratto la razionale conclusione che il mittente fosse consapevole che necessariamente e inevitabilmente le espressioni sarebbero state portate a conoscenza della moglie separata, per il tramite dell’innocente messaggera.

Questa logica conclusione trova diretta conferma nel messaggio in cui si contrappone, nello scenario familiare, la figura del padre amoroso e premuroso a una figura, apparentemente anonima, ma inequivocabilmente allusiva, di una "Vacca".

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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