Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-02-2011) 09-06-2011, n. 23201 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20-2-2009 la Corte di Appello di Napoli pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Napoli, in data 28.11.2007, appellata dal P.G. nel procedimento a carico di C.G. – imputata del delitto di calunnia, ex art. 368 c.p., ai danni di D.V.G.B., che aveva incolpato falsamente di averle cagionato lesioni con malattia della durata di giorni venti, fatto acc. in data (OMISSIS) e – in concorso con D.M.S., del reato di cui agli artt. 110 e 479 c.p., e art. 61 c.p., n. 2 – per avere attestato falsamente in un certificato del medico ASL. D.M. che la C. aveva subito le lesioni (certificato apparentemente rilasciato in data (OMISSIS)).

Per l’effetto la Corte dichiarava la C. ed il D.M. colpevoli del reato di falso contestato al capo B),esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2 e, concesse le attenuanti generiche ad entrambi gli imputati, condannava ciascuno alla pena di anni uno di reclusione,concedendo i doppi benefici. Condannava inoltre gli imputati al risarcimento, in solido, in favore della parte civile.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore degli imputati, deducendo il difetto di motivazione.

A riguardo evidenziava che la sentenza aveva omesso di riportare – nella parte narrativa dello svolgimento del processo – quanto avvenuto all’udienza del 2 febbraio 2009, nella quale il PG aveva svolto le proprie conclusioni innanzi al collegio, chiedendo la condanna degli imputati alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno.

Alla stessa udienza, inoltre,aveva presentato le conclusioni anche la Parte civile.

A tal punto, il procedimento aveva subito un rinvio per l’astensione del Presidente e di un Consigliere, ed alla successiva udienza- tenutasi in data 20 febbraio 2009 – il dibattimento era iniziato ex novo,con la "costituzione delle parti".

A riguardo la difesa si doleva del fatto che all’esito della rinnovazione del dibattimento, il PG avesse concluso chiedendo una pena diversa e di maggiore entità – pari ad un anno e sei mesi di reclusione per D.M. e ad anni due di reclusione per la C. – rispetto a quella già richiesta dal rappresentante dell’Ufficio requirente, e che vi fossero state altre conclusioni di parte civile.

In tal senso riteneva violato il diritto di difesa e rilevava dunque un vizio della sentenza nella carente esposizione dello svolgimento del processo.

2- Con altro motivo il ricorrente rilevava la erronea applicazione della legge penale,osservando che la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiarare il reato estinto per prescrizione,il cui termine era rimasto sospeso, secondo la sentenza ,per anni uno mesi otto e giorni due. Tale calcolo era errato, ad avviso del difensore, dato che secondo la L. 5 dicembre 2005, n. 251, il termine massimo di prescrizione era pari ad anni sette e mesi sei.

In base a tali rilievi il ricorrente riteneva che alla data del giudizio di appello,essendo i fatti risalenti al (OMISSIS), fosse decorso il suddetto termine.

3- Con ulteriore motivo il difensore deduceva il travisamento del fatto,e la illogicità della motivazione.

Esponeva i fatti che avevano dato luogo al processo,rilevando che la C. aveva subito le lesioni, in data (OMISSIS), essendosi intromessa durante una lite tra il padrone di casa – Dott. D.V., e la moglie del predetto ( F.G.).

Il D.V. era stato assolto con formula dubitativa dal Giudice Monocratico del Tribunale, in data 10-2-2003, ed il PG aveva proposto impugnazione,ma la Corte territoriale aveva confermato,con sentenza in data 1-6-2004,la sentenza di cui si è detto.

A seguito di tale pronunzia assolutoria,il D.V. aveva dato luogo al procedimento poi derivato a carico della moglie ( F.) e dei due attuali imputati, per i reati loro rispettivamente ascritti.

Sul punto la difesa riteneva che la sentenza impugnata rivelasse carenza argomentativa, e richiamava nel ricorso le deposizioni rese dagli imputati, sin dal precedente giudizio, ove la C. aveva precisato che in un primo momento non aveva avuto intenzione di sporgere querela per le lesioni,e che solo a seguito delle ulteriori complicanze, aveva chiesto al D.M. di ripetere la richiesta per le esigenze terapeutiche, chiedendo al medico di apporre la data della prima visita,ossia quella del (OMISSIS), onde il sanitario aveva apposto la correzione sulla data che emergeva dall’impegnativa oggetto di questo procedimento.

In tal senso la difesa,richiamava la motivazione resa dal Giudice del Tribunale,che aveva assolto l’imputato dal delitto di falso per mancanza dell’elemento psicologico del reato,rilevando che doveva ritenersi che effettivamente la C. avesse subito le lesioni.

Per tali elementi la difesa riteneva che la sentenza impugnata,posta a confronto con la precedente motivazione,fosse carente e viziata da scarso approfondimento delle risultanze processuali,essendo emersa l’assenza di dolo degli imputati in ordine al contestato delitto di falso.

Concludeva dunque chiedendo l’annullamento della sentenza di cui si tratta.

Il difensore della Parte civile, D.V.G., ha depositato memoria con la quale ha evidenziato la inammissibilità dei motivi di ricorso.
Motivi della decisione

1. La Corte rileva che il primo motivo di ricorso, relativo al vizio di carenza della motivazione,è formulato con argomentazioni ininfluenti, atteso che nella specie la difesa stessa evidenzia che vi era stata rinnovazione del dibattimento. Pertanto,la sentenza resta validamente formulata avendo il Giudice menzionato le richieste articolate all’esito di una formale rinnovazione,che non precludeva al PG di modificare le originarie richieste del proprio Ufficio, non essendo queste vincolanti.

Nè si configura nella specie una nullità della sentenza,in assenza di violazione dell’art. 546 c.p.p..

Ugualmente infondate sono le doglianze difensive inerenti al travisamento del fatto ed alla illogicità della motivazione,data l’analisi fattuale correttamente svolta dai giudici di appello,in perfetta aderenza alle risultanze processuali indicate a sostegno dell’accusa, non smentite dai rilievi difensivi, che non evidenziano effettive lacune su elementi essenziali ai fini del decidere ovvero incongruenze nella formulazione del giudizio di responsabilità degli imputati odierni ricorrenti.

Dalla motivazione della sentenza si evince peraltro la configurabilità del delitto di cui all’art. 479 c.p. dato che trattasi di un atto falso,recante data diversa da quella in cui era stato redatto,e d’altra parte evidenzia l’infondatezza della tesi difensiva,non riscontrata,onde non ricorrono a favore dei predetti imputati le condizioni per il proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p., atteso che,anche per ciò che concerne l’elemento psicologico del reato, secondo giurisprudenza di questa Corte, "In tema di falsità ideologica in atto pubblico,ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione.."v. sul punto Cass. Sez. 5, del 17 febbraio 2004,n.6246-RV 228084 – Tanto premesso deve ritenersi dotato di fondamento il motivo di impugnazione attinente al decorso del termine di prescrizione,che risulta intervenuto già all’epoca della sentenza di appello, ossia alla data del 2-10-2008,dovendo ritenersi nella specie applicabile il termine previsto dalla vigente disposizione enunciata dall’art. 157 c.p., tenuto conto della data in cui venne pronunziata la sentenza di primo grado,che è successiva all’entrata in vigore della disposizione di legge, novellata nel 2005,con formula più favorevole all’imputato.

Pertanto la Corte, in presenza di un ricorso che risulta privo di fondamento nelle ulteriori deduzioni, senza incorrere nella inammissibilità per manifesta infondatezza o per deduzioni in fatto, deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata, e considerato che il giudice di primo grado aveva pronunziato l’assoluzione degli imputatamela deve essere disposto in merito alle statuizioni civili.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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