Cass. pen., sez. II 14-07-2008 (10-07-2008), n. 29144 Malattia particolarmente grave – Incompatibilità con lo stato di detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza del 3.4.2008, il Tribunale di Torre Annunziata rigettò la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere disposta nei confronti di M.L. imputato di tentata estorsione aggravata.
Avverso tale provvedimento l’imputato propose appello, ai sensi dell’art. 310 c.p.p., ma il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 8.5.2008, depositata il 14.5.2008 respinse l’impugnazione.
Ad avviso dei giudici di merito, l’imputato ricoverato presso il reparto di osservazione psichiatrica della Casa circondariale " (OMISSIS)" di Torino, non presenterebbe patologie psichiatriche ed anzi avrebbe posto in essere comportamenti di simulazione.
Le sue condizioni di salute sono state pertanto giudicate compatibili con il mantenimento della custodia cautelare in carcere.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, dalla consulenza tecnica di parte e dalla perizia disposta dal Tribunale del riesame nell’ottobre 2007, allegate al ricorso in quanto:
1. il consulente tecnico della difesa Prof. D.M. aveva affermato l’incapacità di M. di stare in giudizio, l’incapacità dello stesso di intendere e di volere al momento del fatto e la concreta incompatibilità delle condizioni di salute di M. con il regime carcerario.
A fronte di tali conclusioni il Tribunale avrebbe dovuto disporre perizia, non potendosi trarre elementi da documentazione amministrativa proveniente dal carcere;
2. in ragione delle affermate eccezionali esigenze cautelari il primo giudice e quello dell’appello avrebbero dovuto, se mai, disporre la misura degli arresti domiciliari in un luogo di cura;
3. il Tribunale ha definito attuale l’elaborato peritale richiamato a sostegno del rigetto, depositato nel settembre 2007, mentre avrebbe dovuto prestare maggiore considerazione all’elaborato del consulente della difesa redatto nel febbraio 2008;
inoltre l’elaborato del perito dr. R.M. aveva escluso la possibilità di ipotizzare amplificazione o simulazione di una malattia neuropsichiatria e che era necessaria una osservazione psichiatrica prolungata in un centro specializzato.
Il ricorso è inammissibile perchè, sotto il profilo della violazione della legge processuale e del vizio di motivazione tenta di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e) introdotta con L. n. 46 del 2006, ed inoltre è manifestamente infondato.
Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.
Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.
E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia.
Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.
Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice.
Nel caso in esame i giudici di merito, non hanno travisato il contenuto degli atti richiamati (la consulenza tecnica della difesa e la perizia d’ufficio), ma hanno argomentato sul contenuto di tali atti, anche alla luce di elementi ulteriori.
Venendo infatti all’esame delle singole doglianze deve essere ricordato anzitutto che, in tema di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, l’art. 299 c.p.p., comma 4 ter, prevede che se la richiesta è basata sulle condizioni di salute di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, il giudice, se non ritiene di accoglierla, dispone gli accertamenti medici del caso, nominando un perito.
Tale previsione, peraltro, non impone automaticamente al giudice la nomina di un perito per gli accertamenti medici del caso se non sussista un apprezzabile "fumus" e cioè se non risulti formulata una diagnosi di incompatibilità o comunque non si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere. (V. Cass. Sez. 6^ sent. n. 1672 del 23.4.1997 dep. 5.6.1997 rv 209310. Fattispecie nella quale il giudice investito della richiesta di sostituzione della misura carceraria aveva correttamente ritenuto non ravvisabile un quadro di assoluta incompatibilità con la detenzione in carcere osservando che, sulla base degli atti, risultava che la malattia dell’imputato era adeguatamente curata nella struttura sanitaria carceraria, che all’occorrenza era possibile fare ricorso a ricoveri esterni e che erano già in corso gli accertamenti medici ritenuti necessari dal consulente di parte).
Inoltre non è necessario che il Giudice d’appello dei provvedimenti sulla libertà personale, nel momento in cui disattende le conclusioni di una perizia sulla ritenuta incompatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario, disponga una nuova perizia, purchè dia adeguato conto in motivazione delle ragioni della diversa decisione.
Questa Corte ha infatti affermato (ed il Collegio condivide l’assunto) che "in tema di misure cautelari, il giudice che non ritenga condivisibili le conclusioni del perito concernenti le condizioni di salute dell’indagato e la compatibilità delle stesse con lo stato di detenzione in carcere è tenuto, mediante una motivazione compiuta, a dare conto delle ragioni della scelta operata e dei motivi per i quali non ritenga di non fare proprie le valutazioni medico-legali formulate dal perito". (Cass. Sez. 1^ sent. n. 24179 del 7.5.2004 dep. 26.5.2004 rv 228997).
Nel caso in esame il Tribunale, con adeguata motivazione, ha ritenuto di condividere le conclusioni alle quali era pervenuto il perito Prof. F. secondo il quale l’imputato stava cercando di simulare un disturbo psichico per trarne vantaggi sul piano giudiziario e che le sue condizioni erano compatibili con il regime carcerario.
Tali conclusioni sono state ritenute supportate dall’osservazione del comportamento dell’imputato quando colloquiava con i parenti, tutt’altro che indicativo del grave disturbo psichico lamentate, dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni del coimputato Fo., nonchè dalle valutazioni espresse dai sanitari del carcere.
Si tratta di apprezzamenti di merito, espressi con motivazione nella quale non si ravvisa alcuna carenza o manifesta illogicità.
Una volta esclusa la sussistenza della situazione patologica appare manifestamente infondata anche la seconda doglianza, non comprendendosi perchè, in assenza di patologie incompatibili M. dovrebbe essere scarcerato o posto in regime di custodia presso una struttura sanitaria.
Anche l’ultima doglianza è manifestamente infondata dal momento che, come si è detto, il Tribunale ha valutato comparativamente tutti gli elementi in suo possesso e il dott. R.M. ha segnalato nel suo elaborato che era problematico rispondere al quesito per il mancato espletamento del colloquio psichico e sull’assenza di sintomi obiettivi.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal cit. art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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