Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-02-2011) 09-06-2011, n. 23198

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 19.11.09, la corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza 9.10.08, emessa ex art. 442 c.p.p. dal Gup del tribunale di Verona, esclusa la recidiva contestata a B. G., Bo.Gi., C.F. N., C.A., D.B.A., D.M., D.C.C., D.C.F., D.C. G., D.C.R., D.M.V., m.

g., Ma.Gi., Ma.Ni., Ma.To., M.V., P.G.;

riconosciute le attenuanti generiche al M. con giudizio di equivalenza;

riconosciuta, a D.C.C., la continuazione con i reati già giudicati con sentenza 13.7.07, irrev. Il 29.1.08, del Gup del tribunale di Verona;

riconosciuta a S.L. la continuazione con i reati già giudicati con la sentenza 11.1.08, irrev. 29.10.08 della corte di appello di Venezia, ha rideterminato e diminuita le pene inflitte ai predetti imputati, revocando la relativa pena accessoria dell’interdizione quinquennale dai pubblici uffici;

ha concesso la sospensione condizionale al D.C.F., a condizione che egli provveda, nel termine di 60 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, al pagamento alle parti civili di quanto liquidato a titolo di risarcimento del danno;

ha concesso la sospensione condizionale della pena al M..

Ha confermato nel resto l’impugnata sentenza, ivi comprese le statuizioni civili.

1. D.B.M., considerato dalla corte di appello di Venezia, come rinunciante ai motivi di gravame, ad eccezione di quelli relativi al trattamento sanzionatorio, ha presentato ricorso rilevando,in via preliminare, la nullità della rinuncia ai motivi di appello, in quanto, all’udienza 22.10.09, non è stata effettuata personalmente dall’interessato, ma da difensore privo di procura speciale.

Ha poi criticamente rilevato:

a) violazione di legge per mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, nonostante la precisa indicazione degli elementi positivi per la posizione del ricorrente nei motivi di appello, che sono stati ignorati dalla corte, la cui motivazione è ridotta a poche righe sul punto. b) Vizio di motivazione in ordine alla responsabilità, in quanto è stata desunta la presenza nei luoghi dei furti dalla presenza ivi della sua scheda telefonica, senza tener conto della possibilità che questa possa essere stata usata dal figlio A..

2. Il difensore di Ma.Gi., Ma.Ni., M. T. e P.G. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento agli artt. 266, 267, 268 e 271 c.p.p.: i decreti autorizzativi e di proroga delle intercettazioni sono nulli in quanto privi di motivazione, o comunque si limitano al riferimento alla motivazione della richiesta del p.m. La motivazione, per le finalità di garanzia processuale cui è predisposta, non può esaurirsi nella passiva e acritica ricezione delle argomentazioni espresse dai preposti alle indagini. Nei provvedimenti in esame sono del tutto mancanti i presupposti fattuali e normativi, tali da poter riconoscere il rispetto della disciplina e la sua interpretazione più illuminata della S.C..

Ulteriori motivi di nullità ed inutilizzabilità delle captazioni derivano dalla violazione del disposto ex art. 268 c.p.p., comma 3, cioè delle garanzie che attengono alla predisposizione anche materiale dei servizi tecnici, necessari per le intercettazioni telefoniche, in modo tale che l’autorità giudiziaria possa esercitare anche di fatto il controllo che renda effettivo l’art. 15 Cost., assicurando che si proceda alle solo alle intercettazioni autorizzate e solo nei limiti di autorizzazione.

Nello specifico è stata utilizzata una ditta privata, in assenza di alcun provvedimento che giustificasse la deroga ai criteri previsti dall’art. 268 c.p.p., comma 3.

Quanto alle captazioni ambientali, effettuate all’interno di autovetture, non è stato rispettato l’art. 266 c.p.p., comma 2, in quanto l’abitacolo del veicolo deve ritenersi privata dimora, rendendo obbligatoli gli adempimenti e i motivi di cui al citato articolo. Il vuoto legislativo deve condurre ad investire della questione il giudice delle leggi.

2. violazione di legge in riferimento alla disciplina sulla competenza territoriale. Secondo il ricorrente, non sono stati rispettati i criteri dell’art. 16 c.p.p., in quanto la competenza è stata determinata sulla base del luogo di consumazione dei furti aggravati, ritenuti più gravi rispetto al reato di associazione per delinquere. Qualora si fosse fatto riferimento a quest’ultimo reato, posto che l’associazione è sorta in (OMISSIS), diversa sarebbe stata la decisione sul punto E’ poi da ritenere che la deducibilità dell’incompetenza territoriale è da riconoscere anche nel giudizio abbreviato, smentendo l’argomento sostenuto dai giudici di merito, secondo cui la scelta del rito equivale a rinuncia ad eccepire tale vizio;

3. Vizio di motivazione, in quanto i giudici di merito hanno fondato l’affermazione di responsabilità sull’ordinanza applicativa della misura cautelare, che, a sua volta, ha copiato l’informativa di reato dei carabinieri.

4. Violazione di legge in riferimento all’art. 416 c.p. e vizio di motivazione in ordine alla enunciazione dei requisiti fattuali e di diritto dell’associazione: difetta la verifica degli elementi che concretano il concorso nei reati fine, eventualmente uniti dal vincolo della continuazione, la valutazione del discrimene tra vincolo occasionale e vincolo stabile,la configurabilità della continuazione tra reato associativo e delitti scopo.

5. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla partecipazione dei singoli a questi ultimi reati.

6. violazione di legge e vizio di motivazione in tema di trattamento sanzionatorio: da un lato è stata esclusa la recidiva, sotto il profilo dell’assenza attuale di pericolosità, dall’altro è negata la concessione delle attenuanti generiche. D’altro canto, il riferimento alla gravità del fatto e il riferimento ai precedenti penali non sono ostativi alla concessione delle attenuanti. In ogni caso, i precedenti penali sono estremamente datati e la individuazione nel reato di furto il delitto più grave rende ancora più rilevante la concessione delle attenuanti generiche.

3. Il difensore di M.V. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento alla disciplina della competenza territoriale. Il furto contestato risulta avvenuto in (OMISSIS) e quindi competente è il tribunale di Trani. La corte di appello ha rigettato la relativa eccezione, ritenendo che l’ammissione al rito abbreviato preclude la sua proposizione, in quanto nel suo svolgimento manca il segmento processuale dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari ex art. 491 c.p.p.. Secondo il ricorrente, la scelta del rito alternativo non può legittimare la violazione del principio del giudice naturale, previsto dall’art. 25 Cost..

2. violazione di legge in riferimento all’art. 191 c.p.p.: la corte territoriale ha dichiarato l’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche,in contrasto con l’indirizzo interpretativo, secondo cui anche nel rito abbreviato il giudice è garante della legalità del procedimento probatorio;

3. illogicità della motivazione nel punto della responsabilità: la corte ha fondato la responsabilità sulla base della localizzazione delle celle telefoniche che attestano la presenza del M., di notte, nella zona del fiuto. Il ricorrente rileva che non solo non vi è prova di un suo contatto con il B. (sorpreso, subito dopo il furto, alla guida del veicolo con cui erano trasportati gli animali rubati), ma ed è al di fuori di qualsiasi logica giuridica ritenere la responsabilità di una persona per un furto in base alla presenza del suo cellulare nel comune dove risiede e dove è stato commesso il fatto.

4. violazione di legge in riferimento all’art. 62 bis c.p.: le circostanze attenuanti generiche sono state giudicate equivalenti, nonostante il riconoscimento del suo comportamento risarcitorio e nonostante la sua quasi incensuratezza.

4. Il difensore di D.B.A. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento alla disciplina della competenza territoriale: è stata ritenuta la competenza del tribunale di Verona, a causa della connessione con un furto commesso in (OMISSIS), attribuito ad altri imputati e, anche ammettendo la connessione oggettiva per un’astratta configurabilità della continuazione, non è giustificato lo spostamento della competenza anche per gli altri, estranei alla singola imputazione. Quanto alla connessione dei furti con il reato permanente di associazione per delinquere, la competenza territoriale avrebbe dovuto essere fissata in base al luogo in cui si è realizzata l’operatività della struttura organizzativa. In caso di dubbio, andava dato rilievo alla residenza di maggior parte degli imputati,al luogo della collocazione di tutti i mezzi logistici dell’associazione ubicata nella provincia di (OMISSIS), al luogo di partenza e di incontro degli associati, riconoscendo così la competenza del tribunale di Foggia. La corte ha inoltre affermato la non eccepibilità dell’incompetenza territoriale nel corso del giudizio abbreviato, ponendosi in non giustificato contrasto con l’orientamento giurisprudenziale che afferma l’inutilizzabilità patologica degli atti probatori assunti in violazione di norme che vanno rispettate in qualsiasi fase del procedimento. Non è dubitabile che non sono utilizzabili gli atti assunti in violazione del principio del giudice naturale e quindi in violazione di un diritto fondamentale della persona.

2. violazione di legge in riferimento all’art. 416 c.p.. La sentenza ha delineato la categoria dei soggetti al vertice dell’associazione, seguendo il criterio della capacità di trasformare la refurtiva in utilità economica, e ha delineato la categoria degli esecutori materiali secondo il criterio dello stabile inserimento nel gruppo.

Il ricorrente è stato incluso tra i soggetti posti al vertice, sebbene non possegga alcun bene e non sia titolare di un’impresa individuale, utile per eventuale copertura fiscale dell’illecita attività altrui.

La sua consolidata organicità nell’associazione non può essere desunta dall’attribuzione del concorso in 22 delitti di abigeato.

Tutte le intercettazioni telefoniche evidenziano che il D.B. ha avuto il limitato ruolo di acquisire e comunicare informazioni per identificare le aziende.

3. violazione di legge in riferimento all’art. 62 bis c.p.: la corte non ha tenuto conto, nel negare le attenuanti generiche per il numero dei furti ascritti, che il D.B. si trova a rispondere per la prima volta dei reati di abigeato ed associazione per delinquere.

La corte non ha riconosciuto rilievo alla confessione, limitata a quei delitti in ordine ai quali ricordava la sua partecipazione, senza esprimere alcuna valutazione sulla spontaneità e sulla finalità, utilitaristica o meno della scelta collaborativa.

5. Il difensore di D.C.G. ha ribadito le censure sulla competenza territoriale e la sua eccepibilità anche nel giudizio abbreviato. Secondo il ricorrente, questa competenza va riconosciuta al tribunale di Foggia, nel cui territorio è stata organizzata la presunta associazione, con riflesso sulla competenza relativa ai singoli furti.

Mancano comunque gli elementi identificativi di una struttura associativa e comunque non vi è prova della partecipazione del D.C., e la sua partecipazione e il suo ruolo apicale non possono essere desunti dalla sua presenza in otto episodi di furto.

Il fattore costituito dalle utenze telefoniche e dalla localizzazione delle celle agganciate non costituisce una base sufficiente per l’affermazione di responsabilità, tenuto anche conto sui dubbi formulabili sulla attribuzione al ricorrente dell’utenza intercettata.

La sentenza di primo grado è del tutto priva di motivazione, in quanto si fonda sull’ordinanza cautelare che a sua volta si fonda sulla relazione della polizia giudiziaria.

Nella determinazione della pena sono stati violati i principi dettati dall’art. 133 c.p..

Quest’ultima censura è contenuto in altro ricorso presentato unitamente ad altri coimputati.

6. D.M.V., ha presentato ricorso per vizio di motivazione: la sentenza della corte di appello si limita a richiamare le argomentazioni del primo giudice, senza contestare le ragioni poste a fondamento dell’atto del gravame. Se è vero che le due sentenze di merito possono avere i medesimi contenuti di giudizio, l’obbligo di motivazione risulta adempiuto solo con il completo esame delle argomentazioni dell’appellante.

All’odierna udienza, è stata disposta la separazione e il differimento dei processi a carico di Bo. e m., a causa dell’impedimento del difensore di fiducia determinato da motivi di salute.
Motivi della decisione

1. Quanto al ricorso del D.B.M., il primo motivo è fondato e il suo accoglimento comporta l’assorbimento delle altre doglianze contenute nel ricorso.

Il difensore di fiducia, avvocato Mastrangelo Giuseppe, anche se munito di procura speciale finalizzata alla rinuncia ai motivi di appello, non era presente all’udienza camerale 22.10.09 e l’incarico di sostituto processuale all’avv. Michele Galvano, datato 21.10.09, non è sicuramente idoneo al trasferimento della delega ricevuta dal diretto interessato.

Conseguentemente, la rinuncia compiuta alla suddetta udienza dal sostituto processuale, avvocato Galvano, manca dei requisiti per il riconoscimento della necessaria efficacia preclusiva rispetto al prosieguo del processo a carico del De Biase e al conseguente obbligo, della corte di appello, di pronunciarsi sui motivi dell’impugnazione. Ne consegue la nullità della sentenza che va quindi annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Venezia.

Gli altri ricorsi non meritano accoglimento.

2. Ricorso nell’interesse di Ma.Gi., Ma.Ni., Ma.To. e di P.G..

La critica alla motivazione dei decreti di autorizzazione e di proroga delle intercettazioni è manifestamente infondata, in quanto è smentita da un’attenta e razionale lettura delle risultanze processuali. Correttamente la sentenza impugnata richiama l’orientamento interpretativo in tema di motivazione per relationem, in riferimento al tipo di provvedimenti in esame, secondo cui è legittima la motivazione dei decreti autorizzativi, quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del p.m. e alle relazioni della polizia giudiziaria, ponendo così in evidenza, per il fatto di averle prese in esame e fatte proprie, il percorso cognitivo, valutativo ed argomentativo, seguito per giustificare l’adozione del mezzo di ricerca della prova (sez. 6, n. 46056 del 14.11.08, riv 242233; conf. sez. 1, n. 11525 del 3.2.05, rv 232261).

Nel caso in esame, il diligente controllo degli atti censurati ha consentito alla corte di mettere anche in luce come il Gip non si sia limitato ad un rinvio neutro ai pregressi risultati delle indagini preliminari, ma – richiamati gli atti del procedimento, l’ipotesi di reato da accertare, la richiesta dell’organo di accusa- ha indicato le ragioni della dimensione del raggio di azione della captazione delle utenze telefoniche, i titolari di queste utenze, la specifica finalità probatoria di questa ulteriore ricerca di mezzi idonei all’accertamento dei reati e all’individuazione dei loro autori. E’ quindi coerente e tecnicamente insindacabile la decisione di autorizzare altre intercettazioni, avendola fondata su una motivazione più ampia di quella delineata dalla giurisprudenza di legittimità. Ugualmente è infondata la critica sull’uso di impianti diversi da quelli in dotazione alla procura della Repubblica; tale infondatezza è stata già rilevata dalla sentenza di appello, in base a una mera argomentazione di fatto: il p.m., ricevuta l’autorizzazione, dispose e ottenne che le operazioni fossero compiute a mezzo degli impianti installati nel proprio ufficio.

Le doglianze formulate dai ricorrenti sono quindi non solo infondate, ma anche assolutamente prive di specificità, contenendo una reiterazione delle critiche formulate nei confronti della decisione di primo grado; manca quindi una correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione in sede di legittimità Altra infondatezza riguarda la doglianza relativa all’inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, disposte all’interno di un’autovettura, qualificata come privata dimora, in assenza dei presupposti legittimanti, previsti dall’art. 266 c.p.p., comma 2. Privata dimora deve intendersi il luogo adibito all’esercizio delle attività, che ciascuno ha il diritto di svolgere senza turbativa da parte di estranei e che ha la funzione di proteggere la vita privata e la riservatezza di coloro che la posseggono. In base a questa pacifica delimitazione concettuale, appare evidente che l’interno di un’autovettura non può essere considerato luogo di privata dimora, essendo inidoneo per la sua struttura, conformazione e naturale destinazione, a consentire ad una persona normale di risiedervi stabilmente, per la realizzazione della propria quotidianità esistenziale e lavorativa (v. sez. 1, n. 13979 del 24.2.09, sez. 1, n. 47180 dell’1.12.05,rv 233991). La questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa è quindi manifestamente infondata Quanto al motivo concernente la competenza territoriale, si rileva che la decisione sul punto della corte di merito è pienamente conforme a un consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale. La peculiare disciplina prevista dalla legge per la competenza territoriale rende, tra l’altro, operativa la regola,secondo cui nel giudizio abbreviato rileva solo l’inutilizzabilità patologica, e non quella fisiologica della prova. Tale regola opera anche per gli atti processuali propulsivi e introduttivi del rito e per le eccezioni sulla competenza territoriale. Ne consegue che, una volta richiesto e concesso il giudizio abbreviato, l’eccezione sull’incompetenza territoriale, in quanto suscettibile di rinuncia, non è più ammissibile, neanche se sia stata precedentemente proposta e disattesa (sez. 6, n. 19825 del 13.209, riv. 243850; conf. sez. 5, n. 1937 del 15.12.2010, rv. 249100; sez. 1, n. 10399 del 13.1. 2010, rv.

246352).

Sulla censura relativa alla mancanza di autonomia decisionale della sentenza rispetto alle determinazioni espresse dagli inquirenti nei propri atti, la sentenza si è già pronunciata con condivisibile razionalità: il fatto che una sentenza, pronunciata all’esito del rito "a prova contratta", ripercorra i risultati delle indagini ovvero le argomentazioni del provvedimento cautelare è evenienza formalmente non censurabile. In ogni caso, la forza dimostrativa dei risultati delle indagini, la razionalità e coerenza logica delle conclusioni che ne sono state tratte sono state compiutamente messe in risalto dalla complessiva analisi e dalla globale valutazione contenute nella sentenza del giudice di appello.

I motivi di critica alla base probatoria della responsabilità degli imputati sono da ritenere manifestamente infondati, in quanto non tengono conto del compatto apparato argomentativo utilizzato e delineato dai giudici dalla corte di merito.

Le indagini di polizia giudiziaria, il fitto reticolo di intercettazioni telefoniche ed ambientali, le dichiarazioni delle persone offese hanno consentito ai giudici di merito di giungere alla incontestabile conclusione circa l’esistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi del reato associativo, articolato in un’organizzazione, costituita da oltre venti persone, non particolarmente complessa, ma consistente ed adeguata alla programmazione ed esecuzione di una serie di reati di abigeato (55), tra il 12.5. 2006 e il 9.6.2007.

Pur nella sua agilità, l’organizzazione ha mostrato una pluralità di ruoli predefiniti e costanti, scanditi con precisione dalle sentenze di merito: soggetti incaricati dei sopralluoghi finalizzati all’individuazione e alla scelta del bestiame, nonchè soggetti incaricati della valutazione della tempistica, della convenienza,della concreta fattibilità dei furti; soggetti investiti delle decisioni interlocutorie e finali, della predisposizione di mezzi di trasporto, della formazione della documentazione di copertura; soggetti incaricati della sottrazione dei capi di bestiame; soggetti competenti per l’immissione della refurtiva nel mercato del bestiame e del consumo alimentare. Questa articolazione organizzativa ha intrinsecamente dimostrato la sua stabilità, grazie alle telefonate citate dal Gip, funzionali a una serie indefinita di delitti.

Tale stabilità si è dimostrata resistente anche a plurimi interventi repressivi nei confronti dei componenti. In questi casi, gli altri sodali modificavano la struttura, con la necessari riorganizzazione delle competenze e delle composizioni dei vari gruppi.

La stretta correlazione ideativa ed esecutiva delle operazioni criminose, da parte dei componenti del gruppo, ha consentito ai giudici di merito di logicamente configurare l’applicazione dell’istituto della continuazione, che è ravvisabile quando risulti che gli autori abbiano previsto e deliberato, in origine, sia i singoli reati sia la propria partecipazione, sia pure nelle linee generali. E’ dimostrata quindi in maniera del tutto incontestabile l’infondatezza della tesi dell’occasionalità dei rapporti tra i vari componenti del sodalizio, "specializzato" in fatti di abigeato programmati ed eseguiti nel contesto territoriale Nord-Sud. I contatti e gli spostamenti congiunti e gli omogenei risultati conseguiti sono stati correttamente inquadrati in una prassi consolidata, che è vissuta intensamente attraverso vari gruppi, aventi identica origine interpersonale, identiche modalità di azione, nonchè intercambiabilità e spirito cooperativo tra i 19 partecipi e i 9 capi promotori. E’ stata così ricostruita nelle indagini e delineata nelle motivazioni un’unica associazione in cui più sottogruppi vivevano e operavano in reciproco concorso, in reciproco scambio di componenti, in reciproco controllo.

La prova dei furti attribuiti ai quattro imputati è costituita dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, dalla localizzazione delle celle attivate dai telefoni cellulari da loro usati e a loro intestati; la forza dimostrativa di questi dati storici, già di per sè evidente, è stata ulteriormente rafforzata dai giudici, attraverso confronti, collegamenti, comparazione di irreprensibile livello logico.

La presenza di Pi.Gi., Ma.Ni., Ma.To. nell’associazione è stata desunta non solo dalla quantità di concreto contributo alla "vita sociale" improntata all’abigeato (rispettivamente 8, 17, 5 furti), dal fitto reticolo di contatti telefonici, dalla varia tipologia dei loro interventi nella predisposizione e nell’attivazione del motore operativo del collaudato meccanismo criminoso. Corrisponde perfettamente a questa minuziosa analisi delle loro mansioni, la conclusione della sentenza impugnata, secondo cui i tre imputati rappresentano la manovalanza del gruppo, cui era demandato il compito più rischioso, costituito dal materiale prelievo del bestiame,realizzato dopo aver forzato gli infissi posti a sua tutela.

La quantificazione della pena è stata ampiamente giustificata, pur nell’ambito del potere discrezionale riconosciuto dall’art. 132 c.p.:

per i 4 imputati è stato dato determinante rilievo alla capacità a delinquere documentata dai precedenti penali e dall’assenza di segni di ravvedimento.

3. Ricorso nell’interesse del M..

Quanti al primo motivo si richiamano le argomentazioni sulla inammissibilità dell’eccezione di incompetenza territoriale nel giudizio abbreviato, già espresse in relazione al ricorso presentato nell’interesse dei Ma. e del P..

Quanto alla censura sulla ritualità delle intercettazioni telefoniche, va rilevato che la sentenza impugnata, con specifico riferimento alla doglianza formulata nei motivi di appello, ha correttamente affermato che le intercettazioni compiute oltre la scadenza del termine delle indagini preliminari sono pienamente utilizzabili nel giudizio abbreviato e fanno legittimamente parte del materiale probatorio su cui la corte territoriale ha fondato la propria motivazione, non sussistendo alcuna ipotesi di inulizzabilità cosiddetta patologica.

Quanto alla critica sulla base probatoria dell’affermazione di responsabilità in ordine al furto di tre cavalli, di cui al capo BBB, i giudici di merito hanno fondato la condanna del M. sul contenuto di una conversazione telefonica, nel corso della quale egli commentava con L.D. l’intervento della polizia giudiziaria a carico del B.. Da tale contenuto, coerentemente e razionalmente i giudici hanno desunto il ruolo di protagonista svolto dal M. nel furto dei tre cavalli, e, grazie anche al dato esterno delle telefonate, sono giunti in maniera pienamente fondata all’affermazione di responsabilità dell’imputato.

La forte differenza tra la somma versata dal M. e il danno cagionato alla persona offesa giustifica ampiamente il riconoscimento delle già concesse attenuanti generiche con giudizio di equivalenza.

4. Ricorso D.B.A..

Per la censura concernente la competenza territoriale, si richiama quanto già osservato in merito al ricorso presentato nell’interesse dei Ma. e del P..

Il motivo concernente la posizione del D.B. nell’associazione a delinquere è del tutto infondato, in quanto la collocazione dell’imputato in posizione apicale è stato razionalmente desunto dai giudici di merito dalla sua preminente presenza nelle condotte predatorie che hanno costituito il motore e il traguardo della struttura organizzativa; dalle intercettazioni delle conversazioni telefoniche, il cui contenuto da fondamento all’ipotesi del suo ruolo di protagonista nella fase ideativa ed esecutiva dei furti di bestiame, con particolare collegamento con il B.; dalle sue direttive in ordine agli esemplari da trafugare. Proprio il collegamento con il B. e con la sua attività di allevatore di bestiame e commerciante di carne, gli ha conferito maggiore spessore nella strategia operativa dell’associazione.

Le attenuanti generiche sono state negate con un corretto esercizio del potere discrezionale ^conosciuto ai giudici di merito, i quali hanno messo in corretta evidenza la prevalenza del fattore dell’altissima capacità a delinquere dell’imputato (desunta dalla quantità e qualità del suo contributo nei 22 furti e il suo ruolo nell’associazione), rispetto agli altri elementi emersi dalle risultanze processuali nonchè l’incompatibilità di questa valutazione fattuale con la richiesta riduzione della sanzione penale.

5. Ricorso di D.C.G..

Quanto alle censure sulla competenza territoriale, sulla mancata originalità della motivazione e sugli elementi identificativi di una struttura associativi vanno qui richiamati gli argomenti sopra esposti in merito al ricorso dei Ma. e del P..

Quanto al ruolo apicale, attribuito al D.C., la sentenza impugnata ha espresso adeguata motivazione, fondata sul contenuto delle telefonate registrate, dimostrativo del suo ruolo referenziale, non solo nelle singole decisioni operative, ma anche nelle generali decisioni strategiche e organizzative dell’associazione. Le decisioni dei giudici di merito riportano brani di conversazioni – in cui l’imputato è interlocutore o oggetto di valutazioni di sodali- alle luce dei quali appare del tutto razionale e coerente la conclusione, secondo cui egli è il soggetto che è interpellato e che interviene nei momenti di maggiore difficoltà. Questo suo ruolo è confermato dall’impegno svolto nel raccogliere il finanziamento per corrispondere il compenso agli avvocati che si sono interessati di alcuni sodali. Quanto ai rilievi sull’assenza di certezza in merito all’utilizzazione dell’utenza telefonica intestata alla convivente P.R.S., i giudici di merito hanno posto in rilievo le univoche risultanze (gli interlocutori si rivolgono a persona avente il nominativo dell’imputato) che eliminano ogni ragionevole dubbio sul punto e l’inconsistenza, ribadita nel presente motivo, delle argomentazioni contrastanti, prospettate dalla difesa.

Pertanto il contenuto delle conversazioni è da ritenere base ineccepibile dell’affermata responsabilità del ricorrente in ordine ai reati contestati. Il motivo di impugnazione relativo alla giustificazione del trattamento sanzionatorio è manifestamente infondato, in quanto l’entità della pena è stata motivata con l’indubbio ruolo di alto protagonista nel reato associativo e di efficace operatore nei singoli reati di furto.

6. Ricorso D.M.V..

Non merita accoglimento, in quanto, da un lato in esso non si segnalano quali siano state le originali e innovative critiche ai diversi punti della sentenza di primo grado, che siano rimaste ignorate e inevase, da parte del giudice di appello; dall’altro la sentenza impugnata si è soffermata con attenta analisi delle risultanze processuali e con razionale e coerente valutazione e interpretazione delle medesime.

La qualifica di organizzatore dell’associazione è desunta dal ruolo decisionale rappresentato nelle conversazioni telefoniche in cui risulta che stabilisce, per i sottomessi e rispettosi componenti del gruppo operativo, tempo, percorso, incontro, beni da asportare, cautele da adottare.

Questo ruolo apicale ha trovato da parte dei giudici, un indiscutibile rafforzamento nella sua attività professionale di titolare di allevamento di bovini, che gli consentiva, in maniera competente e garantita, di avviare i proventi dei furti nei relativi mercati di produzione e distribuzione.

Quanto al trattamento sanzionatorio, la corte ha valorizzato questa speciale capacità nel campo della criminalità economica per giustificare il rigetto della richiesta di prevalenza delle attenuanti generiche e la determinazione di una pena adeguata alla personalità trasgressiva del D.M..

7. C.A. e Ci.Fr.Na., che all’udienza 29.10.09 hanno rinunciato ai motivi di appello, fatti salvi quelli attinenti al trattamento sanzionatorio, hanno presentato ricorso per vizio di motivazione anche con riferimento all’art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 111 Cost. Secondo il primo ricorrente, tutte le sentenze, comprese quelle scaturite da una rinuncia ai motivi di appello, devono contenere la motivazione in ordine alla ricorrenza o meno dei presupposti ex art. 129 c.p.p.. Nel caso in esame, questa motivazione avrebbe dovuto essere particolarmente concreta, perchè particolarmente significativi erano i fatti rappresentati a fondamento dell’atto di gravame (impossibilità materiale dell’imputato a presenziare nei luoghi e nelle ore di commissione di alcuni furti per la sottoposizione all’obbligo di presentazione quotidiana ai carabinieri del comune di residenza alle ore 21).

Il Ci. ha ribadito l’eccezione di incompetenza territoriale e ha criticato la ricostruzione dei due fatti contestati ai capi L) e M), che sarebbero stati commessi nella stessa data ma in luoghi incompatibilmente lontani.

I ricorsi sono manifestamente infondati, in quanto la cognizione della corte di appello, una volta che gli imputati abbiano rinunciato ai motivi dell’impugnazione, a causa dell’effetto devolutivo, è limitata esclusivamente ai motivi non rinunciati, che, nel caso di specie riguardano solo il trattamento sanzionatorio (sez. 2, n. 39663 del 16.6.04, rv 231109; sez. 6, n. 1754 del 30.11.05, rv 23393).

Su questo punto, la corte ha esercitato il potere discrezionale riconosciuto dalla legge, in maniera rispettosa dell’obbligo di dare esaustiva giustificazione sull’entità della pena: senza effettuare una non necessaria valutazione analitica di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, indicati dalle parti o desunti dalle risultanze processuali, si è soffermata su quelli ritenuti decisivi e rilevanti. (sez. 1, 21.9.1999, n. 12496, in Cass. Pen. 2000, n. 1078, p. 1949). Non è quindi censurabile la motivazione della sentenza impugnata, laddove, per C., ha negato il riconoscimento delle attenuanti generiche, facendo riferimento sia allo spessore criminoso del reato giudicato più grave, desumibile dalla provata sussistenza delle aggravanti contestate, sia alla spiccata capacità a delinquere, dimostrata, ex art. 133 c.p., comma 2, n. 2, dai precedenti penali dell’imputato e dal suo ruolo svolto nell’associazione criminosa e dai sei furti commessi.

Quanto al Ci., ha giustificato esaustivamente il rigetto della richiesta del giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche, sia con riferimento allo spessore trasgressivo del reato giudicato più grave, sia con riferimento alla spiccata capacità a delinquere dimostrata nei sei reati commessi.

Anche altri imputati, che hanno effettuato identica rinuncia ai motivi di appello ( B., D., D.C.C., D.C.F., D.C.M., D.C. R., S.L.), hanno presentato ricorso per vizio di motivazione in ordine alla responsabilità per i reati rispettivamente ascritti e in ordine al trattamento sanzionatorio.

Quanto al primo motivo si richiama l’effetto preclusivo derivato dalla rinuncia effettuata all’udienza 22.10.09 e la limitazione della cognizione di questa corte al solo motivo concernente il trattamento sanzionatorio, determinato dai giudici di merito.

Per tutti i ricorrenti, deve rilevarsi il corretto esercizio del potere discrezionale, ex art. 132 c.p., e la sufficiente valutazione effettuata dalla corte di merito sull’elemento o sugli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, ai fini della mancata concessione delle attenuanti, del mancato giudizio di prevalenza e della correlata quantificazione della punizione.

Questi elementi esaurientemente indicati per giustificare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sono stati:

per B., lo spessore criminoso del reato considerato più grave e la capacità a delinquere dimostrata dalla sua posizione apicale nell’associazione, dagli altri reati commessi e dai precedenti penali;

per D.C.R., lo spessore criminoso del reato valutato più grave e la capacità a delinquere, dimostrata dal ruolo nell’associazione delinquenziale, dagli altri reati commessi, dai precedenti penali;

per S.L., lo spessore trasgressivo del reato considerato più grave; la capacità a delinquere, dimostrata dal ruolo apicale nell’associazione delinquenziale, dalla commissione di altri reati, dai precedenti penali;

per D.C.C., lo spessore trasgressivo del reato considerato più grave; la capacità a delinquere dimostrata dal ruolo apicale svolto nell’associazione, dalla commissione di reati di furto, dai precedenti penali.

Per negare il giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche, gli elementi esaurientemente giustificativi sono stati:

per D.M., lo spessore trasgressivo del reato considerato più grave; la capacità a delinquere, dimostrata dal suo ruolo nell’associazione e dalla consumazione di altri reati;

per D.C.F., la capacità a delinquere, desunta dalla partecipazione all’attuale programma criminoso dell’associazione;

per D.C.M., l’alto spessore del reato valutato più grave; la capacità a delinquere dimostrata dal ruolo svolto nell’associazione e dalla consumazione di sette reati.

In conclusione, vanno rigettati i ricorsi presentati da M. V., P.G., Ma.To., Ma.Ni., Ma.Gi., D.M.V., D.C.G., De Biase Angelo, con condanna di ciascuno al pagamento delle spese processuali.

Dichiara inammissibili i ricorsi di B.G., Ci.Fr.Na., C.A., D. M., D.C.C., D.C.F., D. C.M., D.C.R., S.L. e condanna ciascuno al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di D. B.M., con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.

Dichiara inammissibili i ricorsi di B.G., Ci.Fr.Na., C.A., D. M.Delli Calici Carmine,.Delli Calici Felice,.Delli Calici Maurizio ,.Delli Calici Roberto ,.Settanni Luigi e.c. c.a.p.d.s.p.e.d.s.d.E. 5.a.C.d.a.

R.i.r.d.Morrone Vincenzo,.Pisani Giovanni,. M. T., Ma.Ni., Ma.Gi., D.M.V., D.C.G., D.B.A., e condanna ciascun ricorrente, ad eccezione di D.B.M., al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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