T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 13-06-2011, n. 5223 Indennità varie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 21 settembre 2009, depositato il successivo 29 settembre, l’istante, appartenente alla carriera diplomatica, lamenta la errata corresponsione nei suoi confronti dell’indennità di posizione relativa al servizio prestato all’estero, non correlata alla posizione funzionale ricoperta.

Il ricorrente domanda, pertanto, il riconoscimento in questa sede del diritto ad ottenere l’indennità in parola, per il predetto servizio estero, nella misura connessa alla posizione funzionale ricoperta, nonché la condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze dovute, con interessi e rivalutazione monetaria, da valere anche ai fini previdenziali e di quiescenza.

Al riguardo, premette il ricorrente che, pur essendo il personale della carriera diplomatica rimasto assoggettato, anche successivamente alla riforma dell’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ad un ordinamento speciale, contenuto nel d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, e s.m.i., alcuni profili del relativo trattamento economico sono da relazionare a quelli dei dirigenti dello Stato.

Specificamente, prosegue il ricorrente, tale condizione ricorre per l’indennità di posizione, ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2, della l. 2 ottobre 1997, n. 334, che ha previsto la corresponsione anche ai diplomatici, in aggiunta al trattamento economico in godimento, dell’indennità di posizione prevista per i dirigenti generali e le qualifiche equiparate delle amministrazioni statali, correlata alle funzioni dirigenziali attribuite, pensionabile, per tredici mensilità.

Pertanto, ritiene il ricorrente che l’art. 170 del d.P.R. n. 18 del 1967, come modificato dall’art. 4 del d. lgs. 27 febbraio 1998, n. 62, nell’attribuire al personale diplomatico in servizio all’estero l’indennità di posizione non in ragione di tale criterio, bensì nella misura minima, si pone in insanabile contrasto con la previsione della l. 334/97.

Il ricorrente ritiene poi che il d. lgs. n. 62 del 1998, che ha introdotto l’avversata modifica nel corpo dell’art. 170 del d.P.R. 18/67, si pone in contrasto anche con la legge delega di cui all’art. 1, comma 138, della l. 23 dicembre 1996, n. 662, in forza della quale il decreto è stato adottato.

Le dette censure sono affidate a due motivi di ricorso, di cui si passa ad esporre i titoli e, sinteticamente, il contenuto.

Con il primo motivo (illegittimità costituzionale dell’art. 170 del d.P.R. 18/67 nel testo introdotto dall’art. 4 del d. lgs. 62/98 per eccesso di delega, violazione dell’art. 76 Cost.) il ricorrente rappresenta che l’art. 1, comma 138, della l. 662 del 1996 ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi volti al riordino della disciplina del trattamento economico spettante ai dipendenti pubblici in servizio all’estero, e che la delega, prorogata dall’art. 42, comma 1, della l. 27 dicembre 1997, n. 449, ha trovato attuazione con il ridetto d. lgs. 62/98. Rileva il ricorrente che nessuno dei principi e criteri direttivi della delega in parola concerne l’indennità di posizione, atteso che, del resto, la l. 334 del 1997, che ne ha previsto la corresponsione a tutto il personale dirigenziale statale, ivi compreso quello diplomatico, non era, alla data della delega, ancora esistente. Pertanto, sostiene il ricorrente, poichè nessuna previsione normativa legittima il Governo a stabilire, come ha fatto mediante la modifica del ridetto art. 170 del d. lgs. 62/98, che l’indennità di posizione va corrisposta al personale diplomatico in servizio all’estero in misura ridotta, il decreto delegato ha esorbitato l’oggetto definito dall’atto delegante. Né, secondo il ricorrente, il Governo vanta, nella materia, il cd. potere di riempimento, atteso che i principi e criteri direttivi in parola risultano dettagliati e specificati in maniera tale da non poter ricomprendere la materia dell’indennità di posizione, essi concernendo le peculiarità del servizio svolto all’estero e non la definizione delle componenti stipendiali essenziali del trattamento economico – qual’è l’indennità di posizione – restanti disciplinate da altre fonti, estranee all’oggetto della delega. Nè, segnala il ricorrente, vi è la possibilità di far ricorso alla discrezionalità fisiologicamente spettante al delegato nell’esercizio della delega, atteso che tale discrezionalità non potrebbe mai considerarsi estesa sino a ricomprendervi un elemento del tutto aggiuntivo rispetto all’oggetto della delega. E ciò anche considerando che con la limitazione introdotta alla corresponsione dell’indennità di posizione nei confronti dei diplomatici in servizio all’estero si è di fatto realizzata, sempre secondo il ricorrente, una reformatio in peius del loro trattamento economico, rispetto a quanto previsto dalla l. 334/97, cui sicuramente non era preordinata la legge delega, volta, all’opposto, al miglioramento del trattamento accessorio e congiunturale connesso al servizio all’estero dei diplomatici, con l’aggiunta del particolare rimborso per gli oneri legati al particolare svolgimento del servizio; sotto tale profilo, conclude il ricorrente, il legislatore delegato non solo non ha realizzato il dovuto coordinamento con le disposizioni vigenti, ma ha introdotto, anzi, una vera e propria deroga al regime ordinario nel frattempo introdotto con la l. 334/97.

Con il secondo motivo (illegittimità costituzionale dell’art. 170 del d.P.R. 18/67 nel testo introdotto dall’art. 4 del d. lgs. 62/98 per contrasto con la previsione dell’art. 1, commi 1 e 2, della l. 334/97; violazione degli artt. 3 e 36 Cost. nonché del generale principio dell’ordinamento, costituzionalmente garantito, che vieta di disciplinare in modo diverso situazioni eguali) il ricorrente torna ad invocare l’art. 1 della l. 334/97, che, nel riconoscere l’indennità di posizione – da corrispondere in base alle funzioni ricoperte – a tutto il personale dirigenziale della carriera diplomatica, non ha previsto alcuna distinzione tra il personale in servizio in Italia ed all’estero. Ciò posto, e ulteriormente rappresentato che la indennità in parola è una componente retributiva definitiva e irreversibile del trattamento stipendiale del diplomatico, il ricorrente sostiene che la previsione limitativa introdotta con il d. lgs. 62 del 1998 è illegittima ed ingiustificata, poiché produce, all’interno di una stessa categoria, di pari livello funzionale, l’attribuzione di una diversa indennità di posizione, con ciò integrando la violazione dei principi di cui agli artt. 3 e 36 Cost., nella misura in cui, riconosciuta l’indennità in parola, la scollega arbitrariamente dalle funzioni ricoperte, con conseguente irragionevole disparità di trattamento, che si realizza sia al momento dell’espletamento del servizio, sia al momento della sua cessazione, essendo i trattamenti di fine rapporto e quiescenza del personale che cessa il servizio all’estero calcolati sul minore ed erroneo ammontare dell’indennità di posizione corrisposta. Anche sotto tale ultimo profilo il ricorrente segnala la disparità di trattamento, la arbitrarietà e la irragionevolezza della disposizione per cui è causa, laddove assume come criterio scriminante la sede dello svolgimento del servizio e non la posizione funzionale ricoperta, tanto più evidente in quanto spiega i suoi effetti nell’ambito della stessa categoria di personale, retta dall’unitarietà di ruolo (art. 101, d.P.R. 18/67), sicuro indice dell’uniformità del relativo trattamento economico, che non tollera deroghe. Conclude il ricorrente segnalando che il contestato trattamento riduttivo non trova casi simili nel settore pubblico, come dimostra la stessa l. 334/97 che definisce, in relazione a tale indennità, tutto il personale dirigente dello Stato, ivi compreso il personale diplomatico nella sua unitarietà, in maniera omogenea.

Per tutto quanto sopra, il ricorrente insta per l’accoglimento del gravame, previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 170, comma 1, del d.P.R. 18/67, come modificato dal d. lgs. 62/98, per le prospettate censure.

Si sono costituite in giudizio le intimate amministrazioni, che, eccepita la prescrizione quinquennale del diritto azionato in giudizio, hanno sostenuto l’infondatezza del gravame, domandandone il rigetto.

Parte ricorrente ha affidato a memoria lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

La difesa erariale ha depositato memoria di replica.

Il ricorso è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 23 marzo 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorrente, appartenente alla carriera diplomatica ed in servizio all’estero, deduce nel presente giudizio il diritto a percepire l’indennità di posizione nella misura connessa alla posizione funzionale ricoperta, come avviene per il personale dirigenziale delle amministrazioni statali e per i diplomatici in servizio in Italia.

La questione proposta non involve alcun scrutinio di legittimità di provvedimenti amministrativi, poiché lo scostamento tra l’ammontare dell’indennità di posizione dal ricorrente ritenuta spettante e quella, minore, percepita, investe direttamente l’art. 170 del d.P.R. n. 18 del 1967, come modificato dall’art. 4 del d. lgs. 27 febbraio 1998, n. 62, che, regolando la materia, attribuisce ai diplomatici all’estero l’indennità di posizione nella misura minima prevista.

Avverso tale previsione il ricorrente spiega eccezioni di incostituzionalità sotto vari profili.

2. Entrando nel merito delle questioni proposte, quanto all’inquadramento normativo della vicenda contenziosa all’esame, va premesso che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, "Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", il personale della carriera diplomatica rientra tra le categorie che restano disciplinate dai rispettivi ordinamenti.

Viene, pertanto, in evidenza il d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, recante l’ordinamento dell’amministrazione degli affari esteri, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal d. lgs. 27 febbraio 1998, n. 62.

Per quanto concerne il trattamento economico del personale in servizio all’estero, ed in seguito alla riforma operata con il suddetto d. lgs. n. 62 del 1998, che ha modificato in più parti il d.P.R. n. 18 del 1967, l’ art. 170, titolato "Assegni e indennità", prevede, al comma 1, che "Il personale dell’Amministrazione degli affari esteri, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno, compresa l’eventuale indennità o retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili, tranne che per tali assegni sia diversamente disposto, percepisce, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l’indennità di servizio all’estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonché le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del presente decreto".

Alla luce della disposizione, al personale della carriera diplomatica in servizio all’estero è indi riconosciuta, in aggiunta allo stipendio ed agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno, l’indennità di posizione ed una ulteriore indennità, denominata indennità di servizio all’estero (ISE).

L’indennità di posizione è corrisposta nella misura minima.

L’ISE è stabilita in ragione del posto di organico occupato ed, in relazione al servizio prestato all’estero, ha natura omnicomprensiva e carattere esclusivo.

Chiarisce infatti il comma 2 della stessa disposizione che "Nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all’estero in aggiunta al trattamento previsto dal presente decreto".

A completamento del quadro normativo vigente nella materia, l’amministrazione resistente rappresenta che la retribuzione di posizione nella misura minima del personale della carriera diplomatica ai sensi della norma precitata, nonché dell’art. 112 dello stesso d.P.R. 18/67 ("Procedimento negoziale per la disciplina di alcuni aspetti del rapporto di impiego"), è stata determinata, per ciascun grado della stessa, dall’Accordo relativo al quadriennio 20002003, per gli aspetti giuridici, ed al biennio 20002001, per gli aspetti economici, recepito dall’art. 18, comma 4, del d.P.R. 20 febbraio 2001, n. 114.

Il d. P.R. 114/2001, prosegue l’amministrazione, è stato approvato in virtù del d. lgs. 85/2000, il quale, su delega attribuita al Governo dall’art. 1 della l. 266/99 in materia di riordino della carriera diplomatica, ha rinviato ad un procedimento negoziale, da recepirsi con decreto del Presidente della Repubblica, la definizione di taluni aspetti normativi ed economici riferiti al personale della carriera, tra i quali anche la rimozione delle sperequazioni tra il trattamento economico dei diplomatici e quello della dirigenza ministeriale.

Le indennità di posizione sono state poi rideterminate dall’art. 20 del d.P.R. 20 gennaio 2006, n. 107, e confermate dall’art. 7 del d.P.R. 24 aprile 2008, n. 94.

3. Posto quanto sopra, va riferito che con un primo filone argomentativo il ricorrente espone che la vigente previsione dell’art. 170 del d.P.R. 18/67, nella parte in cui dispone che al personale in servizio all’estero l’indennità di posizione sia corrisposta in misura minima, si pone in contrasto con l’art. 1, commi 1 e 2, della l. 2 ottobre 1997, n. 334, che, nel prevedere la corresponsione anche ai diplomatici, in aggiunta al trattamento economico in godimento, dell’indennità di posizione pensionabile prevista per i dirigenti generali e le qualifiche equiparate delle amministrazioni statali, correlata alle funzioni dirigenziali attribuite, non introduce alcuna distinzione per il personale in servizio all’estero.

3.1. L’argomentazione non è persuasiva.

Le disposizioni di cui all’art.1, commi 1 e 2, della l. 334/97 vengono dal ricorrente invocate senza che ne siano riferiti i limiti, intrinseci e temporali, di efficacia.

Detti limiti hanno, invece, consistenza tale da far escludere che le disposizioni stesse possano essere ascritte nel novero delle norme costitutive, a regime, del diritto dedotto, nei sensi voluti in gravame.

Invero, l’art. 1 della l. 334/97 si inserisce in un corpus normativo a carattere transitorio, come emerge dal titolo stesso della l. 334/97 ("Disposizioni transitorie in materia di trattamento economico di particolari categorie di personale pubblico, nonché in materia di erogazione di buoni pasto").

Anche le specifiche disposizioni invocate hanno carattere chiaramente limitato nel tempo.

Infatti, i commi 1 e 2 dell’art.1 della l. n. 334 del 1997 recitano:

"1. In attesa dell’estensione del regime di diritto privato al rapporto di lavoro dei dirigenti generali dello Stato ed in coerenza con la nuova struttura retributiva stabilita per la dirigenza pubblica dai rispettivi contratti collettivi nazionali, ai dirigenti generali e qualifiche equiparate delle Amministrazioni statali, ferme restando la vigente articolazione in livelli di funzione e le corrispondenti retribuzioni, spetta per gli anni 1996 e 1997, in aggiunta al trattamento economico in godimento, fondamentale ed accessorio, a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale, un’indennità di posizione correlata esclusivamente alle funzioni dirigenziali attribuite e pensionabile ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, determinata nei seguenti importi annui lordi per tredici mensilità: a) lire 24 milioni per le funzioni di capo delle direzioni generali o di altri uffici centrali e periferici di livello pari o superiore; b) lire 18 milioni per ogni altra funzione. In presenza di particolari condizioni di complessità o rilevanza delle posizioni, ciascun Ministro può riconoscere una maggiorazione della indennità di cui alla lettera a) fino al 30 per cento del suo importo, nel limite delle risorse assegnate dal Ministro del tesoro in proporzione alle unità di personale in servizio al 1° gennaio 1996.

2. L’indennità di cui al comma 1, nelle stesse misure e con i medesimi criteri, spetta al personale delle carriere prefettizia e diplomatica con qualifica equiparata a dirigente generale, nonché ai dirigenti generali della Polizia di Stato e gradi e qualifiche corrispondenti delle Forze di polizia, ai generali di divisione e di corpo d’armata e gradi corrispondenti delle Forze armate, senza effetti ai fini della determinazione dell’indennità di ausiliaria e dell’attribuzione di qualsiasi altro beneficio economico per promozione e scatti conferibili il giorno antecedente alla cessazione dal servizio, nonché ai dirigenti generali equiparati per effetto dell’articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72, che non fruiscano di compensi o indennità aventi analoga natura, fatto salvo il trattamento di miglior favore, con onere a carico dei bilanci degli enti di appartenenza".

Alla luce dell’espresso disposto delle norme di cui trattasi, risulta evidente che per effetto delle norme in parola l’indennità per cui è causa è attribuita al personale diplomatico appartenente ad alcuni gradi della carriera ("con qualifica equiparata a dirigente generale") in relazione ai soli anni 1996 e 1997 ("spetta per gli anni 1996 e 1997").

Tant’è che il comma 4 dello stesso art. 1 della l. 334/97 provvede alla copertura finanziaria dell’onere per la corresponsione degli emolumenti di cui ai commi 1, 2 e 3 esclusivamente per gli anni 1996 e 1997.

Ne consegue che, come correttamente sottolineato dalla difesa erariale, le disposizioni di cui trattasi integrano un intervento transitorio e non sistematico, perché propedeutico alla contrattazione delle singole categorie.

Di talchè non può essere seguito il tentativo esperito in ricorso di conferire ai commi 1 e 2 dell’art. 1 della l. l. 334/97 una valenza, assoluta e generale, di fonte attributiva di diritti a regime.

Del resto, la conferma della natura temporanea e perequativa, e perciò stesso straordinaria e speciale, delle invocate disposizioni, che fa escludere la correttezza dell’assunto ricorsuale, emerge dalla giurisprudenza amministrativa, che ha chiarito:

– che le disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 della l. n. 334/1997, per il loro carattere transitorio e speciale, non possono prestarsi a letture estensive, basate sul principio di equiparazione retributiva (C. Stato, VI, 18 settembre 2009, n. 5609);

– che deve escludersi che dalla l. 33471997 (nella fattispecie veniva in rilievo l’art. 2) possano derivare diritti soggettivi, di natura patrimoniale immediatamente (ed addirittura retroattivamente) azionabili (Tar Lazio, Roma,, I, 26 gennaio 2006, n. 565);

– che l’art. 1, comma 1, della l. n. 334 del 1997 non ha introdotto (nei confronti dei dirigenti generali) un aumento generalizzato della retribuzione, ma si è limitata…ad attribuire una speciale indennità propedeutica all’applicazione, anche nei loro confronti, del c.c.n.l. di categoria (C. Stato, IV, 26 maggio 2006, n. 3167).

Merita di essere soggiunto che, in relazione al periodo transitorio di cui trattasi, il ricorrente non ha dedotto la mancata corresponsione dell’indennità di posizione nella misura stabilita dall’art. 1 della l. n. 334 del 1997, laddove, invece, l’amministrazione resistente ha fatto presente che nel periodo di applicazione della predetta normativa transitoria l’indennità di posizione ai funzionari con qualifica equiparata a quella di direttore generale è stata corrisposta secondo quanto previsto da tale articolo.

Conclusivamente, il Collegio non rinviene il denunziato contrasto tra l’art. 170 del d.P.R. 18/67 e l’art. 1, commi 1 e 2, della l. n. 334 del 1997.

4. Con altro filone argomentativo il ricorrente espone che il d. lgs. n. 62 del 1998, che ha introdotto la contestata previsione, riformulando il corpo dell’art. 170 del d.P.R. 18/67, si pone in contrasto con la legge delega di cui all’art. 1, comma 138, della l. 23 dicembre 1996, n. 662, in forza della quale il decreto legislativo è stato adottato, e ciò in quanto nell’ambito della legge delega – che, si riferisce, era volta al miglioramento del trattamento accessorio e congiunturale connesso al servizio all’estero dei diplomatici, con l’aggiunta del particolare rimborso per gli oneri legati allo svolgimento del servizio – non rinviene alcun principio e criterio direttivo che consentisse di differenziare, in senso peggiorativo, una delle componenti essenziali del trattamento economico dei diplomatici in servizio all’estero.

Neanche tale tesi risulta meritevole di accoglimento.

4.1. Recita l’art. 1, comma 138, della l. n. 662 del 1996, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica:

"Il Governo è delegato ad emanare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a riordinare la disciplina del trattamento economico spettante ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni in servizio all’estero, nonché ad aggiornare le altre disposizioni del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, comunque attinenti alla materia del trattamento economico, ricorrendo ad atti regolamentari, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi per quanto concerne il personale dipendente dal Ministero degli affari esteri:

a) il provvedimento non dovrà comportare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato per il 1997;

b) durante il servizio all’estero tutti i dipendenti percepiranno un’apposita indennità, che non ha carattere retributivo, commisurata, per ciascun postofunzione previsto negli organici degli uffici all’estero, e in riferimento al servizio da svolgere, al costo della vita, al costo degli affitti, al numero dei familiari a carico, agli oneri scolastici e sanitari e a condizioni ambientali di eventuale rischio e disagio;

c) per le categorie da individuare con i decreti stessi si dovrà prevedere anche un assegno per gli oneri di rappresentanza tenendo conto della normativa vigente negli altri paesi dell’Unione europea;

d) le indennità, determinate secondo criteri e modalità che ne assicurino la trasparenza della struttura, devono essere corrisposte in valuta locale o in altra valuta straniera secondo un rapporto di ragguaglio da stabilire periodicamente. Al fine dell’adeguamento alle variazioni del costo della vita si terrà conto, per quanto possibile e comunque nei limiti delle disponibilità finanziarie, dei meccanismi e dei livelli che regolano la stessa materia nei paesi dell’Unione europea".

Il termine per l’esercizio della delega è stato successivamente prorogato al 28 febbraio 1998 dall’art. 42 della l. 27 dicembre 1997, n. 449.

La delega è stata esercitata mediante il d.lgs. 27 febbraio 1998, n. 62.

Per quanto qui di interesse, l’art. 4 del ridetto d. lgs. n. 62 del 1998 ha sostituito i commi 1 e 4 dell’art. 170 del d. P.R. 5 n. 18 del 1967, ora risultanti nel testo avversato con il presente gravame.

Nel periodo intercorrente tra la legge delega e il decreto delegato è intervenuto l’art. 1 della l. 334/97, già sopra illustrato.

In relazione alla congerie normativa di cui sopra possono essere formulare due considerazioni.

La prima è che la legge delega n. 662 del 1996 non poteva contenere alcun riferimento all’indennità di posizione dei diplomatici in servizio all’estero, essendo la stessa anteriore alla legge n. 334 del 1997, che la ha attribuita ai medesimi, transitoriamente, unitamente all’intera categoria del personale diplomatico, per gli anni 19961997.

La seconda è che il contenuto della delega è molto ampio, concernendo, come espressamente emerge dal relativo testo, il riordino della disciplina del trattamento economico spettante ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni in servizio all’estero e l’aggiornamento delle disposizioni di cui al d.P.R. n. 18 del 1967 comunque attinenti alla materia del trattamento economico.

Da tale ultimo elemento consegue non solo che non può porsi in dubbio l’intenzione del legislatore di regolare organicamente, mediante la delega, l’intera disciplina del trattamento economico del personale in servizio all’estero, ma anche che non è condivisibile quanto evocato in ricorso che la delega fosse volta esclusivamente ad introdurre la speciale indennità connessa al servizio all’estero dei diplomatici, rappresentata dall’ISE: la sua introduzione, nell’ambito della delega, si inserisce infatti nel contesto molto più ampio della riforma organica della disciplina del trattamento economico spettante ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni in servizio all’estero.

Di talchè, per un verso, la mancata previsione nella legge delega in parola di principi e criteri direttivi in relazione ad una materia (indennità di posizione) alla data della delega non ancora normata, neanche transitoriamente, non assume nella presente controversia valenza decisiva, come erroneamente sostenuto dal ricorrente.

Per altro verso, il d. lgs. n. 62 del 1998, al fine di attuare quell’organicità che alla regolazione delegata era stata commessa in tema di trattamento economico del personale in servizio all’estero, non poteva non concernere anche la materia dell’indennità di posizione, nel frattempo riconosciuta, in concomitanza dell’imminente riforma della struttura retributiva stabilita per la dirigenza pubblica a mezzo dei relativi contratti collettivi nazionali, dalla l. n. 334/1997 anche al predetto personale, ma solo per gli anni 1996 e 1997.

Il ricorrente non può essere seguito neanche quando ascrive all’art. 170, siccome riformulato dall’art. 4 del d. lgs. n. 62 del 1998, una reformatio in pejus del suo trattamento economico.

Per escludere la valenza di tale argomentazione, con riferimento all’indennità di posizione siccome ivi regolata per il personale della carriera diplomatica in servizio all’estero, basti osservare che essa è stata introdotta a regime proprio dall’art. 170 riformulato in esercizio della delega.

Infatti il testo originario dell’articolo non conteneva – e non poteva contenere – alcun riferimento all’indennità di posizione, mentre, per quanto già rilevato al punto che precede, l’attribuzione a regime della stessa al personale della carriera diplomatica non può certo farsi risalire alla l. 334/97.

Vanno, pertanto, respinte tutte le argomentazioni ricorsuali che, quale corollario delle affermazioni sin qui esaminate e non accolte, sono volte a sostenere che, rispetto all’oggetto della delega, l’indennità di posizione fosse un quid pluris che il legislatore delegato non era legittimato a regolare.

Pertanto, ribadito che la norma di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 62 del 1998, nel riformare il trattamento economico del personale diplomatico in servizio all’estero e nel riconoscere allo stesso la spettanza dell’indennità di posizione, seppur nella misura minima, incidendo sul ridetto art. 170 del d.P.R. 18/67, rientra pienamente nella ratio della delega volta alla riforma ed all’aggiornamento della disciplina del trattamento economico di quel personale, il Collegio non rinviene alcuna violazione dei limiti posti alla discrezionalità del legislatore delegato dagli artt. 76 e 77 Cost..

E ciò neanche in relazione alla commisurazione dell’indennità di posizione alla misura minima.

Infatti, se è vero che, come sostiene il ricorrente, per il personale dirigenziale delle amministrazioni statali e per i diplomatici in servizio in Italia l’indennità di posizione è commisurata alla posizione funzionale ricoperta, è altresì vero che i diplomatici in servizio all’estero percepiscono, oltre la detta indennità nella misura minima, altra indennità, ovvero l’ISE, che contiene una componente (indennità di base) commisurata in ragione delle funzioni svolte (Tabella A allegata al decreto n. 62 del 1998).

Non può quindi sostenersi, come fa il ricorrente, che al trattamento economico dei diplomatici in servizio all’estero (che non può non rispecchiare sinallagmaticamente le peculiarità del servizio), rimanga estraneo ogni elemento di correlazione tra le funzioni svolte e le componenti indennitarie della retribuzione.

Pertanto, il Collegio ritiene insussistente anche ogni profilo di violazione, da parte della decretazione delegata, degli artt. 3 e 36 Cost..

Ad abundantiam, può ancora soggiungersi che il trattamento economico dei dirigenti alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche si distingue in fondamentale ed accessorio, e la retribuzione di posizione, ed in particolare la sua parte c.d. variabile (investita dal presente gravame), non può essere considerata alla stregua del trattamento fondamentale, essendo piuttosto essa tesa a svolgere una funzione di differenziazione e di incentivazione del trattamento economico accessorio medesimo e per ciò stesso non riconducibile al divieto di reformatio in peius, relativo ai soli trattamenti aventi carattere fisso e continuativo (Cass.civ., sez. lav., 15 maggio 2007, n. 11084).

5. Con un ultimo filone argomentativo il ricorrente, anche facendo leva sull’unitarietà di ruolo della carriera diplomatica (art. 101, d.P.R. 18/67), torna a lamentare la disparità di trattamento realizzata dalla ridetta nuova formulazione dell’art. 170 nei confronti dei diplomatici prestanti servizio all’estero, che si assumono illegittimamente penalizzati nella corresponsione dell’indennità di posizione rispetto alla categoria di appartenenza, vieppiù mediante l’utilizzo di un criterio, quello della sede, dall’interessato ritenuto arbitrario rispetto a quello di carattere generale (funzioni svolte) adottato sia per il personale della carriera diplomatica in servizio in Italia, sia per la dirigenza di tutte le amministrazioni statali, riverberando effetti negativi non solo nel corso dell’espletamento del servizio all’estero, ma anche al momento della sua cessazione, essendo i trattamenti di fine rapporto e quiescenza del personale che cessa il servizio all’estero calcolati sul minore ed erroneo ammontare dell’indennità di posizione corrisposta.

5.1. Anche tali argomentazioni non possono essere condivise.

Non occorre spendere molte parole per ricordare il consolidato principio che la disparità di trattamento emerge in presenza di una disciplina differenziata di situazioni uguali.

Tale condizione nella fattispecie non sussiste.

Invero, l’unitarietà giuridica di ruolo non rende recessivo il dato di fatto consistente nella peculiarità della prestazione del servizio all’estero rispetto alla prestazione del servizio presso l’amministrazione centrale, peculiarità che giustifica una autonoma regolamentazione normativa, che trova il suo nucleo fondante proprio in ragione della particolarità della sede di espletamento del servizio: la non omogeneità delle due fattispecie è indi suscettibile di trovare eco in discipline parimenti non omogenee, che, non potendo che assumere quale elemento discretivo quello caratteristico della sede, non risultano per ciò stesso in alcun modo contraddittorie o contrastanti con l’art. 101 del d. P.R. 18/67.

Al fine di escludere la fondatezza delle censure in trattazione, merita anche di essere segnalato che l’amministrazione resistente riferisce che una quota dell’indennità di base dell’ISE è computata ai fini previdenziali.

L’amministrazione espone altresì che sia il personale diplomatico in servizio all’estero sia il personale diplomatico in servizio presso l’amministrazione centrale percepiscono, a parità di grado, una retribuzione di posizione minima fissa, corrispondente al minimo stabilito per ciascun grado della carriera, ai sensi dei citati decreti adottati a seguito della procedura negoziale di cui all’art. 112 del d.P.R. 18/67. Per ogni grado della carriera, poi, il personale diplomatico: quando è in servizio in Italia, può vedersi riconosciuta una retribuzione di posizione più elevata rispetto alla minima, che varia in base alle specifiche funzioni svolte; quando è in servizio all’estero, si vede sicuramente riconosciuta, oltre all’indennità di posizione nella misura minima, anche l’indennità di servizio all’estero (ISE), che presenta le caratteristiche sin qui descritte.

Tale ultima notazione, che trova fondamento giuridico nell’art. 170 del d.P.R. 18/67, nel testo vigente per effetto delle modifiche apportate con la decretazione delegata, nella sua sinteticità, rende evidente ragione dell’equilibrio conferito, in occasione del riordino del trattamento economico del servizio da prestarsi all’estero, alla fattispecie della coesistenza dei presupposti per l’attribuzione al personale della carriera diplomatica sia dell’indennità di posizione che dell’ISE, facendo escludere, per l’effetto, che sussista la disparità di trattamento paventata in ricorso.

6. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

La novità delle questioni proposte rende equa la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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