Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 10-06-2011, n. 23450

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, quale giudice della esecuzione, con ordinanza del 31/5/2010, ha accolto la istanza del p.m. tendente alla revoca della sospensione condizionale della pena, che era stata concessa a D.V.P., in subordine alla demolizione del manufatto abusivo, con sentenza del Tribunale di Nardò del 22/4/09. irrevocabile il 4/6/09, non avendo il prevenuto ottemperato al predetto ordine nel termine fissato dal decidente di tre mesi dal passaggio in giudicato della predetta pronuncia.

Propone ricorso per cassazione il D.V. personalmente, con i presenti motivi: – mancanza di motivazione ed errata valutazione delle risultanze processuali, con conseguente travisamento della situazione giuridica, non avendo il decidente tenuto in alcuna considerazioni la documentazione depositata in atti dall’interessato, da cui è evincibile, ragionevolmente, che l’abuso per cui è condanna potesse essere sanato.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione, adottata dal giudice dell’esecuzione, si palesa logica, compiuta e corretta.

La censura mossa in ricorso è totalmente priva di pregio in quanto in tema di sospensione della pena, subordinata alla demolizione dell’opera abusiva, il mancato adempimento, entro il termine fissato, determina la revoca della predetto beneficio, revoca che opera ipso iure, salva la ipotesi di sopravvenuta impossibilità.

Conseguentemente, il giudice dell’esecuzione, al quale non è attribuita alcuna discrezionalità al riguardo, non è tenuto a motivare su questioni diverse dall’adempimento e dalla inesistenza di cause che lo rendano impossibile.

Ne deriva, inoltre, che la concessione in sanatoria, intervenuta successivamente al termine determinato per ottemperare all’ordine demolitorio, non ha efficacia sulla revoca del beneficio di cui all’art. 163 c.p. (Cass. 5/2/04, n. 10672).

Il decidente, a giusta ragione, quindi, evidenzia come tutte le questioni sollevate dal D.V., concernenti la eventuale, futura, possibilità di sanatoria amministrativa dell’abuso, non concretizzino quella assoluta impossibilità alla asseverazione del predetto ordine.

Nè valgono le asserite difficoltà, prospettate dal prevenuto, sulla impossibilità di trovare la disponibilità di ditta adeguata ad effettuare la demolizione, in quanto inconferenti e dilatorie.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il D.V. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000.00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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