T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 13-06-2011, n. 5229 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Espone l’odierno ricorrente di aver prestato servizio, fino all’adozione del provvedimento impugnato, nel Corpo della Guardia di Finanza, da ultimo con il grado di Vicebrigadiere.

Con sentenza emessa dal Gup presso il Tribunale militare di Bari, a seguito di giudizio abbreviato, veniva condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione, alla multa pari ad euro 600.000,00 nonché alla pena accessoria della rimozione del grado. Con sentenza divenuta irrevocabile in data 27 dicembre 2004, la Corte Militare di Appello, in parziale riforma della citata sentenza del Gup, ha condannato l’odierno ricorrente alla pena di anni 2 di reclusione ed alla multa di euro 400.000,00, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena detentiva e di quella accessoria della rimozione del grado.

Con determinazione del 24 febbraio 2005 il ricorrente era quindi sospeso precauzionalmente dal servizio ai sensi della legge n. 97 del 2001.

Con foglio dell’8 marzo 2005 il Comandante regionale Puglia della Guardia di Finanza ha ordinato un’inchiesta formale nei confronti del ricorrente e con foglio dell’11 marzo 2005 l’Ufficiale inquirente ha contestato gli addebiti al ricorrente. Quindi, la commissione di disciplina, riunitasi in data 26 maggio 2005, ha formulato nei confronti del ricorrente, il verdetto di non meritevolezza a conservare il grado.

Quindi, con la determina in questa sede impugnata è stata disposta in danno del ricorrente la perdita del grado per rimozione e lo stesso è posto a disposizione del distretto militare competente come soldato semplice.

Avverso detto ultimo provvedimento è quindi proposto il presente ricorso a sostegno del quale il ricorrente lamenta, innanzitutto, di non essere stato messo in condizioni di poter esercitare il proprio diritto di difesa, asserendo di non aver mai avuto notizia dell’avvio di un procedimento disciplinare a suo carico. Deduce, inoltre, illegittimità del provvedimento impugnato di perdita del grado per violazione del principio di proporzionalità tra quanto ascritto e la sanzione applicata.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Con ordinanza n. 9347 del 24 novembre 2005, confermata in appello, questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 21 aprile 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione in esito alla discussione orale.

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

E’ infondata l’articolata censura con cui il ricorrente lamenta, in sostanza, di non aver avuto notizia dell’avvio del procedimento conducente alla rimozione per perdita del grado. Devesi, infatti, rilevare che, esperiti ripetuti ed inutili tentativi di eseguire la consegna al diretto interessato dell’atto di contestazione degli addebiti, l’amministrazione procedeva ai sensi dell’art. 140 c.p.c.. Il messo comunale incaricato, infatti, si recava presso l’abitazione del ricorrente ove la moglie rifiutava la notifica dell’atto. Il messo, quindi, provvedeva a depositare copia dell’atto nella Casa comunale e ad affiggere il relativo avviso alla porta dell’abitazione del destinatario, cui conseguentemente dava notizia della notificazione a mezzo invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

Ritiene il Collegio che la descritta procedura è sufficiente ed idonea a rendere legittima la notificazione degli atti in caso di irreperibilità o rifiuto, come nella specie, di ricevere copia da parte del destinatario.

Con recentissima pronuncia il giudice delle leggi ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., censurato, in riferimento agli art. 3, 24 e 111 cost., nella parte in cui, secondo il diritto vivente, fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento in cui l’ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell’atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell’abitazione del destinatario, completa l’iter notificatorio inviando al destinatario medesimo una raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell’avvenuto deposito (cfr. Corte costituzionale, 17 giugno 2010, n. 222).

Nel sistema di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c., lo scopo della raccomandata contenente l’avviso di deposito dell’atto presso la Casa comunale è solo quello di dare notizia al destinatario dell’avvenuto deposito dell’atto nella sede del Comune e, diversamente dalla procedura prevista dall’art. 149 c.p.c., non esige che nella notifica a mezzo posta la ricevuta di ritorno sia allegata all’originale, con la conseguenza che la notifica stessa si perfeziona unicamente alla data di ricezione della raccomandata; pertanto, compiute le necessarie formalità, la notifica è da ritenere perfetta con l’attestazione nella relata della data di spedizione e degli estremi d’identificazione della raccomandata, indipendentemente dalla consegna del piego al destinatario (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 1 aprile 2009, n. 2077).

Non vi è quindi necessità per la resistente Amministrazione di invocare l’applicazione alla presente controversia del disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990.

Quanto al dedotto eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità tra fatto ascritto e sanzione irrogata, rileva il Collegio che il ricorrente è stato condannato per gravi episodi collusivi e violazioni in materia di I.V.A.. Orbene, in disparte il rilievo per cui la sanzione della perdita del grado non è soggetta all’applicazione del principio di proporzionalità, prescritto invece per le sanzioni disciplinari di "corpo" e non di "status". (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2424/2009), è comunque legittima nel caso di specie l’ applicazione della sanzione massima della rimozione dal grado ad un militare della Guardia di finanza responsabile di gravi episodi collusivi perché dalla condotta a lui contestata oggettivamente deriva una grave lesione del prestigio del Corpo militare di appartenenza, istituzionalmente preposto proprio alla repressione del contrabbando dei tabacchi, oltre a costituire violazione di un preciso obbligo di fedeltà allo spirito ed alle finalità del Corpo stesso (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 79).

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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