Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-09-2013, n. 21019

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 29 maggio 2006 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza in data 10 marzo 2003 del Tribunale della stessa città, ammetteva A.S.M. già agente della S.I.D.A. Società Italiana di Assicurazioni s.p.a. al passivo della liquidazione coatta amministrativa della detta società, con il privilegio ex art. 2751 bis, n. 3, per l’importo di Euro 7.695,21 a titolo di indennità aggiuntiva prevista dall’art. 12, comma 4, dell’Accordo Nazionale Imprese-Agenti di Assicurazione del 1981 (d’ora in avanti Accordo). In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di appello osservava che l’indennità in questione aveva natura diversa da quella di preavviso ed era prevista in dipendenza della risoluzione del rapporto di agenzia per causa non imputabile all’agente e perciò anche in caso di scioglimento del rapporto in conseguenza della messa in liquidazione coatta amministrativa dell’impresa assicurativa. A tale conclusione la Corte di appello perveniva, da un lato, evidenziando il tratto comune alle ipotesi in cui è espressamente prevista dall’Accordo l’attribuzione dell’indennità (recesso dell’impresa; morte o invalidità totale dell’agente) e quello, invece, comune alle ipotesi nelle quali l’attribuzione è esclusa (cancellazione dell’agente dall’albo;

recesso per giusta causa dell’impresa; recesso ad nutum dell’agente) e, d’altro canto, evidenziando che l’art. 12, comma 3, dell’Accordo rinvia, per l’individuazione dell’indennità di risoluzione, ai successivi artt. da 14 a 19 che a loro volta richiamano l’art. 12, comma 4, che prevede l’indennità aggiuntiva.

La liquidazione coatta amministrativa della S.I.D.A. – Società Italiana di Assicurazioni s.p.a. propone ricorso per cassazione, deducendo due motivi illustrati anche con memoria.

A.S.M. resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo la liquidazione ricorrente deduce la violazione dell’art. 12, comma 4, dell’Accordo Nazionale Imprese-Agenti di Assicurazione del 16 settembre 1981 nonchè del D.L. n. 576 del 1978, art. 6, affermando che l’art. 12 dell’Accordo contemplava distintamente al primo comma le ipotesi di scioglimento del rapporto per fatto indipendente dalla volontà delle parti ed al secondo comma le ipotesi in cui lo scioglimento del rapporto avveniva per recesso, riservando, poi, al quarto comma, l’attribuzione dell’indennità aggiuntiva soltanto in tale ultima ipotesi. Nella specie la risoluzione automatica del contratto, prevista espressamente dal D.L. n. 576 del 1978, art. 6, comma 1, per il caso di liquidazione coatta dell’impresa, era equiparabile ai casi previsti dall’art. 12, comma 1.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 12, comma 4, dell’Accordo nonchè del D.L. n. 576 del 1978, art. 6, lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che l’indennità di fine rapporto, posta dal D.L. a carico della liquidazione, non escludesse quelle indennità che la disciplina collettiva ricollegava allo scioglimento del rapporto per volontà delle parti.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte, che si è consolidata dopo una iniziale incertezza, ha chiarito che "l’assoggettamento dell’impresa assicuratrice a liquidazione coatta amministrativa, determinando la risoluzione di diritto del rapporto di agenzia e la sua ricostituzione con l’impresa cessionaria del portafoglio, ai sensi del D.L. 26 settembre 1978, n. 576, art. 6, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 1978, n. 738 (applicabile nella specie ratione temporis), esclude il diritto dell’agente all’indennità di cui all’art. 12, comma 4, dell’Accordo Nazionale Agenti del 1981, prevalendo la disciplina speciale dettata dall’art. 6 citato su quella di cui agli artt. 2118 e 2119 c.c., con conseguente esclusione della possibilità per l’agente di insinuazione al passivo fallimentare del relativo credito" (Cass. ord. 18 dicembre 2012, n. 23386, con riferimento all’Accordo del 1981; Cass. 1 agosto 2011, n. 16850; conf. Cass. 20 dicembre 2012, n. 23654, con riferimento all’Accordo del 1975). Tale giurisprudenza si pone in continuità, sotto il profilo della ratio decidendi, con quella che ha portato la stessa giurisprudenza ad escludere, nel caso di liquidazione coatta dell’impresa preponente, l’indennità di preavviso (Cass. 4 settembre 2009 n. 19210; Cass. 17 novembre 2005 n. 23266; conf. Cass. 22 giugno 2005 n. 13443; Cass. 28 febbraio 1996, n. 1592). A sostegno del principio enunciato la giurisprudenza ha precisato che la disciplina speciale dettata dal D.L. n. 576 del 1978, art. 6, rende inapplicabili gli artt. 2118 e 2119 c.c., e che concorre a giustificare la scelta del legislatore il fatto che, in tal caso, il rapporto di agenzia è automaticamente ricostituito con l’impresa cessionaria del portafoglio. Si può aggiungere che l’art. 12, comma 4, dell’Accordo collega espressamente l’indennità aggiuntiva alle ipotesi di scioglimento del contratto previste dallo stesso art. 12, al comma 2, e cioè ai casi in cui il contratto di agenzia si scioglie "per recesso dell’impresa o dell’agente"; a tali casi non si può certo ricondurre lo scioglimento di diritto previsto dal D.L. n. 576 del 1978, art. 6.

In senso contrario la controricorrente richiama Cass. 29 aprile 1999 n. 4310, che, tuttavia, ha semplicemente declinato (secondo la legge processuale valevole ratione temporis) il sindacato diretto di legittimità della Corte sulla clausola dell’accordo collettivo.

L’unica pronuncia realmente dissonante è, come rilevato da Cass. n. 23654/2012, quella di Cass. 10 agosto 2007 n. 17602, per la quale il principio di cui alla L. n. 576 del 1978, art. 6, non troverebbe applicazione ove sia la stessa contrattazione collettiva a prevedere la corresponsione delle ulteriori indennità predette. Tale orientamento, tuttavia, non si può condividere sia perchè, come si è detto, la chiara lettera dell’Accordo esclude tale interpretazione dell’art. 12, sia perchè, comunque, la contrattazione collettiva potrebbe disporre con efficacia limitata alle sole parti, e mai contra legem; essa, pertanto, non può essere opposta ai creditori della società posta in liquidazione coatta amministrativa, nè quindi agli organi di questa.

La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori indagini in fatto, con il rigetto dell’opposizione di A.S.M. allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società di assicurazioni.

Soccorrono giusti motivi, in considerazione delle incertezze giurisprudenziali al momento della proposizione del ricorso, per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da A.S.M. al passivo della S.I.D.A. Società Italiana di Assicurazioni s.p.a.

in liquidazione coatta amministrativa. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *