Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-04-2011) 10-06-2011, n. 23436

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 17 settembre del 2009, la Corte d’appello di Roma, confermava quella resa dal Tribunale di Frosinone il 19 maggio 2006, con cui M.A. era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti, dei delitti di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di alcune donne straniere all’interno del locale "MEA CULPA" da lui gestito. Fatti accertati (OMISSIS).

Secondo l’accusa e la sentenza impugnata, alcuni carabinieri avevano svolto accertamenti nel locale adibito a night club gestito da M., prima fingendosi clienti e poi addentrandosi nei diversi ambienti, dove, in un separè, sorpresero in atteggiamento intimo una ragazza bulgara con un giovane del luogo; seguirono ulteriori indagini – perquisizioni e sommarie informazioni testimoniali da parte delle ragazze e dei clienti. Il M., tratto in arresto, in sede di convalida, ammise i fatti e si giustificò asserendo che per un particolare bisogno di denaro da qualche mese aveva modificato l’attività svolta nel locale da lui gestito Sulla base delle testimonianze dibattimentali dei carabinieri e delle dichiarazioni rese dalle prostitute, resesi successivamente irreperibili, nel corso delle indagini preliminari nonchè per la confessione del prevenuto, è stata affermata la responsabilità del M. per i delitti ascrittigli.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

la violazione dell’art. 512 c.p.p. perchè non sussistevano i presupposti per dare lettura delle dichiarazioni rese nelle indagini preliminari dalle parti offese;

mancanza di motivazione sull’impossibilità di ripetere l’audizione delle parti lese, la violazione della norma incriminatrice perchè non si era dimostrato che le ragazze nel locale svolgevano il meretricio.

Il collegio sulla conforme richiesta del Procuratore generale rileva che il reato continuato ascritto si è ormai prescritto essendo maturato il termine massimo prorogato di anni sette e mesi sei secondo la disciplina prevista dalla L. n. 251 del 2005, applicabile alla fattispecie perchè più favorevole (art. 10 della citata legge).

Il ricorso, ancorchè eventualmente infondato, non può considerarsi manifestamente tale; essendo note le problematiche sull’utilizzabilità delle dichiarazioni rese nelle indagini preliminari da soggetti divenuti successivamente irreperibili.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 620 c.p.p. annulla Senza rinvio il provvedimento impugnato perchè estinto per prescrizione il reato ascritto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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