Cass. pen., sez. VI 10-07-2008 (09-07-2008), n. 28806 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Titolo costituito da sentenza esecutiva di condanna – Attestazione di irrevocabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma disponeva la consegna all’autorità giudiziaria rumena di M.D.I., cittadino rumeno, nei cui confronti era stato emesso dalla Pretura di Roman in data 12 marzo 2007 mandato di arresto europeo (MAE) fondato sulla sentenza in data 24 ottobre 2005 della medesima Pretura di condanna alla pena complessiva di anni uno e mesi tre di reclusione per i reati di "distruzione, oltraggio contro i buoni costumi e disturbo della tranquillità pubblica", di cui mesi tre a titolo di revoca della sospensione condizionale accordata al medesimo con precedente condanna per il reato di furto; titolo per il quale era stato emesso ordine di carcerazione in data 21 novembre 2005 dal Tribunale di Roman. Il M. era stato provvisoriamente arrestato dai Carabinieri della Stazione di Roma – Monte Mario in data 1 luglio 2007, e l’arresto convalidato in data 3 luglio 2007 dal Presidente della Corte di appello di Roma, che contestualmente emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere. Successivamente, con ordinanza in data 14 luglio 2007 veniva disposta la sua scarcerazione, non essendo pervenuto nel termine di dieci giorni dalla convalida dell’arresto il MAE. Osservava in detta sentenza la Corte di appello che, essendo successivamente stato trasmesso sia il MAE sia la sentenza definitiva di condanna, non vi erano ragioni ostative alla consegna, trattandosi di fatti considerati come reati anche dalla legge italiana.
Ricorre per cassazione il M., a mezzo del difensore avv. Giuseppe Salivetto, che deduce:
1. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, sotto, vari profili.
1.1. In primo luogo, sussisteva violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 3, in quanto il MAE non era corredato di copia della sentenza di condanna su cui si fondava, trasmessa solo successivamente dall’autorità rumena e in particolare successivamente all’udienza fissata per la decisione, dopo che la Corte di appello ad una precedente udienza aveva disposto il rinvio del procedimento proprio per acquisire detta sentenza formulandone richiesta all’autorità rumena tramite il Ministero.
In ogni caso si trattava di sentenza malamente tradotta, sì da non rendere comprensibile il suo contenuto, e mancante di attestazione di irrevocabilità della stessa.
1.2. In secondo luogo, in violazione della L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 4, mancava sia la relazione sui fatti addebitati al M., con l’indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti e della loro qualificazione giuridica, sia il testo delle disposizioni di legge applicabili, con l’indicazione del tipo e della durata della pena, sia i dati segnaletici e ogni possibile informazione atta a determinare l’identità e la nazionalità della persona da consegnare.
Tali carenze, in quanto relative a documentazione indefettibile del MAE, non possono considerarsi suscettibili di essere colmate con una richiesta di informazione integrativa, ai sensi dell’art. 16, predetta legge, riguardante solo accertamenti complementari.
2. Insufficiente e contraddittoria motivazione sia in punto di mancanza attestazione di esecutorietà della sentenza, che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto potesse essere desunta dall’attestazione contenuta nel MAE sia con riferimento al termine di sessanta giorni previsto dall’art. 17, comma 2, predetta legge entro cui deve essere emessa la decisione, dato che nella specie la sentenza è stata trasmessa oltre un anno dopo.
DIRITTO
Il ricorso, al limite dell’ammissibilità, appare infondato.
La sentenza di condanna dell’autorità giudiziaria straniera può bene essere trasmessa all’autorità giudiziaria italiana successivamente alla trasmissione del MAE che su quella sia fondato, non essendovi alcuna disposizione che lo impedisca, in particolare non desumendosi ciò dalla L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 3; ed anzi prevedendosi proprio che in mancanza della trasmissione del titolo su cui si fonda il MAE l’a.g. italiana ne debba fare richiesta (art. 6, comma 5, detta legge).
Neppure vi sono ragioni per ritenere che l’attestazione di irrevocabilità debba essere necessariamente menzionata nella sentenza stessa; che anzi, a prescindere dalle annotazioni che le sentenze estere possano eventualmente contenere secondo l’ordinamento dello Stato membro di emissione, ciò che realmente importa è che nel MAE se ne dia conto (come del resto si desume dalla L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 1, lett. c), trattandosi di un atto ufficiale dell’autorità giudiziaria estera che ne fa fede, salva prova contraria.
La sentenza trasmessa appare perfettamente intelligibile nel suo contenuto giuridicamente rilevante, al di là di sempre possibili incertezze lessicali che normalmente accompagnano la traduzione di atti formati in lingua estera. Peraltro la censura che il ricorrente muove su tale punto appare manifestamente generica, non essendosi chiarito quali fossero gli aspetti di oscura comprensione che si assume caratterizzino l’atto nella sua traduzione.
Specie quando è titolo del MAE una sentenza di condanna esecutiva, non deve normalmente richiedersi una specifica relazione integrativa, una volta che la sentenza incorpori in sè, come nella specie, i dati rilevanti a comprendere la natura giuridica dei fatti, le relative fonti di prova e gli articoli di legge applicati. E in proposito il ricorrente non ha affermato che gli elementi di cui sopra non risultassero dalla motivazione della sentenza estera.
Quanto alla mancata trasmissione dei dati segnaletici, deve ribadirsi che non costituisce causa ostativa alla consegna la mancata allegazione di informazioni atte a determinare l’identità e la nazionalità della persona della quale è domandata la consegna, qualora tali informazioni siano, come nella specie, ricavabili dagli altri atti trasmessi (v. Cass., sez. 6^, 28 giugno 2007, Iannuzzi).
Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, posto che la previsione secondo cu le spese sostenute nel territorio nazionale per l’esecuzione di un mandato di arresto europeo sono a carico dello Stato italiano (L. n. 69 del 2005, art. 37) non riguarda il regime delle impugnazioni, retto, per ciò che concerne il ricorso per Cassazione, dall’art. 616 c.p.p..
La Cancelleria provvederà alla comunicazione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2008, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *