T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 13-06-2011, n. 5234 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 18 febbraio 2011 e depositato il 25 successivo la società cooperativa Istituto di vigilanza N.C.D.R. ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione del 24 gennaio 2011 della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia relativo alla gara di appalto per l’affidamento triennale del servizio di vigilanza nei locali di via Tuscolana in Roma.

In precedenza la Fondazione aveva adottato il 15 novembre 2010 già provvedimento di aggiudicazione alla stessa società qui controinteressata, ma su istanza della ricorrente, seconda classificata, la Fondazione, in autotutela aveva riconvocato la commissione aggiudicatrice per la eventuale rettifica dei punteggi assegnati e l’approvazione di nuova graduatoria, a seguito della quale è stato adottato il provvedimento di aggiudicazione del 24 gennaio 2011 qui impugnato, che ha confermato l’aggiudicazione stessa alla S.S.P. s.r.l.

Deduce la ricorrente i seguenti profili di gravame:

violazione dell’art. 83 del D.Lgs 163/06: la commissione ha introdotto dei sub criteri non previsti nel bando;

eccesso di potere per difetto d’istruttoria, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità ed irragionevolezza; difetto di motivazione: la riattribuzione dei punteggi ha portato allo stesso risultato; risultano esaminati solo 3 dei cinque profili di irregolarità evidenziati; appare illogica l’attribuzione dei punteggi;

violazione degli artt. 11 e 12 del D Lgs. n. 163/06 ed art. 38 stesso decreto: il contratto risulta stipulato prima dei 35 giorni dall’aggiudicazione definitiva; non risultano effettuate le verifiche dei requisiti di cui all’art. 38 cit.

Costituitasi la Fondazione ha preliminarmente eccepito la tardività del ricorso in quanto risulta impugnato un atto meramente confermativo; tardivi sono comunque i motivi relativi a profili non riesaminati; nel merito il ricorso è infondato in quanto la commissione conserva il potere di adottare dei sub criteri di valutazione delle offerte; la commissione ha riesaminato solo profili relativi ad errori materiali; non risulta che la Sipro abbia prodotto dichiarazioni non veritiere; il contratto è stato stipulato dopo 35 giorni.

Costituitasi la controinteressata, aggiudicataria della gara, ha rilevato come la commissione non abbia introdotto criteri nuovi; è comunque consentito alla commissione introdurre sub criteri a determinate condizioni; le censura di merito appaiono inammissibili; la stipula del contratto è intervenuta dopo i 35 giorni; non risultano dichiarazioni non veritiere della Sipro.

Con ordinanza collegiale n. 1073/2011 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare con specifico riferimento alla violazione dell’art. 83 cit; con ordinanza n. 1731/2011 la Sesta sezione del Consiglio di Stato ha confermato la suddetta pronuncia.

Con memoria del 28 aprile 2011 parte ricorrente, richiamata la decisione suddetta del Consiglio di Stato ed i profili di gravame già avanzati, ha insistito sulla natura non meramente confermativa dell’atto impugnato; ha evidenziato la sussistenza di elementi che conducono a ritenere non sussistenti in capo all’aggiudicataria i requisiti di cui all’art. 38 cit (atto negativo della Prefettura, revoca dell’aggiudicazione da parte della Banca d’Italia, sussistenza di condanne penali a carico degli amministratori).

Con memoria del 3 maggio 2011 la Fondazione ha insistito sulla natura meramente confermativa dell’atto impugnato e quindi sulla tardività del ricorso o, quanto meno, della censura relativa all’art. 83 cit; ha precisato che l’introduzione di coefficienti di valutazione non integra la fattispecie di nuovi sub criteri.

Con memoria del 3 maggio 2011 la controinteressata ha ribadito la tardività del ricorso, l’insussistenza di nuovi sub criteri; l’effetto limitativo della discrezionalità prodotto con i coefficienti di valutazione.

Con memoria del 6 maggio 2011 parte ricorrente ha replicato evidenziando la differenza tra atto di conferma ed atto meramente confermativo; la legittimità di motivi nuovi in sede giurisdizionale, rispetto a quelli contenuti nelle istanze amministrative (art. 243 bis D lgs 163/06); ha altresì rilevato come la Sipro non si sia difesa in ordine alle censure relative all’art. 38 cit..

Alla pubblica udienza del 19 maggio 2011 la causa è stata spedita in decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame un istituto di vigilanza ha impugnato gli atti della gara indetta dalla Fondazione epigrafata per l’affidamento del servizio di vigilanza, e l’aggiudicazione alla controinteressata.Ha anche avanzato istanza di risarcimento del danno in forma specifica.

Preliminarmente il Collegio deve prendere in considerazione l’eccezione di tardività del ricorso e di singoli motivi di gravame, sostenendo l’Amministrazione resistente e l’aggiudicataria che l’atto impugnato deve ritenersi meramente confermativo di atto di approvazione della graduatoria e conseguente aggiudicazione, già approvati in data 15 novembre 2010.

Il Collegio non condivide detta tesi.

Risulta infatti che su sollecitazione dell’istituto ricorrente (informativa ex art. 243 bis D.lgs 163/06) la stazione appaltante riconvocava la commissione per una nuova valutazione dei punteggi attribuiti; che detta valutazione è stata effettuata con attribuzione di punteggi diversi da quelli assegnati nel provvedimento del 15 novembre, che però non ha modificato la graduatoria, rimanendo prima classificata la controinteressata.

Orbene, anche a voler ammettere che la nuova attribuzione dei punteggi sia scaturita dalla constatazione di errori materiali, l’atto non può certo qualificarsi meramente confermativo in quanto, in primo luogo esso è parzialmente diverso da quello che si presume meramente confermato, e comunque risulta effettuata una nuova valutazione in ordine ai punteggi da attribuire, con apposita riconvocazione della commissione di aggiudicazione e richiesta di parere all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici.

D’altra parte, nel momento in cui l’amministrazione si accinge ad un riesame della fattispecie, appare contrario al principio di economia del giudizio costringere la parte privata ad impugnare da subito l’atto sottoposto a riesame.

La lesione si attualizza quindi nel momento in cui l’Amministrazione emana l’atto a seguito di riconsiderazione della fattispecie.

E ciò vale per qualsiasi tipo di censura in sede giurisdizionale.

Infatti per l’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale l’art. 243 bis comma 2 prevede esplicitamente che in sede giurisdizionale possono essere prospettate censure non evidenziate in detta informativa: quindi anche il primo profilo di gravame, relativo alla violazione dell’art. 83 del D Lgs 163/2006, può ben essere avanzato in questa sede anche se non formante oggetto dell’informativa.

Nel merito il Collegio ritiene che sia fondato il primo profilo di gravame, di violazione cioè dell’art. 83 del D Lgs n. 163/06.

Come noto infatti a seguito della soppressione dell’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 83, operata dall’art. 1 comma 1 lett. u del D Lgs n. 152/08, peraltro a seguito di apertura di procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia ad opera della Commissione CE (procedura n. 2007/2309), la commissione giudicatrice, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, non può più fissare in via generale i criteri motivazionali cui si atterrà per attribuire a ciascun criterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando. Infatti la Commissione CE ha ritenuto detta norma in contrasto con le direttive comunitarie, dalle quali emerge l’esigenza che i criteri di aggiudicazione dell’appalto nonché la ponderazione relativa a tali criteri e il loro ordine d’importanza siano tutti stabiliti nel bando (TAR Toscana sez. I 7.12.2010 n. 6717; Consiglio di Stato sez.V 1.10.2010 n. 7256; Corte di Giustizia CE 24 gennaio 2008 proc. C532/2006).

Quindi, contrariamente a quanto affermato sia dalla stazione appaltante che dalla controinteressata, dopo la modifica legislativa la commissione non conserva più il potere di introdurre sub criteri di ponderazione non previsti nel bando.

Orbene, nel caso in esame il disciplinare di gara prevedeva l’attribuzione di un punteggio massimo di 60 al progetto tecnico e di 40 all’offerta economica; nell’ambito del progetto tecnico, punteggio massimo 42 per "metodologie e caratteristiche del servizio" e punteggio massimo di 18 per "qualità aziendale e del personale"; a loro volta le due suddette voci erano suddivise rispettivamente in otto e cinque sottovoci con individuazione per ognuna di un punteggio massimo.

Nella seduta del 20 ottobre 2010 la Commissione ha introdotto criteri di ponderazione per l’attribuzione dei punteggi nell’ambito dei limiti massimi previsti per ciascuna sottovoce, individuando "quattro coefficienti compresi tra 0 ed 1 espressi in valori centesimali, corrispondenti ad altrettanti profili di giudizio"; e così ad es per la voce A1 "Descrizione dell’organizzazione aziendale della ditta" per la quale era previsto un punteggio massimo di 10, il giudizio di sufficiente, introdotto dalla commissione, comportava l’attribuzione di un punteggio di 5 in quanto al suddetto giudizio corrispondeva il coefficiente 0,50 (pure introdotto dalla commissione), e cioè la metà del punteggio massimo attribuibile; il giudizio di buono comportava l’attribuzione di punti 7, considerato il coefficiente di 0,70 introdotto dalla commissione.

Appare evidente come la fattispecie ricada esattamente in quell’ipotesi che la Commissione CE ha voluto impedire, e cioè nella introduzione da parte della commissione di quei coefficienti utilizzati per la ponderazione dei criteri previsti dal bando. La normativa, sia comunitaria che nazionale, vuole che anche i pesi attribuiti ai vari criteri siano determinati negli atti di gara.

Per tali ragioni il primo motivo di censura appare fondato; il che comporta la caducazione dell’intera procedura di gara, con assorbimento degli ulteriori profili di gravame.

Il risarcimento del danno in forma specifica non può essere evidentemente accordato, in quanto l’accoglimento del primo motivo di censura comporta, come detto, la necessità di rinnovare l’intera procedura concorsuale.

Considerata la particolarità della fattispecie, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti di gara impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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