T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 13-06-2011, n. 898 Impianti di ripetizione Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

A seguito dell’entrata in vigore della L.R. 11/2001, T.I. Mobile s.p.a. ha inoltrato al Comune di Grumello del Monte un’istanza volta all’autorizzazione al mantenimento ed all’esercizio dell’impianto di telefonia mobile denominato "Grumello", realizzato da S.I.P. in via Lazzari 11, in area T4 destinata dallo strumento urbanistico ad "attrezzature di uso pubblico/impianti tecnologici", in ragione di concessione edilizia rilasciata dal Comune in data 29 aprile 1991 e ricadente, secondo il PRG in vigore nell’anno 2002, in zona "ST3- strutture tecnologiche".

L’istanza risultava corredata del parere favorevole rilasciato dall’ARPA, ma, ciononostante, essa è stata rigettata.

Dell’illegittimità di tale provvedimento negativo si duole la ricorrente, deducendo plurime violazioni di legge che possono essere così individuate:

1. violazione e falsa applicazione delle disposizioni relative al regime transitorio delineato dall’art. 10 della L.R. 11/2001, avendo il Comune travisato il parere rilasciato dall’ASL il 30 novembre 2000 che, nell’esprimere, per quanto di competenza, parere favorevole anche in ragione del positivo accertamento sui valori di intensità di campo elettromagnetico espresso dall’ARPA, ha aggiunto "a scopo cautelativo si precisa che sarebbe opportuno collocare detta stazione radio base in località con bassa densità abitativa". Tale precisazione è stata intesa come una prescrizione e per ciò stesso assunta come base per il diniego, contestualmente segnalando l’opportunità della traslazione dell’impianto nell’area all’uopo individuata dal Comune;

2. violazione del combinato disposto dell’art. 10, comma 2 e dell’art. 7, comma 13, della L.R. 11/2001, laddove l’istanza di mantenimento ed esercizio presentata da TIM in data 13 novembre 2001 avrebbe dovuto essere valutata alla stregua degli strumenti urbanistici vigenti al momento della sua realizzazione;

3. violazione del combinato disposto dell’art. 1 della legge 249/1997 e del D.M. 381/98, da cui non è desumibile alcun divieto di collocazione in riferimento a determinate zone del territorio comunale. Illegittimamente, quindi, il Comune avrebbe fatto applicazione del diverso criterio secondo cui la collocazione di impianti di trasmissione sarebbe possibile solo all’esterno del centro abitato;

4. violazione della disciplina regolante le telecomunicazioni in ragione della mancata considerazione del fatto che il rispetto dei, molto restrittivi anche rispetto al panorama internazionale, limiti indicati dal D.M. 381/1998 (confermati dalla legge n. 36/2001 e dalla L.R. 11/2001) garantirebbe di per sé la tutela della salute umana. Ne risulterebbe esclusa ogni possibilità di ulteriori interventi da parte del Comune, al fine di introdurre limiti ancora più restrittivi;

5. violazione della L.R. 11/2001 e della deliberazione della G.R. 7351 dell’11 dicembre 2001, le quali, definite le "aree di particolare tutela", lungi dal vietare del tutto l’installazione degli impianti di telecomunicazione, escludono unicamente quelli con potenza totale ai connettori di antenna superiore a 300W. L’impianto in questione, avendo potenza inferiore, non potrebbe, quindi, essere vietato;

6. incompetenza assoluta del Comune a disciplinare, con norme tecniche, aspetti attinenti alla tutela dell’ambiente e della salute, riservati alla competenza statale dall’art. 1, comma 4, lett. c) della legge n. 59/97. Sarebbe, quindi, esclusa la competenza comunale a regolamentare, anche indirettamente, il limite di esposizione elettromagnetica.

Il Comune intimato, dopo una prima costituzione formale, ha depositato una memoria nella quale ha preliminarmente rappresentato come l’atteggiamento prudenziale del Comune, che ha generato il contenzioso in esame ed altri ricorsi collegati, fosse motivato dal preminente interesse alla tutela della salute pubblica, in ragione del quale l’impianto in questione, ricadente in zona di particolare tutela, ubicato in luogo di alta sensibilità ai sensi dell’art. 4 della L.R. 11/2001 e comunque di potenza superiore ai 300W, se si considerano anche gli ulteriori impianti installati sul medesimo traliccio.

Il ricorso sarebbe, quindi, in primo luogo irricevibile perché tardivo: il provvedimento negativo impugnato sarebbe frutto dell’applicazione delle norme tecniche approvate con variante al PRG nel 2001, prima dell’entrata in vigore della L.R. 11/2001.

Nel merito il provvedimento, ampiamente motivato dal riferimento all’art. 6 del regolamento per l’installazione di SRB e all’art. 51, comma 8, delle NTA del PRG, sarebbe legittimato dalla potenza dell’impianto, superiore a 300W se si considera la presenza anche dell’impianto Vodafone richiesto nel 2009, nonché ai 7W ammessi in corrispondenza con asili, edifici scolastici, oratori ecc.

Si è costituita in giudizio la società T.I. s.p.a., dando atto che il programma industriale di integrazione delle telecomunicazioni fisse e mobili del Gruppo Telecom ha condotto, attraverso una serie di passaggi, al conferimento dell’originaria ricorrente nella società T.I. s.p.a.. Quest’ultima, in vista della pubblica udienza, ha depositato una memoria nella quale, ricostruite le vicende relative all’impianto, anche al fine di evidenziare il collegamento con il ricorso sub R.G. 1088/2010 che ha ad oggetto un provvedimento di diniego dell’autorizzazione ad un’ulteriore modifica delle caratteristiche tecniche dell’impianto di mero adeguamento tecnologico e di razionalizzazione dell’impianto radiante già esistente, ha ribadito gli erronei presupposti su cui si fonderebbe il provvedimento di diniego e l’irrazionalità dell’opposizione all’autorizzazione di una mera modifica tecnologica di un impianto già esistente, realizzato sulla base di regolari titoli legittimanti ed insistente in area specificamente destinata ad impianti tecnologici.

A margine, la ricorrente evidenzia anche come la scelta di collocare le SRB all’esterno del centro abitato, operata dal Comune, sia tecnicamente e scientificamente inadeguata. Al contrario, la collocazione in centro abitato corrisponde ad una ponderata scelta, anche legislativa, che consente di ottimizzare qualità del servizio e minimizzare le potenze emesse.

Con ulteriore memoria di replica, infine, parte ricorrente contesta quanto affermato dall’Amministrazione circa il preteso superamento della potenza di 300W, smentito dalla documentazione versata in atti nella causa sub R.G. 1088/2010 ed evidenzia come la tutela della salute pubblica perseguita dal Comune sia già insita nei precisi parametri di legge, che risulterebbero tutti rispettati nel caso di specie.

Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di tardività introdotta dall’Amministrazione resistente.

Nel caso di specie, infatti, non è in contestazione la previsione in sé stessa di cui all’art. 59 delle N.T.A. del PRG, bensì l’applicazione delle stesse in concreto operata dal Comune. Trattandosi, peraltro, non di una previsione urbanistica vera e propria, bensì dell’integrazione di quanto prescritto con il regolamento in materia di telecomunicazioni, deve ritenersi che, anche nel caso di specie, valga il principio per cui la norma regolamentare deve essere tempestivamente impugnata a decorrere dalla piena conoscenza avuta del provvedimento applicativo della stessa direttamente lesivo.

Nel caso di specie non si può, però, trascurare di considerare come tale disposizione regolamentare fosse anteriore all’entrata in vigore della L.R 11/2001, dal che ne sarebbe dovuta discendere la disapplicazione della medesima in quanto incompatibile con la sopravvenuta normativa. In ogni caso, il richiamo operato all’art. 59 del regolamento, prescindendosi, quindi, da ogni considerazione sia in ordine al fatto che tale previsione sarebbe stata superata dalla successiva variante urbanistica (e dall’adozione dell’art. 51 delle NTA), sia rispetto alla sopravvenuta normativa di cui al d. lgs. 259/2003, deve considerarsi, nel caso di specie, come un’illegittima integrazione della motivazione, inidonea a supportare il provvedimento in esame.

Ciò premesso in rito, meritevole di positivo apprezzamento appare il primo motivo di ricorso. La normativa che disciplina la collocazione di impianti fissi per le telecomunicazioni, pur contemperando le esigenze di tale attività con quelle di protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici non attribuisce all’ASL una competenza tale da poter far assurgere la, seppur comprensibile, sollecitazione alla valutazione dell’opportunità a traslare le fonti di campi elettromagnetici in zone con bassa densità abitativa a reale prescrizione. Né la stessa normativa attribuisce la possibilità di compiere una tale valutazione al Comune se non nei casi e con i limiti espressamente previsti dalla legge. Il provvedimento impugnato non appare, quindi, adeguatamente motivato sulla scorta del richiamato parere dell’ASL che deve ritenersi, per quanto di competenza, favorevole. Ciò tanto più quanto si consideri che il parere cui è stato fatto riferimento nel provvedimento negativo con cui si è concluso il particolare procedimento di adeguamento, in regime transitorio, dell’impianto esistente, era in realtà stato rilasciato in relazione al diverso procedimento nato dall’istanza dell’odierna ricorrente del 5 ottobre 2000, volto all’adeguamento del proprio impianto al sistema GSM prima dell’entrata in vigore della legge del 2001: nessun parere dell’ASL, si ribadisce, è invece richiesto ai fini dell’adeguamento delle autorizzazioni relative ad impianti già esistenti, previsto da quest’ultima normativa.

Altrettanto condivisibile appare la seconda censura. Mentre il regime transitorio dettato dall’art. 10 della L.R. 11/2001 impone, per gli impianti di telecomunicazione e radiotelevisione di cui all’articolo 7 già installati, il mero accertamento, da parte dell’ARPA, del rispetto dei livelli massimi di esposizione previsti dalla normativa vigente, con oneri a carico del richiedente, il Comune è andato ben oltre i poteri attribuitigli dalla legge, censurando la conformità urbanistica dell’impianto, peraltro incontestamente sussistente al momento della sua realizzazione.

Circa l’inammissibilità della possibilità di introdurre divieti generalizzati di collocazioni delle SRB sul territorio comunale, da tempo la giurisprudenza ha chiarito che "è illegittimo un regolamento comunale che stabilisce in quali zone del territorio possono essere installati gli impianti radio base di telefonia cellulare e quali distanze devono avere dalle abitazioni o dalle aree sensibili. I comuni possono solo regolamentare le installazioni delle stazioni radio base sotto il profilo urbanistico e territoriale, non potendo neppure regolamentare l’individuazione dei siti idonei all’installazione. I comuni possono esercitare in materia una potestà regolamentare del tutto sussidiaria, che concerne esclusivamente i profili urbanistici e territoriali (con esclusione dell’individuazione dei siti) e l’eventuale indicazione di ulteriori, particolari accorgimenti edilizi che possano utilmente concorrere alla minimizzazione dell’esposizione" (così TA.R. Sicilia Catania, sez. III, 29 gennaio 2002, n. 140, successivamente ripresa da T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 05 dicembre 2006, n. 1573, di analogo contenuto). Ne discende l’incompetenza del Comune, dedotta con la sesta censura.

Ciò esclude, conseguentemente, anche la possibilità per il Comune, esercitata nel caso di specie e censurata al quarto motivo di ricorso, di introdurre, di fatto, tutele ulteriori rispetto a quelle già garantite attraverso la corretta applicazione della norma, non solo prevedendo la collocazione degli impianti all’esterno del centro abitato, ma anche escludendo ogni collocazione di impianti in intere aree come l’Area1".

Anche la quinta censura appare fondata. Dal combinato disposto della L.R. 11/2001 e della deliberazione della G.R. 7351 dell’11 dicembre 2001, emerge come, definite le "aree di particolare tutela", l’installazione degli impianti di telecomunicazione, sia comunque possibile per quelli con potenza totale ai connettori di antenna non superiore a 300W.

Come già affermato da questo Tribunale nella sentenza n. 16 del 12 gennaio 2007, da cui non si ravvisa ragione di discostarsi, quindi, è illegittimo il regolamento che esplicitamente estenda i vincoli stabiliti unicamente per impianti di potenza superiore – i quali possono essere realizzati solo previa individuazione dei siti per la localizzazione – anche alle SRB di potenza inferiore a 300W. Per quest’ultime la disciplina è dettata direttamente dalla legge regionale che ne consente la realizzazione in tutto il territorio comunale, salvo gli espliciti divieti di cui alla medesima legge regionale, non ravvisabili nel caso di specie.

Invero la legge regionale escludeva la collocazione di SRB di potenza anche inferiore a 300W nel raggio di 75 metri dal perimetri di siti c.d. "sensibili" (scuole, asili, ospedali, oratori, ecc.), ma la Corte costituzionale, con sentenza n. 331 del 2003 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della suddetta norma, introdotta, modificando il comma 8 della L.R. 11/2001, dalla l. reg. lombarda 6 marzo 2002 n. 4, art. 3 comma 12 lett. a).

Più precisamente la Corte ha chiarito che: "Per far fronte alle esigenze di protezione ambientale e sanitaria dall’esposizione a campi elettromagnetici, il legislatore statale, con le anzidette norme fondamentali di principio, ha prescelto un criterio basato esclusivamente su limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti, un criterio che è essenzialmente diverso da quello stabilito (sia pure non in alternativa, ma in aggiunta) dalla legge regionale, basato sulla distanza tra luoghi di emissione e luoghi di immissione. Né, a giustificare il tipo di intervento della legge lombarda, è sufficiente il richiamo alla competenza regionale in materia di governo del territorio, che la legge quadro, al numero 1) della lettera d) dell’art. 3, riconosce quanto a determinazione dei "criteri localizzativi". A tale concetto non possono infatti ricondursi divieti come quello in esame, un divieto che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformandosi così da "criteri di localizzazione" in "limitazioni alla localizzazione", dunque in prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla citata norma della legge n. 36. Questa interpretazione, d’altra parte, non è senza una ragione di ordine generale, corrispondendo a impegni di origine europea e all’evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione, attivi e passivi." (così Corte Costituzionale sentenza n. 331 del 2003 citata).

Conseguentemente la norma è stata modificata ed oggi prevede che "È comunque vietata l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione in corrispondenza di asili, edifici scolastici nonché strutture di accoglienza socioassistenziali, ospedali, carceri, oratori, parco giochi, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, che ospitano soggetti minorenni, salvo che si tratti di impianti con potenze al connettore d’antenna non superiori a 7 watt.".

Il concetto di "corrispondenza" deve intendersi come coincidente con il perimetro dei c.d. siti sensibili, ma non può comunque ritenersi sussistere nel caso di specie in cui le distanze sono di 134 mt dal distretto ASL, 185 m dall’oratorio (e 74 dalle pertinenze), 172 dalla scuola e 64 dalla caserma dei carabinieri. In tal senso si pone anche la pronuncia della Corte Costituzionale n. 307 del 2003 che, con riferimento alla legge della Regione Puglia, ha ritenuto che la previsione del divieto di localizzazione di SRB "su" siti sensibili non eccedesse l’ambito di un "criterio di localizzazione" la cui previsione rientra nella competenza delle Regioni ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) e dell’art. 8 comma 1, lett. e) della legge quadro (36/2001).

Né può ritenersi rilevante, al fine di contestare la potenza massima dell’impianto, il fatto che sul medesimo traliccio sia stata, molto tempo dopo il diniego censurato, inoltrata la domanda di Vodafone di collocamento di un nuovo impianto (che ha portato al diniego del 2009 impugnato con il ricorso sub R.G. 1088/09).

Conclusivamente, quindi, il Collegio ritiene di poter condividere il principio espresso nella sentenza del TAR Milano, I, 13 gennaio 2010, n. 23, in forza del quale: "A norma dell’art. 86 comma 3 d.lg. n. 259 del 2003, relativo alla localizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni, è possibile prescindere dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la loro installazione in quanto le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli art. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16 comma 7 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Ne deriva che, anche alla luce dell’art. 4 comma 7 l. reg. n. 11 del 2001 gli impianti radiobase di telefonia mobile di potenza totale non superore a 300 watt non richiedono specifica regolamentazione urbanistica, per cui sono illegittime le disposizioni pianificatorie comunali che introducono in termini assoluti divieti di installazione per simili impianti, anche solo su porzioni del territorio comunale".

Il ricorso merita, quindi, accoglimento, ancorchè limitatamente alla domanda di annullamento, mentre deve essere rigettata la domanda risarcitoria, solo genericamente introdotta nel ricorso, ma senza essere poi ulteriormente esplicitata, nemmeno per quanto attiene all’elemento essenziale rappresentato dal danno, rispetto al configurarsi del quale non è stato fornito alcun principio di prova.

Si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio, data l’incertezza sull’estensione dei poteri comunali sussistente al momento dell’adozione del provvedimento censurato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, mentre respinge la domanda risarcitoria.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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