T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 13-06-2011, n. 897 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sulla scorta dell’art. 6 del R.D.L. 1338/36 l’amministrazione provinciale – in accordo con la Regione Lombardia che sta promuovendo un progetto per la realizzazione di 10.000 ettari di nuovi boschi sul territorio – ha intrapreso dal 2006 una serie di iniziative dirette all’incremento del patrimonio boschivo ed in particolare della forestazione a scopo ecologico e naturalistico delle aree demaniali ubicate nelle golene lungo il fiume Po.

Espone la Provincia in punto di fatto che:

o nel 2007 ha chiesto alla Regione un primo contingente di aree demaniali che ha permesso (attraverso fondi regionali del "Progetto sistemi verdi") di realizzare numerosi interventi di forestazione permanente e di riqualificazione ambientale e naturalistica;

o ha ottenuto oltre 200 ettari di superficie demaniale, sulla quale sono stati finanziati progetti accompagnati da contributi per 4.000.000 Euro.

Nell’ambito della vicenda oggetto della presente controversia, riferisce la Provincia di essere Ente gestore di una zona di protezione speciale di rilevanza europea (doc. 5 bis e 5 ter) e che:

I. con deliberazione giuntale 24/9/2009 n. 130 ha approvato la localizzazione di aree golenali per 917,30 ettari di estensione, da chiedere in concessione alla Regione Lombardia per destinarle all’incremento del patrimonio boschivo ai sensi della L. 37/94 (doc. 1);

II. alla nota di accompagnamento 2/10/2009 – di richiesta di concessione delle aree demaniali per la piantumazione di specie arboree ed arbustive autoctone e la conservazione ed il miglioramento delle aree di pregio naturalistico esistenti – la Regione ha risposto positivamente con atto 12/10/2009 (doc. 3), dichiarando che "l’istruttoria ha dato esito favorevole e potrà quindi essere rilasciato l’atto di concessione ai sensi della L. 37/94", salva la produzione del progetto esecutivo (anche a stralci e in fasi diverse) accompagnato dal piano di sostenibilità economica (veniva dichiarata la "disponibilità delle aree demaniali elencate per la redazione del progetto");

III. con deliberazione giuntale 17/6/2010 n. 90 ha approvato il Piano di gestione, trasmesso in Regione con nota del 12/7/2010 (doc. 4) unitamente alla richiesta di copia di atti di concessione eventualmente rilasciati medio tempore a terzi;

IV. dalla risposta regionale del 10/8/2010 (doc. 6) veniva a conoscenza che una parte delle aree era stata attribuita a taluni frontisti e ad altri soggetti privati non confinanti, che avevano presentato domanda il 12/12/2009 (e dunque successivamente alla richiesta dell’Ente locale);

V. con nota 13/8/2010 ha espresso le proprie rimostranze, manifestando l’intenzione di avanzare la candidatura per ottenere un finanziamento nell’ambito del Piano di sviluppo rurale misura 221 (scadenza settembre 2010);

VI. il 16/9/2010 la Regione emetteva i decreti di concessione impugnati, malgrado le domande (datate appunto 12/12/2009) fossero successive alla richiesta della Provincia (ottobre 2009).

Rileva la ricorrente che i disciplinari sono stati poi stipulati nel marzo 2010, e che ad oggi il Consorzio forestale legno ambiente (LEA) ha preso in carico la gestione delle aree.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la Provincia ricorrente illustra le seguenti doglianze:

SUL SILENZIO RIFIUTO

a) Omessa conclusione del procedimento – avviato con l’istanza di concessione 2/10/2009 integrata il 12/7/2010 con il Piano di gestione delle aree – nel termine di 30 giorni ex art. 2 della L. 241/90.

SULLE CONCESSIONI RILASCIATE E SUI RELATIVI DISCIPLINARI

b) Violazione dell’art. 10 comma 6 del R.D.L. 1338/36 novellato in quanto, dopo aver espresso parere favorevole in data 12/10/2009 sulla domanda depositata dalla Provincia (titolare del diritto di prelazione), la Regione ha inopinatamente concesso a soggetti privati una quota delle aree medesime per circa 300 ettari;

c) Violazione dell’art. 10 comma 1 lett. b e dell’art. 3 della L. 241/90, difetto di motivazione, eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti e superficialità, dato che la Provincia non è stata notiziata delle domande dei privati ma è fortunosamente venuta a conoscenza della stipulazione dei disciplinari di concessione delle aree;

d) Violazione dell’art. 32 del regolamento attuativo del P.A.I. fiume Po, degli artt. 3 e 6 della L. 241/90, eccesso di potere per ingiustizia manifesta, poichè non risulta che i privati concessionari abbiano provveduto all’elaborazione del Piano di gestione;

e) Violazione dell’art. 49 comma 1 lett. E del regolamento regionale 5/2007, il quale stabilisce che rimboschimenti ed imboschimenti sono realizzati con una densità di impianto minima di 1300 piante per ettaro, mentre i disciplinari prevedono una densità inferiore, pari a 900 piante per ettaro;

f) Violazione dell’art. 6 u.c. del R.D.L. 1338/36, in quanto gli interventi devono essere realizzati entro tre anni dal rilascio della concessione a pena di decadenza, mentre tutti i disciplinari prevedono la decadenza in caso di mancato avvio delle opere entro tre anni;

g) Violazione delle D.G.R. 7/19018 del 15/10/2004, 8/1791 del 25/1/2006 e 14106 del 8/8/2003, dato che la Provincia gestisce la zona di protezione speciale nella quale ricadono tutti i terreni oggetto di concessione, e come tale doveva esprimere un parere sull’incidenza degli interventi di forestazione assentiti dalla Regione;

h) Illegittimità dei disciplinari e degli atti di concessione emessi a favore di taluni frontisti non confinanti, ossia Bellini Adele, Gozzi Fernando, Lusuardi Celso, Savazzi Lia per violazione dell’art. 6 comma 1 del R.D.L. 1338/36, poiché non è stato rispettato il limite di estensione di 18 ettari e le aree raggiungono il triplo di tale valore massimo;

i) Violazione dell’art. 6 comma 8 del R.D.L., poiché è fatto divieto ai concessionari di cedere le pertinenze ottenute e i disciplinari (art. 6) permettono di cedere i beni assegnati previa semplice comunicazione all’autorità concedente;

IN VIA SUBORDINATA =

j) Illegittimità della cessione delle aree al Consorzio, poiché i concessionari vengono meno agli obblighi assunti con la Regione, ed inoltre è assente un piano di gestione ed il progetto esecutivo;

k) Illegittimità della concessione alla Coop. Agricola La libertà (presso l’Isola di Santa Scolastica di San Benedetto) per violazione della D.G.R. 8/9275, poiché si prevede la piantagione di pioppeti, vietata in quell’area.

La Provincia chiede il risarcimento del danno, economico e di immagine.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Lombardia e i controinteressati, eccependo i secondi la carenza di legittimazione della Provincia e chiedendo entrambi nel merito la reiezione del gravame.

Si è costituito ad adiuvandum il Consorzio Forestale Padano, che gestisce in P.D.M. terreni demaniali golenali della Regione Lombardia, e che ha partecipato alla procedura ad evidenza pubblica per la gestione di detti terreni ed afferma il proprio interesse a prendere parte al nuovo confronto comparativo per la gestione delle aree indicate dalla deliberazione giuntale della Provincia n. 103 del 24/9/2009.

Con l’ordinanza istruttoria collegiale n. 921 depositata il 17/12/2010 questo Tribunale ha fissato direttamente la data di trattazione del merito della causa ai dell’art. 55 comma 10 del Codice del processo amministrativo, ed ha disposto l’acquisizione presso la Regione Lombardia di tutte le domande di concessione (con timbro di protocollo) formulate dai privati per le aree richieste dalla Provincia, unitamente ai relativi piani di gestione (con timbro di protocollo) presentati ai sensi dell’art. 6 comma 12 del R.D.L. 1338/36.

Con nota accompagnatoria depositata il 31/1/2011 la Regione ha adempiuto all’incombente istruttorio, depositando i fascicoli con copia autentica della domanda ed autocertificazione datata 12/12/2009, oltre a 3 Piani di gestione ed un fascicolo della Coop. La Libertà.

Con motivi aggiunti depositati il 24/3/2011 la Provincia censura gli atti già impugnati in esito alla produzione documentale della Regione e deduce i seguenti nuovi profili:

l) Illegittimità della concessione alla Cooperativa agricola La Libertà per violazione della D.G.R. 8/9275 dell’8/4/2009, ribadendo quanto già rilevato;

m) Violazione degli art. 3 e 6 della L. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento, poiché i Piani di gestione – per i quali in via principale si riafferma che non erano menzionati negli atti ab origine impugnati né risultano istruiti – sono stati presentati da soggetti diversi dai controinteressati, riguardano interventi completamente differenti da quelli assentiti ed investono aree distinte da quelle concessionate;

n) Violazione dell’art. 6 comma 3 della direttiva habitat 92/43/CEE, dell’art. 5 del D.P.R. 357/97, della direttiva 2009/14/CE, degli artt. 3 e 6 della L. 241/90, difetto di istruttoria e di motivazione, poiché nel parere espresso dall’Autorità di Bacino sul Piano di gestione n. 2 si chiedeva una valutazione delle emergenze naturalistiche e la verifica di compatibilità con il Piano di gestione della Zona di Protezione Speciale (approvato dalla Provincia il 20/12/2010), che nei fatti è mancata;

o) Violazione dell’Accordo quadro di sviluppo territoriale e delle deliberazioni di approvazione, poiché la previsione di destinare 97 ettari ad impianti misti policiclici contrasta con la possibilità di utilizzare ciclicamente parte del legno.

Gli intervenienti ad adiuvandum propongono a loro volta motivi aggiunti avverso i provvedimenti gravati.

Alla pubblica udienza del 4/5/2011 il ricorso principale ed i motivi aggiunti venivano chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

La P.D.M. si duole del silenzio serbato dalla Regione Lombardia sull’istanza di concessione di 917,30 ettari di aree golenali, da destinare all’incremento del patrimonio boschivo. Al contempo censura i provvedimenti con i quali una parte dei terreni richiesti è stata affidata in concessione ai controinteressati, in parte frontisti ed in parte soggetti privati non confinanti.

1. La ricorrente eccepisce la tardività della memoria depositata dalla Regione in data 4/4/2011, in quanto non risulta rispettato il termine di 30 giorni liberi prima dell’udienza di discussione ai sensi dell’art. 73 del Codice del processo amministrativo: siccome l’ultimo giorno utile (3/3/2011) coincideva con la domenica, l’adempimento doveva essere espletato entro e non oltre il precedente venerdì 1° aprile.

1.2 In effetti, nel calcolo "a ritroso" dei termini, l’assegnazione di un intervallo minimo prima del quale deve essere compiuta un’attività processuale comporta l’impossibilità di prorogare al primo giorno seguente non festivo il termine che scada in giorno festivo (poiché diversamente opinando si produrrebbe l’effetto di un’abbreviazione dell’intervallo): detta proroga "in avanti" opera dunque con esclusivo riguardo ai termini cd. a decorrenza successiva (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile – 4/1/2011 n. 182).

1.2 Peraltro nella fattispecie la memoria è prodotta in replica ai motivi aggiunti notificati il 25/2/2011 e il suo deposito rispetta dunque il termine previsto dall’art. 46 comma 1 del Codice per la presentazione di memorie ad opera delle parti intimate. Tale circostanza induce il Collegio ad applicare l’art. 54 (già richiamato in altra fattispecie da Consiglio di Stato, sez. V – 12/5/2011 n. 2822) il quale statuisce che la presentazione tardiva delle memorie può essere autorizzata eccezionalmente dal Collegio quando la produzione nel termine di legge risulti particolarmente difficile. La sovrapposizione di due regimi dei termini può creare incertezze su quello concretamente applicabile alla fattispecie, e pertanto si deve propendere (anche in assenza di un’apposita istanza di parte) per un’interpretazione estensiva dell’art. 54, tenuto conto che l’abbreviazione di cui si discorre è di un solo giorno (per complessivi 29 anziché 30).

2. Con riferimento al gravame principale, è infondata l’eccezione di carenza di legittimazione della ricorrente Provincia, sollevata dai controinteressati adducendo l’intervenuta abrogazione con effetto dal 25/1/2009 (ad opera del D.L. 112 del 25/6/2008 conv. in L. 133 del 6/8/2008) della legge invocata a sostegno del diritto di prelazione. La verifica dei presupposti per la sussistenza della prelazione appartiene infatti al merito della causa, ed inoltre alla corretta evocazione del dato normativo si affianca la controversa questione della priorità delle domande.

3. Nel merito, la Provincia anzitutto ricorre avverso il silenzio serbato dall’autorità regionale, la quale non avrebbe concluso il procedimento – avviato con l’istanza di concessione 2/10/2009 integrata il 12/7/2010 con il Piano di gestione delle aree – nel termine di 30 giorni stabilito dall’art. 2 della L. 241/90.

La prospettazione è parzialmente fondata.

3.1 L’amministrazione sollecitata con la domanda del 2/10/2009 ha adottato gli atti in questa sede impugnati, di concessione di aree a terzi per circa 300 ettari. Detta pronuncia espressa (in disparte la questione della sua legittimità che sarà analizzata nei punti successivi) è incompatibile con il contenuto della pretesa della Provincia ed impedisce di qualificare la condotta della Regione in termini di inerzia.

Viceversa ingiustificata è la mancata definizione del procedimento per la restante porzione di aree, di circa 600 ettari, per le quali la Provincia ha dato conto di aver trasmesso in data 12/7/2010 il progetto esecutivo ed il piano economico. La stessa difesa regionale ammette che questi ultimi sono all’esame degli uffici (per la parte non concessa ai privati), e al contempo non risultano formulate richieste di integrazioni o chiarimenti né prospettate complessità istruttorie idonee ad interrompere il decorso del termine ai sensi dell’art. 2 comma 7 della L. 241/90.

Il fatto che lo spirare dell’arco temporale utile per la chiusura del procedimento non escluda il potere dell’amministrazione di emanare l’atto conclusivo (in assenza di una previsione di perentorietà) non elide l’obbligo giuridico di provvedere sulla richiesta. E’ noto tra l’altro che tale dovere può scaturire non solo da puntuali previsioni legislative o regolamentari ma anche dalla peculiarità della fattispecie, nella quale ragioni di giustizia o equità impongano l’adozione di provvedimenti o comunque lo svolgimento di un’attività amministrativa, alla stregua dei principi posti in via generale dall’art. 97 della Costituzione (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III – 6/11/2009 n. 7048). La recente giurisprudenza ha in altri termini affermato che l’obbligo di provvedere non deve necessariamente derivare da una disposizione puntuale e specifica, ma può desumersi anche da prescrizioni di carattere generico e dai principi generali regolatori dell’azione amministrativa, e può trarre origine dal rispetto del principio di legalità, imparzialità e buon andamento (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III – 9/9/2010 n. 3686). Detta impostazione, se vale nel rapporto instaurato tra amministrazione e soggetto privato, assume identica rilevanza nelle relazioni tra Enti pubblici, che debbono essere improntate a canoni di correttezza e buona amministrazione.

3.2 Pertanto per questa parte il ricorso va accolto, con l’emissione a carico della Regione dell’ordine di provvedere sull’istanza entro 30 giorni.

La natura della statuizione in discussione – di natura discrezionale – esclude la possibilità, allo stato, di pronunciarsi sulla fondatezza dell’istanza nel merito, e tuttavia il parere favorevole adottato dalla Regione e l’assenza di altri aspiranti concessionari riducono i margini di apprezzamento in capo all’autorità titolare della potestà di decidere, salva la sussistenza di altre ragioni ostative. La nomina del Commissario ad acta viene rinviata all’ipotesi di ulteriore inottemperanza, previa semplice istanza della parte ricorrente allo spirare del termine, con oneri totalmente a carico della Regione e segnalazione della condotta alle autorità competenti.

4. Per quanto concerne il ricorso impugnatorio, l’Ente ricorrente deduce anzitutto la violazione dell’art. 10 comma 6 del R.D.L. 1338/36 novellato in quanto, dopo aver espresso parere favorevole in data 12/10/2009 sulla domanda depositata dalla Provincia (titolare del diritto di prelazione), la Regione ha inopinatamente concesso a soggetti privati una quota delle aree per circa 300 ettari; sostiene la Provincia che gli attuali concessionari (taluni dei quali non sono neppure frontisti, ossia Ghirardi Livia, Soc.tà Agricola Ballottino, Soc. Agricola La Galvana, Azienda Agricola Baluardo) non hanno titolo per l’esercizio della prelazione, che si applica a favore dell’Ente locale, né si rinvengono le ragioni dell’assegnazione ad un soggetto privato in pendenza della richiesta formulata da un Ente locale ai sensi del R.D.L. citato.

La Regione Lombardia, nella memoria di costituzione, sostiene che la domanda formulata dalla Provincia era priva dei requisiti di cui all’art. 6 comma 1 del R.D.L., mentre la posizione dei frontisti è destinata a prevalere secondo il principio della priorità delle domande, presentate tra il 2003 ed il 2008 (doc. 2bis). I controinteressati, dal canto loro, sottolineano il venir meno del fondamento normativo invocato a sostegno della prelazione e che in ogni caso la concessione è stata rilasciata ai privati in base al R.D. 25/7/1904 n. 523 per attuare interventi di ripristino e recupero ambientale in aree protette.

Detto ordine di idee non merita condivisione.

4.1 Il conflitto insorto tra aspiranti alla concessione delle aree demaniali – Ente pubblico e privati – verte anzitutto sulla priorità della domanda, ossia sul soggetto che abbia avanzato per primo un’istanza rituale, pertinente e completa. Può al riguardo osservarsi che le parti resistenti invocano l’applicazione del detto criterio della precedenza temporale per stabilire quale sia la posizione preminente e meritevole di tutela. Al contempo, tuttavia, deve essere sciolto il nodo circa l’applicabilità alla fattispecie delle previsioni di cui al R.D.L. 1338/36, e deve essere stabilito se le stesse contemplano una preferenza a favore dell’Ente locale nella procedura di assegnazione delle aree.

Il Collegio ritiene di esaminare anzitutto la questione di quale sia (o quali siano) la domanda/e regolarmente depositata/e per prima/e.

Al di là della genericità della richiesta del 2007, che la Regione ritiene priva di serietà e determinatezza, il Collegio è dell’avviso che l’istanza formulata dalla Provincia con nota di accompagnamento 2/10/2009 fosse dotata dei requisiti minimi a renderla valida.

4.2 Anzitutto va considerata la cornice di riferimento, per cui la Provincia era già incaricata dalla Regione della gestione del sito Natura 2000 Zona di protezione speciale Viadana, Portiolo, San Benedetto Po e Ostiglia per circa 7000 ettari. Aveva poi ottenuto in concessione trentennale – in virtù dei decreti regionali 27/10/2008 n. 12007 e 30/3/2009 n. 3047 (cfr. doc. 34 e 35 ricorrente) – aree demaniali per la riqualificazione ambientale e la forestazione con la messa a dimora di essenze arboree autoctone, ossia 54,6 ettari presso "Isola Rodi" (ambito fluviale del Po nei Comuni di Sustinente e Quingentole) e 87,47 ettari presso "Isola Mafalda" (Comuni di Serravalle a Po, Pieve di Coriano, Sustinente e Quingentole). Inoltre la Provincia ha riferito del finanziamento di progetti in materia accompagnati da contributi per 4.000.000 Euro.

Secondariamente l’istanza di concessione finalizzata ad attuare interventi di rinaturazione e riqualificazione ambientale è stata positivamente riscontrata dall’autorità regionale, la quale in data 12/10/2009 ha attestato l’esito favorevole dell’istruttoria, per cui si profilava il rilascio dell’atto di concessione ai sensi della L. 37/94 per tutte le aree demaniali indicate dalla Provincia, salva la produzione del progetto esecutivo (anche a stralci e in fasi diverse) accompagnato dal piano di sostenibilità economica. In quella sede dunque l’amministrazione regionale ha sostanzialmente prefigurato l’emissione di un provvedimento definitivo dal contenuto atteso dall’Ente locale, senza dare conto di conflitti con aspettative di terzi. In buona sostanza è stato lo stesso Ente resistente ad attestare la bontà e la ritualità dell’istanza, e ciò rappresenta l’elemento decisivo per qualificarla come idonea a produrre l’effetto tipico suo proprio, ossia quello di rendere rilevante la data della sua proposizione per l’applicazione della regola della priorità temporale.

Non è dunque condivisibile la posizione della difesa regionale, poiché appunto la stessa autorità competente ha dato atto – nella nota di cui si discorre – che la documentazione integrante il progetto esecutivo e il quadro economico ben poteva essere depositata in momenti successivi ed anche per stralci. Peraltro la produzione ex post degli elaborati avrebbe comunque dovuto precedere la formale emanazione del titolo abilitativo, permettendo le necessarie verifiche.

4.3 Rispetto alla richiesta avanzata dalla Provincia il 2/10/2009, le istanze richiamate nei provvedimenti di concessione impugnati sono cronologicamente posteriori, essendo state rassegnate il 12/12/2009. In proposito il richiamo testuale racchiuso nei gravati decreti del 16/9/2010 è avallato dalle istanze predisposte in quella data e protocollate il successivo 14/12/2009.

La Regione deduce che i privati avevano già presentato rituali domande di concessione tra il 2003 e il 2008, e anche i controinteressati distinguono tra le dichiarazioni sostitutive del 12/12/2009 e le istanze di concessione, risalenti a data abbondantemente anteriore.

L’esame della documentazione depositata dopo la richiesta istruttoria di questo Tribunale non consente di condividere detta impostazione.

Anzitutto, come ha messo in evidenza la Provincia nella memoria di replica, alle invocate istanze non hanno mai fatto seguito formali provvedimenti concessori: di questi ultimi non vi è traccia alcuna e non risultano richiamati dall’autorità regionale e neppure nelle stesse istanze/dichiarazioni sostitutive del 12/12/2009.

In secondo luogo, oltre a talune incongruenze con riguardo ai soggetti e alla aree di riferimento, emerge nitidamente una netta divergenza di scopo tra le domande inoltrate tra il 2003 e il 2008 e le dichiarazioni sostitutive del 12/12/2009: mentre con le seconde si intende usufruire dei beni demaniali in conformità al Progetto di rinaturazione e riqualificazione ambientale inserito nell’Accordo quadro di sviluppo territoriale (per praticare dunque la forestazione e la ricostituzione ambientale), le prime riguardano essenzialmente la coltivazione intensiva di pioppi. In proposito è opinione del Collegio che risalti in modo incontrovertibile la netta divaricazione di obiettivi tra le pur comprensibili esigenze di sfruttamento agricolo e gli obiettivi di rinaturalizzazione delle sponde fluviali. L’art. 32 del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del fiume Po (doc. 13 Provincia), in proposito, prevede che "Le aree del demanio fluviale di nuova formazione… sono destinate esclusivamente al miglioramento della componente naturale della regione fluviale…" (comma 3), mentre "Nei terreni demaniali ricadenti all’interno delle fasce A e B… il rinnovo o il rilascio di concessioni sono subordinati alla presentazione di progetti di gestione, d’iniziativa pubblica e/o privata, volti alla ricostituzione di un ambiente fluviale diversificato e alla promozione dell’interconnessione ecologica di aree naturali, nel contesto di un processo di progressivo recupero della complessità e della biodiversità della regione fluviale" (comma 4). Di seguito lo stesso comma 4 pone l’accento sulla necessità che i progetti di gestione contemplino azioni necessarie a conservare e valorizzare le emergenze naturali delle aree e prevedano valutazioni di compatibilità con il territorio e con le condizioni di rischio alluvionale.

Ebbene, dalla documentazione depositata dalla Regione con riguardo ai singoli controinteressati risulta che:

o per la Società Agricola Ballottino s.s. è allegato un testo dattiloscritto non firmato che dà conto della domanda di rinnovo della concessione demaniale, inoltrata il 5/2/2003 contestualmente alla presentazione del Piano di gestione;

o per l’Azienda agricola Baluardo di Benazzi Giuseppe e C. s.s. è presente una generica istanza di concessione di aree demaniali nel Comune di Dosolo in data 17/8/2004, senza altra precisazione;

o per Bellini Adele è depositata istanza 3/8/2004 di estensione di una concessione di terreni destinati esclusivamente alla coltivazione del pioppo;

o per Benecchi Sauro l’istanza protocollata dalla Regione il 3/2/2005 è riferita ad aree (prima appartenenti alla Coop. Aurora), destinate alla pioppicultura, rispetto alle quali la Provincia ha peraltro dedotto essere non coincidenti con quelle oggetto di gravame;

o per Bresciani Annita è prodotta istanza 22/3/2004 per l’uso agricolo di aree demaniali poste nella golena del fiume Po nel Comune di Viadana;

o per la Società agricola La Galvana S.r.l. manca qualsiasi documento, mentre la dichiarazione sostitutiva riferisce di un’istanza di rinnovo del 27/4/2003;

o per S.I.A. Srl è in atti una richiesta di rinnovo della concessione presentata il 27/11/2003 per pioppicultura;

o per Ghirardi Livia è allegata un’istanza del 5/8/2004, tesa ad ottenere l’ampliamento della concessione a pioppo per l’intera superficie di 2.45.00 ettari;

o per Gozzi Ferdinando viene unito un testo dattiloscritto non firmato che dà conto della domanda di rinnovo della concessione demaniale depositata il 24/11/2008 unitamente alla presentazione del Piano di gestione;

o per Lusuardi Celso è depositata un’istanza di ampliamento della concessione del 19/7/2004, per l’utilizzo a scopo agricolo (pioppicultura);

o per Minghetti Giuliano è presentata la sola dichiarazione sostitutiva;

o per Lucchini Basilio e Simone è allegata un’istanza di concessione per utilizzo agricolo delle aree demaniali (datata 3/8/2004), oltre alla dichiarazione sostitutiva della subentrante Civa Patrizia;

o per Sanfelici Remo è unita domanda del 16/8/2004 per un impianto di imboschimento con riqualificazione ambientale per arboricoltura da biomassa;

o per Savazzi Lia la domanda del 16/7/2004 è finalizzata ad estendere una coltivazione di pioppeto già in atto sulla superficie demaniale.

In disparte la non perfetta coincidenza di soggetti ed aree, della quale si è già accennato, è evidente che tutte le istanze invocate dalla parti resistenti hanno per oggetto una destinazione agricola, e prevedono lo sfruttamento della pioppicultura o di biomasse: esse pertanto non soltanto non sono sfociate in alcun provvedimento concessorio espresso ma sono orientate al raggiungimento di scopi ben differenti rispetto a quelli dichiarati nelle domande depositate presso la Regione Lombardia in data 12/12/2009. Con riguardo a queste ultime, peraltro, è il caso di accennare al fatto che l’utilizzo di uno stesso numero di protocollo per una pluralità di dichiarazioni viola l’art. 53 del D.P.R. 554/2000, che descrive le modalità di registrazione di "ogni documento ricevuto o spedito dalle pubbliche amministrazioni", per cui l’assegnazione di un numero autonomo e distinto per ciascun singolo atto pervenuto all’Ente è finalizzato a garantire la correttezza e la trasparenza delle operazioni di registrazione.

5. Nella trattazione si innesta ora la censura di cui alla lett. d) dell’esposizione in fatto, con la quale parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 32 del regolamento attuativo del P.A.I. fiume Po e degli artt. 3 e 6 della L. 241/90, nonché l’eccesso di potere per ingiustizia manifesta, poichè non risulta che i privati concessionari abbiano provveduto all’elaborazione del piano di gestione. Sostiene la Provincia che il Piano suddetto non è menzionato né dai disciplinari né dalle concessioni impugnate, che l’Autorità di bacino del fiume Po non ha mai ricevuto il predetto per l’espressione del parere di cui all’articolo 32 (salvo che per la Coop. Agricola La libertà), e che la copia dei progetti esecutivi era stata inutilmente richiesta dalla Provincia il 31/8/2010. Aggiunge il profilo della disparità di trattamento, poiché la Provincia doveva produrre immediatamente il progetto esecutivo mentre i privati potevano provvedere appena prima dell’avvio dei lavori (art. 2 disciplinare).

L’argomentazione appare persuasiva alla luce dei Piani depositati in giudizio, elaborati nel 2002, nel 2005 e nel 2008, ed accompagnati dai pareri dell’Autorità di bacino.

5.1 Il Piano di gestione riguardante terreni localizzati a Borgoforte, Motteggiana, Suzzara, Marcaria, Viadana è stato predisposto il 16/12/2002 per Società Bocca di Ganda, Carra, SIA Srl, Coop Aurora, Rosa, Boccalari, Migliorini, Turchetti, Cittadini, Lusetti, Fornasari, Giano Spa: nell’allegato parere espresso in data 10/7/2003, l’Autorità di bacino del fiume Po evidenzia che le richieste di concessione (tenuto conto delle integrazioni progettuali richieste e poi esibite) sono rivolte sostanzialmente all’attività di pioppicultura (145 ettari su 276). Tra l’altro si può notare che il parere è parzialmente sfavorevole per alcune aree (cfr. pag. 4 ove si sottolinea che il pioppeto verrebbe impiantato in zone attualmente interessate da vegetazione spontanea multiforme… ed in quanto non si tiene conto della rilevanza ambientale nell’area corrispondente alla foce del fiume Oglio in Po"), e ciò conferma la (potenziale) incompatibilità o comunque la divergenza tra scopo di sfruttamento produttivo e obiettivi di rinaturalizzazione.

Il Piano di gestione concernente aree site in Dosolo, Marcaria, Borgoforte, Motteggiana è stato redatto per i soggetti Lusuardi, Furlotti, Gardinazzi, Sanfelici Remo, Daolio; Bozzolini, Bellini Adele, Barilli, Eredi Fava, Monari e Ghirardi, Nizzoli, Gozzi, Rondelli, Saccani, Benazzi, Consorzio forestale legno ambiente. Le aree demaniali coinvolte si estendono per 372 ettari, di cui 275 a gestione produttiva (cfr. punto 5.1 del progetto – pagina 6) in particolare con la coltivazione di pioppi, mentre una parte molto ridotta è destinata a forestazione permanente. Nel proprio parere favorevole del 14/10/2009 l’Autorità di bacino mette in evidenza il delicato equilibrio tra l’attività di sfruttamento e le specie di interesse naturalistico esistenti, con la necessità di preservare le emergenze e di verificare la compatibilità con la deliberazione della Giunta provinciale n. 130/2009 sugli interventi di interesse pubblico di forestazione e riqualificazione.

Il Piano di gestione comprendente terreni golenali nei Comuni di Pomponesco, Viadana e Dosolo è stato elaborato per il Sigg.ri Spigardi, Lucchini Maria, Az. Agr. Lucchini Basilio, Az. Agr. Poli Giovanni, Az. Martelli, az. Lodi Rizzini, Cipriani, Az. Bozzolini, Az. Lodi Rizzini, Fava, Brazzi e Contini, Coop. agr. Il progresso. Premesso che per dette aree i richiedenti non coincidono con gli odierni controinteressati e che la Provincia ha anche rilevato la non coincidenza delle aree con quelle per le quali ha sottoposto l’istanza di concessione, anche detto Piano prefigura in prevalenza interventi di sfruttamento mediante la realizzazione di impianti per pioppicultura (105 ettari) e soltanto 45 ettari per il ripristino naturaliforme (cfr. parere Autorità di bacino 9/1/2006).

Anche il fascicolo della Coop. La Liberta dà conto di una richiesta di rinnovo di concessione per pioppicultura (105 ettari su 151 – si veda parere Autorità di bacino del 19/5/2003).

5.2 E’ in quest’ottica inaccettabile la dichiarazione rassegnata dai controinteressati (cfr. doc. 5 e 6) e rivolta alla Regione Lombardia nell’ambito del procedimento di rilascio delle concessioni demaniali: con essa i tecnici incaricati attestano che le aree demaniali "non sono state richieste a scopo pioppicultura bensì al fine della realizzazione di boschi permanenti e della gestione ambientale conservativa", richiamando a tal fine i tre pareri dell’Autorità di bacino appena commentati.

Il Collegio non può altresì esimersi dall’osservare che detti documenti, non ritualmente protocollati, sono privi di effetti giuridici in difetto della dimostrazione della regolare ricezione in Regione a tale data; in ogni caso nel merito i Piani di gestione investono interventi di tipo produttivo e la nuova prospettiva delineata avrebbe dovuto essere supportata da nuovi Piani o da un aggiornamento sostanziale di quelli esistenti. Parallelamente l’Autorità di bacino ha esercitato la propria potestà consultiva su interventi (taluni piuttosto datati) che non collimano con i nuovi obiettivi dichiarati. Né a detta lacuna può sopperire la previsione di cui all’art. 2 dei disciplinari, la quale nella parte finale prevede per il concessionario l’obbligo di produrre il progetto esecutivo di rinaturazione e riqualificazione ambientale soltanto "prima dell’avvio dei lavori", poiché è evidente che l’esistenza di un completo Piano di gestione, dotato degli elaborati progettuali, deve precedere (e non seguire) il rilascio del titolo abilitativo, a garanzia della serietà e dell’affidabilità della domanda presentata. E’ appena il caso di osservare che il parere regionale 12/10/2009 racchiude l’invito alla Provincia a produrre il progetto esecutivo quale condizione per l’emissione del provvedimento concessorio finale.

In conclusione le istanze dei privati formulate anteriormente alla domanda della Provincia non erano assolutamente in sintonia con i nuovi obiettivi dichiaratamente perseguiti (rinaturalizzazione e rimboschimento) e sono a tutt’oggi prive del necessario pertinente supporto documentale.

E’ pertanto meritevole di apprezzamento la pretesa di parte ricorrente a veder riconosciuta la priorità della propria domanda.

6. A questo punto il Collegio ritiene altresì necessario, a fini di completezza, prendere posizione sulla controversa applicabilità alla fattispecie del R.D.L. 1338/36.

6.1 Si premette anzitutto che non può essere messa in discussione la previsione di un diritto di prelazione a favore dell’amministrazione provinciale. L’art. 6 comma 1 dispone che "I proprietari, gli enfiteuti o gli usufruttuari rivieraschi di corsi d’acqua pubblica hanno, ciascuno per le pertinenze idrauliche demaniali fronteggianti i propri fondi, il diritto di prelazione nelle future concessioni delle dette pertinenze a scopo di piantagioni di pioppi o di altre essenze arboree per una superficie non superiore ad ettari diciotto". Il successivo comma 10 statuisce che "Il diritto di prelazione non spetta altresì ai frontisti per i terreni che vengono richiesti in concessione all’Amministrazione delle finanze dai comuni, dai consorzi di comuni, dalle provincie, dalle regioni o dalle comunità montane, allo scopo di destinarli a riserve naturali o di realizzarvi parchi territoriali fluviali o lacuali o, comunque, interventi di recupero, di valorizzazione o di tutela ambientale".

Ciò evidentemente significa che sui frontisti, già titolari della prelazione, prevale la posizione delle amministrazioni enumerate dalla norma qualora si propongano di realizzare sulle medesime aree riserve, parchi o comunque interventi di tutela ambientale. Anche la giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 14/10/2005 n. 3796) ha affermato il carattere recessivo dell’interesse (privato) dei proprietari frontisti, rispetto all’interesse pubblico di cui sono attributari gli Enti pubblici elencati nella norma citata, in una fattispecie dove in aggiunta si è osservato come il provvedimento impugnato fosse "supportato dall’ulteriore motivazione concernente la preminenza degli interessi pubblici di tipo naturalistico ed ambientale rispetto a quelli privati, sottesi all’istanza di concessione dell’area di cui trattasi a fini di pioppicoltura".

Ritiene il Collegio che la fattispecie delineata integri una prelazione rinforzata, una sorta di "superpreferenza" in ragione dei valori perseguiti ritenuti preminenti, mentre non convince la tesi di una mera deroga alla prelazione dei frontisti, che tra l’altro provocherebbe l’irragionevole conseguenza di non salvaguardare la posizione degli Enti pubblici nei confronti dei privati non frontisti. In questa prospettiva, dunque, la situazione giuridica di cui è titolare l’amministrazione beneficiaria si sostanzia nella preferenza ad essa accordata con l’effetto:

o di inibire il rilascio della concessione a terzi (ovvero il raggiungimento di un accordo) prima che il diritto sia stato esercitato;

o di impedire l’efficacia dell’intesa per essere stato ignorato l’esercizio positivo di tale diritto, la cui esistenza prescinde sia dalle modalità con le quali il bene viene assegnato sia dall’esito di eventuali "trattative" (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 23/9/2005 n. 5045).

Ciò significa che il criterio della priorità temporale della domanda è sostituito da quello della prelazione, e che l’eventuale istanza dei privati pervenuta per prima non può andare a buon fine se l’Ente titolare della preferenza non sia stato messo nelle condizioni di esercitarla, ossia non sia stato notiziato (entro un termine congruo) della domanda e della necessità di esprimersi sulla facoltà accordata dalla legge.

6.2 I controinteressati hanno correttamente dato conto dell’avvenuta abrogazione del R.D.L. 1338/36, il quale era già stato espunto dall’ordinamento fin dalla data di proposizione dell’istanza da parte della Provincia. Questo Collegio tuttavia ritiene che le regole introdotte dall’art. 8 della L. 37/94 siano state fatte proprie dall’amministrazione regionale, la quale ha scelto di continuare ad applicarle. Ciò si desume non soltanto dal parere favorevole del 12/10/2009, che annuncia il futuro rilascio della concessione ai sensi del disposto normativo in questione, ma anche dalla deliberazione della Giunta regionale 8/9275 dell’8/4/2009 avente per oggetto determinazioni relative alle misure di conservazione per la tutela delle Zone di Protezione Speciale Lombarde (doc. 5bis della Provincia): al punto 4 del dispositivo si statuisce che "per le finalità della presente deliberazione ed ai sensi della L. 37/1994, i competenti uffici della giunta provvedono ad informare circa le concessioni demaniali in scadenza, con comunicazione scritta un anno prima del termine della scadenza, gli enti gestori di aree protette e di Siti Natura 2000…", tra i quali rientra incontestatamente la P.D.M. che gestisce il sito di Viadana, Portiolo, San Benedetto Po e Ostiglia.

Il provvedimento utilizza la tecnica del rinvio statico o recettizio, con una sorta di incorporazione della disposizione oggetto del rinvio in quella rinviante, mentre le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso. Detta natura del rinvio può essere individuata alla luce della ratio della norma rinviante, che è chiaramente quella di attribuire una preferenza degli Enti pubblici portatori di interessi di salvaguardia ambientale, mentre non appare configurabile un mero rinvio alla fonte (ossia del tipo cd. dinamico) proprio in ragione della finalità sottesa alla deliberazione, che richiama testualmente nelle premesse il progetto di rinaturazione e riqualificazione ambientale delle fasce fluviali del fiume Po redatto dall’Autorità di bacino, e nel dispositivo prevede un ampio termine (1 anno dalla scadenza) per l’esercizio della prelazione. Ciò significa che la norma intende perpetuare la tutela del diritto sancito dall’art. 6 comma 10 del R.D.L. 1338/36.

Pertanto la Provincia vantava il diritto di prelazione in virtù di una precisa autolimitazione dell’autorità concedente, e non a caso la difesa regionale – nella propria articolata memoria di costituzione – non fa alcun cenno all’intervenuta soppressione delle disposizioni di cui al citato R.D.L.

7. In questo contesto non risultano meritevoli di apprezzamento le seguenti deduzioni dei controinteressati:

I) il richiamo al R.D. 25/7/1904 n. 523 quale supporto normativo a giustificazione della concessione rilasciata ai privati, poiché da un lato lo stesso si riferisce essenzialmente alle opere idrauliche indispensabili ad assicurare il corretto deflusso dei corsi d’acqua ma in ogni caso decisivo è l’autovincolo dell’amministrazione regionale, che si è determinata a mantenere la prelazione a favore degli Enti pubblici;

II) l’impegno ad assicurare la conformità all’Accordo quadro di sviluppo territoriale (AQST) – racchiuso in ciascuna istanza di concessione dei privati – poiché come già sottolineato le domande sono in ogni caso posteriori, incomplete, divergenti negli obiettivi rispetto a quelle precedenti e recessive rispetto alla posizione dell’amministrazione titolare del diritto di prelazione; in quest’ottica è irrilevante esprimersi sul valore giuridico di un impegno assunto prima che l’accordo fosse recepito in atti formali delle amministrazioni coinvolte ossia Regione (approvazione con D.G.R. 8/2/2010 n. 11131), Provincia (D.G.C. 23/12/2009 n. 216) e Comune di Mantova (atto 29/12/2009 n. 258);

III) il fatto che anche la Regione vanti un diritto di prelazione sulle risorse idriche fluviali, che non ha mai dichiarato di voler esercitare.

In conclusione entrambi i motivi esaminati sono fondati e debbono essere accolti.

8. Data la completezza della trattazione precedente il Collegio può esimersi dall’affrontare la censura afferente all’omessa comunicazione alla ricorrente delle domande dei privati, delle quali sarebbe venuta a conoscenza (in modo del tutto casuale) ad avvenuta stipulazione dei disciplinari. E’ tuttavia il caso di sottolineare la non perfetta linearità di condotta della Regione, che non ha tempestivamente messo a disposizione della Provincia la documentazione richiesta ed è stata all’uopo necessaria un’ordinanza di questo Tribunale, quando tra l’altro era già stato instaurato un giudizio per l’accesso agli atti. In secondo luogo la Provincia ha sollevato un profilo di contraddittorietà, ossia il riconoscimento di un finanziamento regionale di Euro 840.000 alla Provincia e al Parco del Mincio per un progetto di intervento (diretto al potenziamento della connettività ecologica dei corridoi fluviali – doc. 12 Provincia) che la ricorrente riferisce investire un’area del Comune di Dosolo (Fg. 15 mapp. 1 e 2; Fg. 6 n.c.; Fg. 6 mapp. 37) assegnata parzialmente alla Sig.ra Savazzi Lia (cfr. suo disciplinare).

9. L’accoglimento delle suddette doglianze consente di soprassedere sull’esame delle ulteriori censure, sollevate in via principale ma logicamente subordinate.

9.1 A soli fini di completezza, osserva il Collegio che sussiste la lamentata violazione dell’art. dell’art. 49 comma 1 lett. E del regolamento regionale 5/2007, poiché la densità di impianto prevista nei disciplinari (900 piante per ettaro) è inferiore a quella minima stabilita per la realizzazione dei rimboschimenti in 1300 piante per ettaro. Detta circostanza peraltro non è contestata dalla difesa regionale, mentre la riduzione invocata dai controinteressati – prevista per ambiti territoriali particolari quando esistano norme o prescrizioni che impongono densità meno elevate – non può trovare applicazione in modo automatico, ma esige una motivazione che dia conto di speciali disposizioni dettate per una determinata zona. Non vi è traccia di norme peculiari per le aree di cui si controverte, neppure nell’Accordo quadro richiamato (cfr. pag. 16), in disparte la questione della perplessità (e della conseguente mancata adesione) della Provincia a tale allegato dell’Accordo medesimo.

9.2 E’ violato anche l’art. 6 u.c. del R.D.L. 1338/36 – applicabile in virtù del rinvio recettizio di cui si è dato conto al punto 6 – il quale prevede che gli interventi devono essere realizzati entro tre anni dal rilascio della concessione a pena di decadenza, mentre tutti disciplinari prevedono la decadenza in caso di mancato avvio delle opere entro tre anni. La disposizione invocata non limita detto obbligo agli Enti pubblici.

10. La fondatezza del ricorso principale si riflette sui motivi aggiunti proposti dalla Provincia, ed in particolare sul secondo, afferente alla violazione degli art. 3 e 6 della L. 241/90 e all’eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento, poiché i Piani di gestione sono stati presentati da soggetti diversi dai controinteressati, riguardano interventi completamente differenti da quelli assentiti ed investono aree distinte da quelle concessionate: il profilo deve essere accolto in virtù di quanto già esposto. I rimanenti motivi possono viceversa essere assorbiti.

11. Il Collegio può anche esimersi dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dagli interventori, sostanzialmente già esaminati nel ricorso introduttivo proposto dall’amministrazione provinciale.

12. A questo punto deve essere presa in considerazione l’istanza risarcitoria, comprendente il danno patrimoniale e il danno all’immagine.

La ricorrente sotto il primo profilo rileva che:

– il 15/10/2010 è scaduto il termine per la partecipazione ad un bando per misure forestali, cui la Provincia aveva già deliberato di partecipare con deliberazione giuntale 9/9/2010 n. 122, per le somme di 100.000 Euro (misura 8 C1) e 30.000 Euro (misura 8 F2); nella memoria finale precisa che in base ai criteri di assegnazione avrebbe ottenuto il massimo punteggio sia quale persona giuridica di diritto pubblico sia perché gli interventi sarebbero realizzati in siti della Rete Natura 2000;

– sono pressoché scaduti i bandi regionali per aiuti agli imboschimenti (misure 221 e 223, rispettivamente per imboschimento di terreni agricoli e non agricoli) con scadenza 31/1/2011 e 31/5/2011;

– il finanziamento di 840.000 Euro del quale si è dato conto è accompagnato dall’obbligo di iniziare i lavori entro 120 giorni dall’approvazione del progetto definitivo, ed è difficile il rispetto del predetto termine.

Quanto al pregiudizio all’immagine, riferisce l’amministrazione che il progetto di rimboschimento di 1000 ettari di territorio ha trovato risalto sulla stampa locale e nazionale (cfr. articolo su Repubblica 19/1/2010), ha ricevuto il plauso di associazioni ambientaliste come il WWF e ha ottenuto premi illustri. Pertanto l’omessa realizzazione del progetto provoca un discredito suscettibile di riparazione pecuniaria.

12.1 Il secondo profilo dedotto non merita apprezzamento per difetto di prova. Non è stato fornito un benché minimo riscontro oggettivo del danno sofferto per la mancata tempestiva attuazione del progetto, mentre al contrario l’esistenza di un contenzioso sull’assegnazione delle aree rende noti i motivi del ritardo, senza che la vicenda leda ex se l’immagine dell’Ente locale, peraltro come già detto priva di supporti probatori.

12.2 A diversa conclusione si deve pervenire per quanto riguarda il primo profilo.

L’illegittimo esercizio della potestà amministrativa da parte della Regione – concretizzatosi con l’adozione degli atti impugnati – ha leso in capo alla Provincia una posizione sostanziale giuridicamente tutelata dall’ordinamento. L’Ente locale infatti, in virtù della domanda cronologicamente anteriore e del recepimento della previsione del R.D.L. 1338/36 che le accordava il diritto di prelazione, doveva essere (salvo sopravvenuti elementi ostativi) la naturale beneficiaria del provvedimento concessorio relativo alle aree richieste con la domanda del 2/10/2009. Come tale avrebbe potuto accedere ai finanziamenti regionali messi a disposizione in materia.

Nella fattispecie è senz’altro ravvisabile una condotta colposa in capo all’amministrazione regionale.

A prescindere dalla possibilità di estendere alla materia oggetto della presente controversia l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia (sez. III – 30/9/2010 causa C314/2009) in materia di appalti pubblici – avversata da T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 31/3/2001 n. 858 e viceversa riconosciuta da T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II – 26/1/2011 n. 146 – l’adesione alla cd. teoria delle presunzioni nell’ambito della responsabilità extracontrattuale non incide sul risultato finale, e comporta l’affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo.

Infatti in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile per contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, per la complessità del fatto ovvero per l’influenza di altri soggetti (cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. V – 13/4/2010 n. 2029).

Acclarata l’inosservanza sia del canone di priorità che delle regole della prelazione, la gravità della violazione è accentuata dallo stesso parere favorevole in data 12/10/2009 più volte richiamato, mentre non sono ravvisabili in proposito contrasti giurisprudenziali; inoltre la fattispecie non presentava un particolare livello di complessità, alla luce degli elementi di fatto e di diritto già diffusamente sviluppati (cfr. punti 4, 5, 6 e 7).

A questo punto il Collegio deve però rilevare che, in presenza di interessi pretensivi, il giudizio sul danno da provvedimento illegittimo si atteggia a giudizio di spettanza, per cui il giudice amministrativo deve verificare se – nell’ipotesi in cui l’amministrazione avesse rispettato la legge – il danneggiato avrebbe conseguito l’utilità sostanziale posta nella disponibilità del potere pubblico. Ciò è particolarmente vero nell’ambito dei provvedimenti concessori, connotati da un’ampia discrezionalità amministrativa, che nella specie tuttavia è stata fortemente limitata dalle decisioni dell’autorità regionale (perpetuazione della prelazione, parere favorevole del 12/10/2009). Circa l’omessa partecipazione ai bandi per l’erogazione di contributi economici, l’amministrazione provinciale ha indicato concreti elementi per avvalorare un possibile conseguimento anche parziale: il danno consiste dunque nel non aver potuto concorrere all’accesso al finanziamento e collocarsi in utile posizione di graduatoria, ovvero nel non aver potuto soddisfare le condizioni sottese all’erogazione del contributo (già riconosciuto) di 840.000 Euro.

I controinteressati evidenziano l’assenza di un sufficiente grado di probabilità del conseguimento dei fondi.

12.3 Il Tribunale ritiene in questo contesto opportuno, ai sensi dell’art. 34 comma 4 del Codice del processo amministrativo, stabilire i criteri generali per la determinazione del danno, e per questo la Regione dovrà:

– riattivare il procedimento per le aree già illegittimamente assegnate ai controinteressati e concluderlo nel termine di 30 giorni con l’emissione del provvedimento finale;

– in caso di esito favorevole alla P.D.M., dovrà permettere a quest’ultima – nei successivi 45 giorni – di presentare la domanda per i finanziamenti previsti dai bandi il cui termine è già scaduto, ossia per le misure 8 C1, 8 F2, 221 e 223;

– la domanda dovrà essere esaminata, con assegnazione del pertinente punteggio e riformulazione "virtuale" della graduatoria, nei successivi 20 giorni;

– qualora la Provincia si collochi in posizioni utili per l’ammissione al contributo, dovrà essere riconosciuto (entro ulteriori 20 giorni) un danno corrispondente all’ammontare del contributo spettante;

– per quanto riguarda il contributo di 840.000 Euro la Regione dovrà disporre una proroga congrua per la presentazione degli elaborati progettuali.

Nell’ambito di tali criteri generali, sugli atti da adottare e in generale sulle misure ivi contemplate le parti potranno comunque concludere un accordo formale.

12.4 Qualora la Regione non adotti atti formali conformi ai delineati criteri, o comunque non raggiunga alcun accordo con la Provincia, decorsi inutilmente i termini sopra indicati la ricorrente potrà chiedere alla Sezione l’esecuzione della presente decisione e la conseguente adozione delle misure necessarie; in quella sede il Tribunale si riserva di nominare un Commissario ad acta.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione seconda di Brescia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

– accoglie il ricorso contro il silenzio ed ordina all’amministrazione regionale di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, secondo le modalità indicate in motivazione;

– accoglie il gravame impugnatorio introduttivo ed i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;

– condanna la Regione Lombardia al risarcimento del danno patito dalla P.D.M., con i criteri e le modalità stabilite in motivazione.

Condanna l’amministrazione regionale e i controinteressati a corrispondere alla Provincia, in solido tra loro, la somma di Euro 6.000 a titolo di competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Condanna l’amministrazione regionale e i controinteressati a corrispondere al Consorzio interveniente, in solido tra loro, la somma di Euro 4.000 a titolo di competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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