Cass. pen., sez. I 08-07-2008 (01-07-2008), n. 27811 Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza – Incompatibilità con il divieto d’espatrio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Il Tribunale del riesame di Lecce confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Brindisi nei confronti di P.F. in relazione al reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2. Osservava che l’indagato era stato sorpreso in ora notturna in compagnia di pregiudicati e che la misura della custodia in carcere era l’unica idonea ad impedire altri reati dello stesso genere visto che aveva dimostrato di non voler ottemperare alle regole della sorveglianza speciale ed era gravato da numerosi e gravi precedenti.
Preliminarmente osservava che non sussisteva alcuna incompatibilità tra l’esecuzione della misura di prevenzione iniziata in data 21/12/2007 e la circostanza che all’indagato fosse ancora applicata la misura cautelare del divieto di espatrio e che, pertanto, le due misure potevano coesistere; la L. n. 1423 del 1956, art. 12 prevedeva l’obbligatoria sospensione della misura di prevenzione solo nel caso di applicazione della misura della custodia in carcere, mentre per le altre la incompatibilità andava verificata caso per caso e nel caso del divieto di espatrio non ne sussisteva alcuna. Inoltre, poichè la misura del divieto di espatrio aveva perso efficacia in data 17/2/2008, in data 8/3/2008 la misura di prevenzione era pienamente operativa.
I gravi indizi di colpevolezza consistevano negli accertamenti di P.G. che avevano visto l’indagato intrattenersi con due individui che poi venivano identificati per due pregiudicati, con violazione dell’obbligo di rientro nell’abitazione per venti minuti; dalle dichiarazioni dello stesso indagato emergeva il non rispetto del limite delle ore 18,00.
La sussistenza dell’esigenza cautelare del concreto pericolo di reiterazione di condotte simili era dimostrata dalla inaffidabilità dimostrata dal prevenuto, dalla gravità dei precedenti penali per reati associativi e dalla pendenza di procedimenti per tali reati, dalla volontà di sottrarsi ai controlli e dalla inidoneità di altre misure minori a garantire la prevenzione dai reati.
Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato e deduceva:
– violazione della L. n. 1423 del 1956, artt. 11 e 12 in quanto i rapporti di compatibilità tra le misure di prevenzione e le misure cautelari sono regolati dalla legge, ma solo nel caso in cui si tratti di un reato commesso durante lo svolgimento della misura di prevenzione, mentre nel caso di un reato commesso in precedenza la giurisprudenza è orientata nel senso che la misura di prevenzione può essere applicata, ma l’esecuzione debba essere differita al momento;
– dell’estinzione della misura cautelare; nel caso di specie la misura di prevenzione era stata applicata nel 2005, mentre nel 2007 ne era iniziata l’esecuzione e non era vero che la misura del divieto di espatrio fosse cessata il 17/2/2008;
– illogicità della motivazione sui gravi indizi e sulle esigenze cautelari in quanto il giudizio di prognosi negativa non poteva fondarsi sui carichi pendenti dato che il giudice di merito aveva revocato gli obblighi; quanto ai precedenti penali erano riferiti a reati commessi nel passato e per i quali aveva già scontato la pena;
il dolo richiesto dal reato contestato non sussisteva in quanto l’indagato si era limitato a scambiare un saluto con conoscenti al momento di rientrare nell’abitazione all’orario prestabilito.
La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che non esiste una incompatibilità assoluta tra la misura di prevenzione e le misure cautelari, ma che bisogna verificare caso per caso e, ad esempio, la ha esclusa nel caso dell’obbligo di dimora (Sez. 1^ 29 novembre 1999 n. 6582, rv. 215222).
La giurisprudenza, citata nel primo motivo di ricorso, si riferisce esclusivamente all’intervento di una misura di custodia cautelare in carcere per reato commesso antecedentemente, sopravvenuta mentre è in corso di esecuzione la misura di prevenzione e stabilisce l’interruzione della seconda per tutta la durata della prima, ma non è applicabile anche a misure diverse da quelle detentive, qualora con esse non si ravvisi alcuna incompatibilità.
Pertanto, nel caso di specie, trattandosi di divieto di espatrio non sussiste alcuna incompatibilità con la misura della sorveglianza speciale che non doveva essere sospesa.
In relazione agli altri motivi di ricorso deve rilevarsi che essi appaiono volti ad effettuare una diversa valutazione dei fatti dai quali sono stati tratti i gravi indizi, costituiti sia dagli accertamenti di P.G. che dalle dichiarazioni dell’indagato, e non sono deducibili in sede di legittimità. Parimenti, in relazione alle esigenze cautelari, l’ordinanza appare congruamente motivata sulla evidente prova dell’insofferenza da parte del proposto ad ogni regola di controllo con il conseguente concreto pericolo di una reiterazione del medesimo reato.
Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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