Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-04-2011) 10-06-2011, n. 23396

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 30/06/2010, la Corte di Appello di Messina, pur rideterminando la pena, confermava la sentenza pronunciata in data 16/11/2009 dal g.u.p. del Tribunale della medesima città con la quale M.F. e MO.Ro. erano stati ritenuti responsabili del delitto di rapina impropria ai danni di P.T.. p.2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati (il Mo. a mezzo del proprio difensore, il M. in proprio), hanno proposto ricorso per cassazione. p.2.1. MO. ha dedotto i seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 350 c.p.p. per avere la Corte territoriale ritenuto che fossero utilizzabili le dichiarazioni spontanee rese dal coimputato M. in assenza del difensore;

2. violazione dell’art. 116 c.p. per non avere la Corte applicato la suddetta norma non avendo considerato che esso ricorrente non poteva essere ritenuto responsabile del comportamento tenuto dal M. che, nel tentativo di dissuadere uno dei proprietari, gli aveva tirato addosso un oggetto di bronzo;

3. motivazione CARENTE per non avere la Corte motivato in ordine alla richiesta concessione delle attenuanti generiche. p.2.1. M. ha dedotto i seguenti motivi:

1. VIOLAZIONE dell’art. 628 c.p. per avere la Corte erroneamente ritenuto che il fatto addebitato fosse qualificabile come rapina impropria e non come furto in abitazione ex art. 624 bis c.p..

2. VIOLAZIONE DELL’art. 62 bis c.p. per avere la Corte territoriale immotivatamente negato la concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

p.3. MO.. p.3.1. VIOLAZIONE dell’art. 350 c.p.p.: la censura, al di là della sua fondatezza o meno, è irrilevante atteso che la prova che il ricorrente fosse uno dei due rapinatori è stata desunta dalla Corte territoriale anche e soprattutto dal riconoscimento effettuato senza ombra di dubbio dal fratello della parte offesa che, avendo inseguito i due rapinatori e riuscendo anche a fermare il M., aveva potuto vedere perfettamente anche l’altro rapinatore il quale, sentendosi inseguito, si era girato più volte. p.3.2. VIOLAZIONE DELL’art. 116 c.p.: il fatto per cui è processo è relativo ad un furto in appartamento tramutatosi in rapina impropria perchè, una volta scopertosi, i due ricorrenti si dettero alla fuga ed il M., per ostacolare l’intervento della parte offesa, le lanciò contro un oggetto di bronzo.

Il Mo. sostiene, quindi, che egli non poteva rispondere dell’azione del M..

Sennonchè, correttamente la Corte territoriale, applicando anche la giurisprudenza di questa Corte, ha ineccepibilmente escluso l’invocata attenuante sull’ovvio rilievo che "stante le circostanze e modalità dell’azione, il ricorso alla violenza o minaccia contro chi avrebbe potuto sorprenderli … è evento non solo astrattamente prevedibile dai correi, ma in concreto previsto ed accettato come rischio secondo i canoni del dolo eventuale". p.3.3. motivazione carente: la doglianza è manifestamente infondata per la semplice ragione che, sul punto, l’imputato, non propose alcun motivo di appello. Correttamente, quindi, la Corte non motivò sulla concedibilità o meno delle attenuanti generiche che neppure l’imputato aveva richiesto. La Corte, invece, ha motivato sul trattamento sanzionatorio (eccessività della pena) dedotto con il motivo n. 4 dei motivi di appello. p.4. M.. p.4.1. VIOLAZIONE dell’art. 628 c.p.: la censura è manifestamente infondata. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto in modo assiomatico dal ricorrente, la Corte ha ampiamente motivato in ordine al fatto che i ricorrenti, sorpresi dalla proprietaria "per spaventarla e scoraggiarne l’inseguimento, sì da guadagnare la fuga e mantenere il bottino, le hanno lanciato contro il crest recuperato dalla Polizia": tanto basta per ritenere la configurabilità della contestata rapina sussistendone tutti gli elementi sia sotto il profilo materiale che psicologico. p. 4.2. violazione dell’art. 62 bis c.p.: la Corte ha negato al prevenuto le attenuanti generiche "stante i numerosi predenti penali dal medesimo annoverati, anche per reati contro il patrimonio". La suddetta motivazione, avendo valorizzato un preciso elemento di segno negativo a carico del ricorrente, deve ritenersi sufficiente avendo la Corte correttamente esercitato il potere discrezionale che la legge concede al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio. p.4. In conclusione, entrambe le impugnazioni devono ritenersi inammissibili a norma dell’art. 606 c.p.p, comma 3 per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibili i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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