T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 13-06-2011, n. 1520

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società I.P. Srl presentava al Comune di Milano, in data 9.12.2004, domanda di condono edilizio, in relazione a taluni interventi effettuati sull’immobile di viale Certosa, 63.

Per effetto di un successivo atto di scissione societaria, la proprietà del bene passava alla società A.R.E. Srl.

Al termine dell’istruttoria, era rilasciato permesso di costruire in sanatoria n. 2147 del 15.10.2010, con contestuale richiesta di pagamento a saldo degli oneri concessori.

Le società esponenti contestavano la pretesa patrimoniale dell’Amministrazione sotto vari profili in diritto, proponendo il presente ricorso, con domanda di sospensiva.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano, concludendo per il rigetto dell’impugnativa.

All’udienza cautelare del 24.3.2011, la causa era rinviata per consentire la proposizione di motivi aggiunti, visto che il Comune, all’atto della costituzione in giudizio, dava atto dell’intervenuta rettifica del permesso in sanatoria di cui è causa, che da una parte era intestato alla attuale proprietaria A.R.E. Srl (cfr. doc. 10 del resistente), mentre dall’altra era ridotto l’importo dovuto a titolo di oneri concessori e costo di costruzione, fissato definitivamente in euro 81.647,02, in luogo di euro 93.258,87, richiesti originariamente (cfr. doc. 11 del resistente).

Nel ricorso per motivi aggiunti, le società ricorrenti riproponevano sostanzialmente le censure del ricorso principale.

Alla successiva udienza camerale del 9.6.2011, il Presidente dava avviso della possibilità di una sentenza in forma semplificata e la causa passava in decisione.

In via preliminare, deve affrontarsi l’eccezione circa la presunta nullità della notifica del permesso in sanatoria.

La stessa è palesemente infondata, visto che entrambe le società hanno potuto proporre rituale e tempestivo ricorso contro la pretesa comunale, sicché deve trovare applicazione la previsione di ordine generale dell’art. 156 del codice di procedura civile, per cui mai può essere pronunciata la nullità di un atto, ove lo stesso abbia raggiunto il suo scopo.

La ulteriore trattazione del presente gravame implica alcune considerazioni di ordine generale relative alla disciplina del condono edilizio di cui al decreto legge 269/2003, con particolare riguardo al momento per la determinazione degli oneri concessori.

L’art. 32, comma 34, del decreto legge 269/2003, convertito con legge 326/2003, consente alle Regioni di incrementare fino al massimo del 100 per cento gli oneri di concessione relativi alle opere abusive oggetto di sanatoria.

In Lombardia, la legge regionale 31/2004, all’art. 4 comma 1, attribuiva ai Comuni il potere di aumentare gli oneri di urbanizzazione relativi alle opere abusive riconducibili alle tipologie di illecito numeri 1, 2 e 3, di cui all’allegato 1 al d.l. 269/2003, rispettivamente, fino al massimo del 50, 30 e 20 per cento, mediante apposita deliberazione da adottarsi entro il termine perentorio di trenta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale 31/2004 (6 novembre 2004).

Il Comune di Milano si è avvalso della facoltà di cui al citato art. 4, comma 1, mediante deliberazione della Giunta comunale n. 2644 del 16.11.2004.

Si pone – di conseguenza – il problema della corretta applicazione della stessa, vale a dire della determinazione degli oneri di urbanizzazione ai quali applicare l’aumento massimo del 50 per cento previsto dalla delibera medesima.

Sul punto, occorre premettere che la legge regionale 31/2004, all’art. 4 comma 6, prevede che gli oneri di urbanizzazione e il contributo sul costo di costruzione dovuti ai fini della sanatoria, sono determinati applicando le tariffe vigenti "all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria".

Il Comune di Milano ha interpretato la norma nel senso che l’incremento di cui alla delibera 2644/2004 debba calcolarsi sulle tariffe effettivamente vigenti al momento del rilascio del titolo in sanatoria, sicché la tariffabase, sulla quale calcolare gli aumenti per le opere abusive, deve necessariamente tenere conto degli adeguamenti periodici degli oneri di urbanizzazione, decisi dai Comuni in virtù delle generali previsioni dell’art. 16 comma 6 del DPR 380/2001 e della legge regionale 12/2005.

Il Comune di Milano ha disposto tali adeguamenti periodici mediante deliberazione consiliare n. 73 del 21.12.2007, per cui l’Amministrazione ha tenuto conto degli oneri di urbanizzazione introdotti da quest’ultima, al fine del calcolo degli aumenti di cui alla pregressa delibera di Giunta n. 2644/2004.

Diversa, invece, la posizione delle parti ricorrenti, per cui gli oneri per la sanatoria dovevano determinarsi tenendo conto delle tariffe vigenti al momento di presentazione della domanda di condono (9 dicembre 2004), quindi in base alle tariffe anteriori a quelle – maggiorate – di cui alla delibera 73/2007.

Sulla questione appare di rilevante importanza quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale, alla quale la scrivente Sezione aveva posto il problema della costituzionalità dell’art. 4, comma 6, della legge regionale 31/2004, con propria ordinanza del marzo 2009.

Con ordinanza 17 marzo 2010 n. 105 la Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, statuendo tra l’altro che:

– relativamente alle normative sul condono edilizio succedutesi nel tempo (art. 32 decretolegge n. 269 del 2003, art. 39 legge n. 724 del 1994, art. 37 legge n. 47 del 1985) non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un principio fondamentale della legislazione statale secondo cui gli oneri di concessione debbano essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria;

– il criterio delle tariffe vigenti al momento dell’entrata in vigore delle leggi di sanatoria di volta in volta promulgate dal legislatore statale ai fini della determinazione della misura del contributo è ben lungi dell’essere l’unica regolamentazione conforme alla Costituzione, ma rappresenta solo una delle diverse soluzioni astrattamente possibili;

– gli oneri di concessione potrebbero, in teoria, essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l’abuso è iniziato, al momento in cui l’immobile abusivo è completato, al momento dell’entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell’entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria;

– la materia è necessariamente riservata, per la pluralità delle soluzioni possibili, alla discrezionalità del legislatore;

– in tale contesto di pluralità di soluzioni, la scelta del legislatore regionale di privilegiare l’interesse pubblico all’adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere rispetto a quello, ad esso antitetico, del cittadino alla sua piena previsione dei costi al momento della formazione del consenso – ugualmente meritevole di protezione – sembra il frutto di una scelta discrezionale implicante un bilanciamento di interessi che può solo essere effettuato dal legislatore.

Ritiene il Collegio che le statuizioni della Corte esauriscano tutti i profili sostanziali di censura dedotti a sostegno della eccezione di incostituzionalità della norma regionale. Il rilievo della Corte circa l’omessa indicazione, da parte del giudice remittente, dell’ambito materiale di competenza legislativa statale concorrente asseritamente inciso dalla normativa regionale, appare, in tale contesto, del tutto marginale, e pertanto non idoneo a giustificare un ulteriore rinvio alla Corte al fine di precisare che l’ambito inciso è – com’è ovvio – quello del "governo del territorio".

Sul punto preme ancora rilevare, per doverosa completezza espositiva, che le pronunce della Corte Costituzionale, anche se interpretative di rigetto o di inammissibilità – come nel caso di specie – pur non dando formalmente luogo ad un vincolo erga omnes (previsto dall’art. 136 della Costituzione per le sole sentenze di accoglimento), costituiscono però un autorevole precedente, soprattutto per il giudice che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, come messo più volte in evidenza dalla stessa Corte di Cassazione.

Quest’ultima, infatti, oltre ad avere escluso un proprio monopolio nell’attività di formazione del c.d. diritto vivente e nell’enunciazione di interpretazioni adeguatrici, ha espressamente riconosciuto alle pronunce della Corte Costituzionali, anche di non accoglimento, il valore di "precedente", teso ad orientare, in maniera rafforzata, l’attività interpretativa delle corti di merito (cfr. sul punto, Cassazione civile, sezioni unite, 2.12.2004, n. 22601 e Cassazione penale, sezioni unite, 31.3.2004, n. 23106).

Ciò premesso, appare legittima la pretesa dell’Amministrazione di determinare gli oneri di urbanizzazione relativi al titolo in sanatoria tenendo conto delle tariffe di cui alla delibera 73/2007, vigenti all’atto del rilascio del permesso, sulle quali calcolare l’aumento di cui alla delibera 2644/2004.

In conclusione, la tesi difensiva di diverso orientamento formulata nel gravame non può essere accolta, alla luce delle considerazioni sopra svolte in ordine al momento rilevante per la determinazione degli oneri concessori delle istanze di condono, considerazioni alle quali il Collegio si permette di rinviare e dalle quali si desume la correttezza della pretesa comunale di calcolare gli oneri concessori alla luce della delibera consiliare 73/2007.

Parimenti, devono respingersi le contestazioni contro la delibera consiliare 73/2007 e contro le due delibere di Giunta n. 2644 e n. 2493 del 2004, anche in relazione ai profili di incompetenza della Giunta sollevati nel gravame.

Sulla questione, preme altresì al Collegio richiamare i propri numerosi precedenti specifici costituiti, fra l’altro, dalle sentenze di questo TAR, sez. II, n. 833, n. 7216, n. 7217, n. 7218, n. 7219, n. 7221, n. 7222, n. 7223, n. 7224, n. 7238 e n. 7589, tutte del 2010 e n. 76 del 17.1.2011 (sulla competenza della Giunta nel caso di specie, si veda in particolare la sentenza n. 7221 del 2010).

In ordine, poi, alla presunta illegittimità costituzionale della legge regionale 31/2004 per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale, questione prospettata richiamando anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 196/2004, la stessa deve reputarsi manifestamente infondata.

L’art. 32, comma 33, della legge 326/2003, assegna alle regioni il compito di emanare "norme per la definizione del procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo in sanatoria", mentre al successivo comma 34, consente l’incremento fino al massimo del 100 per cento degli oneri di concessione, aumento da disporsi con "legge regionale".

Le norme statali succitate si limitano a rimettere alla legge regionale il potere di regolazione della materia, ma non attribuiscono in via esclusiva alla regione il potere di incrementare gli oneri, con esclusione quindi di ogni intervento da parte degli enti locali, seppure nei limiti e con le modalità fissate dalla fonte primaria regionale.

L’interpretazione propugnata nel ricorso, escludendo ogni ruolo dei comuni, finirebbe al contrario per porsi in contrasto con l’art. 118 della Costituzione, che assegna ai comuni in via ordinaria le funzioni amministrative, senza contare che neppure dalla lettura della sentenza del giudice delle leggi n. 196/2004 si traggono argomenti a favore della tesi delle esponenti. In particolare, al punto 17 dei "Motivi della decisione", la Corte si limita a richiamare le norme dell’art. 32 citato, senza però escludere la competenza dei comuni, sulla base della legge regionale ovviamente, ad incrementare gli oneri di urbanizzazione.

Devono, quindi, in parte rigettarsi il ricorso ed i motivi aggiunti.

Gli stessi meritano, invece, parziale accoglimento, laddove si denuncia la violazione, da parte degli uffici comunali, dell’art. 32, comma 40, del decreto legge 269/2003 e della connessa delibera di Giunta 2493/2004, attuativa della previsione di legge, attraverso la quale il Comune ha incrementato del 10% i diritti e gli oneri applicabili al rilascio dei titoli edilizi in sanatoria ai sensi del citato art. 32, comma 40, il quale così dispone: "Alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi diritti e oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle Amministrazioni comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie. Ai fini della istruttoria delle domande di sanatoria edilizia può essere determinato dall’Amministrazione comunale un incremento dei predetti diritti e oneri fino ad un massimo del 10 per cento da utilizzare con le modalità di cui all’articolo 2, comma 46, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario".

Come emerge dal tenore letterale della norma, l’incremento percentuale in questione è applicabile non agli oneri concessori relativi all’intervento edilizio, ma ai diritti ed oneri correlati alla istruttoria delle domande finalizzate al rilascio del titolo abilitativo; diritti ed oneri che il Comune ha facoltà di incrementare in relazione al maggior impiego di risorse (personale e mezzi) che qualsiasi sanatoria – implicante un afflusso eccezionale di istanze da istruire ed evadere in aggiunta all’attività ordinaria – notoriamente richiede.

Ora, poiché la delibera in questione (n. 2493/04) si limita a disporre l’incremento percentuale con esplicito riferimento al disposto legislativo, essa va letta in conformità alla norma di legge nell’interpretazione che sopra si è data; con la conseguenza che deve ritenersi illegittima non la deliberazione, ma l’applicazione che ne hanno fatto gli uffici comunali, secondo i quali essa autorizzerebbe un (ulteriore) incremento (non dei diritti ed oneri di istruttoria ma) degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.

Sotto tale profilo, il gravame deve accogliersi, con conseguente obbligo per il Comune di rideterminare gli oneri concessori senza l’illegittimo – per le ragioni sopra esposte – incremento del 10 per cento, provvedendo altresì al rimborso di quanto eventualmente versato in eccedenza, con interessi legali dall’avvenuto pagamento al saldo.

Le spese possono essere compensate, attesa la reciproca soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie in parte, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione e li respinge per la restante parte.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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