Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-10-2011, n. 21420

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Svolgimento del processo

Con sentenza 29.9.06 – 8.1.07 il Tribunale di Tarante rigettava la domanda di N.R. di essere reintegrato nella propria posizione organizzativa apicale di capo della 3^ area presso il Comune di Castellaneta, previa declaratoria di nullità, di inefficacia od annullamento dei provvedimenti con cui detta amministrazione lo aveva privato delle mansioni precedentemente svolte.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre per saltum il N. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Castellaneta.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 7 sul cd. giusto procedimento amministrativo, da ritenersi applicabile – contrariamente all’avviso del primo giudice – anche agli atti di gestione dei rapporti di lavoro contrattualizzati alle dipendenze di pubbliche amministrazioni.

1.2. Con il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109 e dell’art. 9 CCNL 31.3.99, per cui gli incarichi relativi alle posizioni organizzative istituite non possono essere revocati, prima della scadenza, se non con atto scritto e motivato, in relazione ad intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi, il che non era avvenuto nel suo caso, essendogli stata revocata la p.o. con riferimento a presunte e non meglio specificate inadempienze e responsabilità, senza preventiva istruttoria e contestazione e possibilità di difesa da parte sua.

1.3. Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 21 e degli artt. 24 e ss. del CCNL 6.7.95, essendogli stato revocato l’incarico de quo senza che ne ricorressero gli estremi alla luce delle ipotesi tassative previste dalla citate fonti normative e contrattuali e comunque senza istruttoria alcuna a riguardo, così violandosi la pur prescritta procedimentalizzazione dell’esercizio del potere di revoca da parte dell’amministrazione.

2.1 Osserva in via preliminare la Corte che il ricorso è inammissibile perchè nessuno dei motivi in esso svolti si conclude con il quesito di diritto previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis atteso che l’impugnata sentenza risulta essere stata depositata in data 8.1.07.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., il tenore testuale dell’art. 366 bis c.p.c. è ben chiaro nel prescrivere la formulazione del quesito anche ove si deduca violazione di un contratto collettivo nazionale di lavoro (cfr., ad es., Cass. Sez. lav. 21.9.07 n. 19560).

2.2. Tale rilievo assorbe ogni ulteriore disamina circa la tempestività del ricorso per saltum e le difese svolte dalle parti e, segnatamente, la questione della sopravvenuta cessazione della materia del contendere segnalata dal ricorrente nella propria memoria illustrativa depositata ex art. 378 c.p.c..

3.1 In conclusione, dichiarata l’inammissibilità del ricorso, il ricorrente va condannato al pagamento in favore dell’amministrazione controricorrente delle spese di questo grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese che liquida in Euro 30,00 oltre ad Euro 2.000,00 (Euro duemila/00) per onorari oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 19 settembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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