Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-04-2011) 10-06-2011, n. 23414 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Brescia ricorre avverso la sentenza sopra indicata che ha applicato a C.M. W.A. la pena di mesi 3 di reclusione per il delitto continuato di tentato furto aggravato e resistenza aggravata dal nesso teleologico.

Il ricorrente deduce l’errata qualificazione del fatto da ritenersi rapina ex art. 628 cod. pen., trattandosi di reato complesso ai sensi dell’art. 84 cod. pen..

Il ricorso è manifestamente infondato. Le parti che sono pervenute all’applicazione della pena su loro richiesta non possono proporre in sede di legittimità questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante dalla contestazione; l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione (Cass. 6^ 2.3.99 n. 2815, ud. 21.1.99, rv. 213471).

L’obbligo di motivazione da parte del giudice è assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti (Cass. 28.2.00, P.M. in proc. Cricchi). L’ammissibilità di dedurre in sede di legittimità una erronea qualificazione del fatto non può spingersi fino al punto di sindacare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato attraverso il riesame delle risultanze di merito, come proposto dal ricorrente nella fattispecie in quanto il potere dovere del giudice di verificare la correttezza della qualificazione giuridica deve esercitarsi nell’ambito del fatto contestato e quindi tale controllo si sostanzia e si esaurisce nel riscontro della astratta corrispondenza della fattispecie legale rispetto al fatto come risulta esposto nella contestazione (Cass, S.U. 28.4.00 n. 5, cc. 19.1.00, Neri, rv. 215825). Il principio è valido anche per la Procura Generale che, pur avendo una supremazia gerarchica ed istituzionale, non può sostituire la propria volontà a quella già manifestata, in forza della conoscenza diretta degli elementi concreti acquisti al processo, dal Pubblico Ministero che ha partecipato al patteggiamento e non può proporre come motivi di ricorso censure che si sostanziano in un recesso dall’accordo (Cass. 5^ 4.6.99 n. 627, c.c. 5.2.99, rv. 213520).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *