Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-04-2011) 10-06-2011, n. 23409

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 6.11.2010 il GIP presso il Tribunale di Brescia disponeva la misura di custodia cautelare in carcere del ricorrente indagato per i reati di cui agli artt. 337 e 648 c.p..

I verbalizzanti avvistavano una autovettura Audi che procedeva a forte velocità con tre persone a bordo ed intimavano l’alt. La vettura non si fermava e proseguiva a forte velocita sino ad andare a sbattere contro altra vettura: i tre soggetti a bordo si davano alla fuga a piedi e il ricorrente opponeva resistenza al momento dell’arresto dimenandosi con forza. A bordo della vettura venivano trovate tre chiavi di avviamento per autovetture Audi.

Il Tribunale rilevava che circa il reato di resistenza lo stesso emergeva dal verbale di arresto in flagranza e che le dichiarazioni rese dall’indagato secondo cui aveva comprato per 5 milioni il giorno prima la vettura da persona chiamata L. erano totalmente inverosimili.

Circa le esigenze cautelari si rilevava che sussistevano motivi per ritenere contatti stretti tra il ricorrente ed ambienti criminali di un certo livello. La gravità dei fatti dimostrava la pericolosità sociale dell’indagato, nonostante la sua incensuratezza.

Ricorre l’indagato che allega con il primo motivo l’insussistenza del reato di resistenza in quanto la fuga in macchina non può integrare la fattispecie e successivamente il ricorrente era stato ammanettato.

Circa la ricettazione l’indagato aveva indicato la persona e le modalità di ricezione della vettura che erano pienamente credibili e coerenti con le prassi sulla cessione delle autovetture.

Circa le esigenze cautelari non si era tenuto in debito conto la situazione di incensuretezza del ricorrente e si erano richiamati rapporti con ambienti criminali che però non erano stati indicati.

Inoltre si era applicato la misura cautelare più grave certamente sproporzionata rispetto alla reale entità e gravità dei fatti.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile. Circa il primo motivo l’ordinanza impugnata ha già osservato che riguardo il reato di resistenza il ricorrente si oppose all’arresto, come risulta dal relativo verbale ovviamente prima di essere ammanettato. Circa il reato di ricettazione le doglianze sono assolutamente generiche in quanto anche nel presente ricorso non si indica l’esatta identità del soggetto dal quale il ricorrente avrebbe acquistato la vettura, per giunta corrispondendo un prezzo notevole. Tali dichiarazioni sono state, quindi, ritenute non credibili dal Tribunale sulla base di una legittima inferenza. Sul punto il provvedimento appare congruamente motivato ed immune da vizi di ordine logico ed argomentativi; le censure sono di mero fatto e generiche.

Circa le esigenze cautelari l’ordinanza impugnata ha sottolineato la gravità dei fatti (il V. si è anche lanciato in una spericolata corsa per le vie cittadini venendo poi a collidere con un’altra vettura e successiva è stato protagonista di un corpo a copro violento con le forze dell’ordine onde sfuggire all’arresto), la mancanza di atti di resipiscenza, l’affinità a più ampi ambienti delinquenziali. La motivazione appare congrua e logicamente coerente;

mente le censure sono di mero fatto.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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