Cons. Stato Sez. III, Sent., 14-06-2011, n. 3622 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato il 10 aprile 2010 e depositato il 26 seguente il signor R. M., cittadino albanese in Italia dal 31 agosto 2004, già titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio scaduto il 17 novembre 2006, ha appellato la sentenza 15 maggio 2009 n. 1425 del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione seconda, non notificata, con la quale è stato respinto il suo ricorso avverso il provvedimento 15 novembre 2008 n. 294/08 del Questore di Novara, di reiezione della sua istanza presentata il 18 gennaio 2007 per il rinnovo del permesso di soggiorno.

L’appellante ha premesso di aver in realtà avuto l’intenzione di convertire il detto permesso da motivi di studio a motivi di lavoro, avendo il 24 settembre 2008 modificato a 21 ore settimanali il contratto, stipulato sin dal 2006, di apprendistato a tempo parziale presso una ditta con orario di lavoro parziale di 20 ore settimanali (come consentito ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio), sulla scorta di informazioni della stessa Questura in ordine a tale possibilità, previa verifica della disponibilità di quote per i flussi di ingresso per l’anno 2007. Tuttavia interveniva il provvedimento impugnato, basato sulla richiesta di rinnovo oltre i prescritti 60 giorni dalla scadenza, il mancato sostenimento di esami e la preclusione del t.u. alla conversione del permesso da studio a lavoro se non a seguito del conseguimento del titolo di studio; di qui il suo ricorso respinto con detta sentenza, avverso la quale ha dedotto:

1.- Violazione di legge, in relazione all’art. 5, co. 4, d.lgs. n. 286 del 1998. Eccesso di potere. Totale carenza di istruttoria e di motivazione. Ingiustizia manifesta.

Poiché il termine predetto non è perentorio, il ritardo nella presentazione dell’istanza di rinnovo non costituisce ragione sufficiente per il diniego.

2.- Violazione di legge, in relazione agli artt. 6, co. 1, d.lgs. n. 286 del 1998 e 14, co. 6, d.P.R. n. 394 del 1999. Carenza di motivazione e difetto di istruttoria. Violazione dell’art. 3 legge n. 241 del 1990.

Ai sensi dei citt. articoli era possibile convertire il permesso da studio a lavoro, proprio in quanto la Prefettura aveva positivamente verificato la disponibilità di quote dei flussi; nel provvedimento non si menziona tale circostanza.

3.- Violazione di legge, in relazione all’art. 5, co. 5, d.lgs. n. 286 del 1998.

Il TAR e l’Amministrazione non hanno considerato i nuovi elementi forniti, i quali consentivano il rilascio del permesso ai sensi della norma in rubrica consistendo nel già stipulato contratto di soggiorno con la ditta che aveva modificato l’originario orario proprio per assumerlo a tutti gli effetti.

4.- Violazione di legge, in relazione all’art. 14, co. 6, d.P.R. n. 394 del 1999. Evidente illogicità.

Il provvedimento fa erroneo riferimento al cit. art. 14, non pertinente perché nella specie non si trattava di conclusione del corso universitario.

5.- Violazione di legge, in relazione all’art. 9 d.lgs. n. 286 del 1998.

Essendo titolare di permesso di soggiorno da 5 anni, è meritevole di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, da rilasciarsi anche tenendo conto dell’età, della durata del soggiorno in Italia, delle conseguenze dell’espulsione per l’interessato ed i suoi familiari, dell’esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e nell’assenza di vincoli con il Paese d’origine. In particolare, non si è tenuto conto che egli da anni lavora regolarmente, nei limiti consentiti dal permesso per motivi di studio.

6.- Violazione dell’art. 7 e 10bis della legge n. 241 del 1990 e del protocollo n. 7 alla Convenzione di Strasburgo del 1984, recepita con legge n. 98 del 1990.

Non è stato dato preavviso di rigetto, sicché egli non è stato posto in grado di documentare la sua reale situazione lavorativa e reddituale, nonché la disponibilità di quote.

7.- Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione degli artt. 24 Cost., 2, co. 6, d.lgs. n. 286 del 1998 e 3, co. 3, d.P.R. n. 394 del 1999.

Il provvedimento è stato comunicato unicamente in lingua italiana. La mancata, prescritta traduzione ha comportato la violazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio, ha depositato documenti ma non ha prodotto scritti difensivi.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato introitato in decisione.

Ciò posto, la Sezione ricorda che l’attuale appellante aveva presentato in data 18 gennaio 2007 istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, senza documentare di aver "superato una verifica di profitto" nel primo anno di corso ed "almeno due verifiche" negli anni successivi, come prescritto dall’art. 46, co. 4, del d.P.R. 31 agosto 1999 n. 394, recante regolamento di attuazione del testo unico 25 luglio 1998 n. 286. Pertanto, giustamente col provvedimento impugnato in primo grado il rinnovo gli è stato negato.

Né, in mancanza del sostenimento di alcun esame sia presso la facoltà di provenienza che presso quella di nuova iscrizione, avrebbe potuto essere considerata detta nuova iscrizione, non trattandosi dell’ottenimento del primo permesso di soggiorno, bensì del rinnovo di quello già ottenuto.

Del pari giustamente con lo stesso provvedimento gli è stata rifiutata la conversione del titolo di soggiorno da motivi di studio a motivi di lavoro, nonostante la capienza delle quote fissate a norma dell’art. 3 del citato testo unico. Invero, ai sensi dell’art. 14 dello stesso testo unico tale conversione è consentita nel caso, che qui evidentemente non ricorre, di studenti che abbiano conseguito in Italia il diploma di laurea ovvero di laurea specialistica a seguito della frequenza dei relativo corso di studio in Italia (co. 5), oppure "prima della scadenza" del permesso di soggiorno per motivi di studio, appunto nei limiti delle accennate quote e previa stipula del contratto di soggiorno nell’ipotesi di lavoro subordinato (co. 6); e nella specie la domanda di conversione, presentata nelle more della procedura per il rinnovo del permesso per motivi di studio chiesto in data 18 gennaio 2007, lo è stata dunque tardivamente, ossia dopo la scadenza del permesso stesso in data 17 novembre 2006. In tale quadro, il detto provvedimento, pur impreciso, è sostanzialmente corretto laddove in esso si espone che la conversione (chiesta oltre la scadenza del permesso) è possibile solo nel caso in cui lo straniero consegua il titolo di studio.

Né il termine in parola può considerarsi meramente ordinatorio e privo di rilevanza ostativa, atteso che esso risponde invece al preciso scopo di evitare l’elusione delle stabilite regole che presidiano il rinnovo dei permessi di soggiorno e quelle relative alle modalità di immigrazione secondo i flussi prefissati, laddove la possibilità che queste ultime siano superate, sempreché vi sia capienza, è limitata solo ed esclusivamente all’ipotesi della tempestiva richiesta, dimostrativa dell’esistenza di circostanze idonee a comprovare un effettivo inserimento lavorativo e, quindi, sociale dello straniero nel territorio nazionale e, nel contempo, della mancanza dell’intento di travalicare le predette regole concernenti il rinnovo.

In siffatto contesto, caratterizzato dalla preclusione della conversione, non erano evidentemente valutabili i "sopraggiunti nuovi elementi" di cui all’art. 5, co. 5, del testo unico.

Tanto esposto, è chiaro che nemmeno vi erano gli estremi per la concessione del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo, inapplicabile agli stranieri che soggiornano per motivi di studio ai sensi dell’art. 9, co., 3 del testo unico ed oltretutto non richiesto dall’interessato.

Quanto all’omissione del preavviso di rigetto, per le ragioni sin qui spiegate trova applicazione l’art. 21 octies, co. 2, prima parte, della legge 7 agosto 1990 n. 241 ss.mm.ii. poiché, come bene ha osservato il primo giudice, la natura vincolata del diniego rende palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto, sicché ne è impedito l’annullamento per violazione delle norme sul procedimento.

Infine, quanto all’omessa traduzione del diniego, redatto soltanto in lingua italiana, basta rilevare che solo "se lo straniero non comprende" tale lingua la norma invocata prevede che il provvedimento sia accompagnato da una sua sintesi nella diversa lingua a lui comprensibile, mentre nella specie non è ipotizzabile che il signor M. non comprenda l’italiano, pur essendo presente nel territorio nazionale almeno dal 2004, per di più in qualità di studente universitario, e prestando attività lavorativa dal 2006 presso la ditta Area Grafica s.n.c. nel Comune di Cerano.

In conclusione, assorbito il primo motivo d’appello in quanto concernente autonoma ragione giustificatrice del provvedimento di cui si è discusso, i restanti motivi, riferiti alle suindicate ulteriori ragioni giustificatrici, devono essere respinti, con conseguente reiezione dell’appello stesso.

Tuttavia la peculiarità della vicenda consiglia la compensazione tra le parti delle spese del grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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