Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-03-2011) 10-06-2011, n. 23378 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Torino con sentenza del 23.4.2010 confermava la sentenza emessa dal GIP di Torino in data 24.7.2007 di condanna del ricorrente alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 300,00 di multa per circonvenzione di incapace, con il risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili e con la concessione di una provvisionale pari a Euro 355.476,69.

Si imputa al ricorrente di avere abusato dello stato di deficienza e debolezza psico-fisica dell’anziana F.M. inducendola a commettere atti pregiudizievoli per il proprio patrimonio come la cessione al L.S. dell’esercizio commerciale di cui era proprietaria in (OMISSIS), la cessione della nuda proprietà di alcuni beni immobili, il bonifico per la somma di Euro 255.476,69 e l’emissione di un assegno in suo favore di altre 100.000 Euro.

La Corte territoriale rilevava che non occorreva disporre una nuova consulenza in quanto quella effettuata era stata esaminata dalle parti attentamente che avevano prodotto una consulenza di parte nonchè prodotto altra consulenza disposta in sede civile, così come la teste parte offesa era già stata attentamente sentita in dibattimento.

La Corte ricostruiva la situazione di suggestionalità della F. e il suo operare in stato di forte passionalità, anche per l’inimicizia verso i parenti più stretti. Dalla consulenza emergeva lo stato di chiusura e di sospetto in cui viveva la donna;

in tale situazione era comparso il L.S. e il suo ruolo era stato quello di supportare la donna anche in riunioni di famiglia nelle quali era emersa l’intenzione della donna di diseredare le nipoti. Le due consulenze disposte l’una in sede penale e l’altra in sede civile avevano un oggetto e finalità diverse e dalla stessa consulenza del dott. M. (disposta in sede civile) emergeva una situazione critica della donna con difficoltà notevoli. La Corte territoriale rammentava che la donna secondo il dott. Fr. versava all’epoca dei fatti in uno stato di deficienza psichica caratterizzato da suggestionabilità particolare tale da condizionare la sua volontà e da consentire ad altri di abusare delle stesse ed indurla a commettere atti a lei pregiudizievoli. Peraltro, osservava la Corte territoriale, anche dalla consulenza disposta in sede civile emergeva una situazione allarmante di ordine psichico della parte offesa.

Ora le circostanze oggettive dimostravano come il ricorrente avesse abusato delle situazione: vi era stato un tracollo patrimoniale evidente ed assoluto della donna passata da una situazione di agiatezza a vivere della sua modestissima pensione di meno di 1000,00 Euro. Dagli usufrutti la ricorrente non aveva ricavato nulla.

Nel ricorso si deduce che sarebbe stata privilegiata senza ragione la perizia redatta dal Dott. Fr. nel corso di questo procedimento sulla consulenza del dott. M. redatta nel corso del procedimento civile per la nomina di un amministratore di sostegno alla F.. Si era argomentato che i quesiti erano diversi ed anche l’accertamento disposto differenti mentre in realtà i quesiti erano in sostanza molto simili e l’accertamento medico aveva il medesimo oggetto materiale. Inoltre erano state fraintese le stesse conclusioni della perizia del dott. M. che erano diverse radicalmente dall’altra perizia.

Con il secondo motivo si allega che non si erano offerti argomenti o elementi di sorta per dimostrare la sussistenza dell’attività di induzione a commettere atti pregiudizievoli di tipo patrimoniale ad opera dell’imputato. Tutti gli atti di disposizione della F. erano attribuibili alla volontà della donna che non voleva beneficiare i suoi parenti. Gli articolati e specifici motivi di appello sul punto non erano stati adeguatamente valutati.

Con il terzo motivo si allega la carenza di prova in ordine all’elemento psicologico del reato. Le consulenze effettuate sostenevano che al più la condizione di minorazione psichica della donna era conoscibile da esperti e tecnici della materia, ma non da persone ordinarie non medici specialisti; neppure il suo medico di base che curava la donna da venti anni si era accorto di nulla.
Motivi della decisione

Il ricorso, non appare fondato e pertanto non può essere accolto. La sentenza impugnata ha già esaurientemente confrontato le due consulenze tecniche disposte in questa sede ed in quella civile spiegando le ragioni per cui è apparsa più affidabile la prima anche perchè ancorata a quesiti specificamente connessi all’accertamento penale ed alla situazione di circonvenibilità della parte offesa. La Corte territoriale ha anche mostrato come la consulenza disposta in sede civile finisca con il confermare in numerosi e significativi passaggi quanto emerso nell’altro accertamento medico. A ciò si aggiungono le osservazioni svolte nella consulenza disposta a cura del P.M. dalla quale emerge univocamente e nettamente uno stato di circonvenibilità della F.. Sul punto la sentenza appare congruamente e logicamente motivata e le censure si sostanziano in mere critiche di merito, inammissibili in questa sede apparendo il ragionamento seguito nella sentenza impugnata persuasivo, documentato con precisi riferimenti alla consulenze effettuate e mai contraddicono.

In ordine al secondo motivo concernente la mancata prova dell’Induzione" da parte del ricorrente della donna a compiere i atti di disposizione patrimoniale le sentenze di merito hanno ricostruito la dinamica del progressivo e radicale auto-spossessamento dei propri beni ad opera della donna, in età avanzata, passata dalla proprietà di somme ragguardevoli in denaro ed in altri beni a confidare solo su una modesta pensione, posto che dal diritto di usufrutto su alcuni beni immobili emerge che la donna non ricavava nulla. A tale processo si è accompagnato, secondo i giudici di merito, un ruolo crescente del ricorrente accanto alla donna (mentre questa peraltro procedeva senza remore di sorta ad escludere i parenti da ogni diritto di natura successoria sui suoi beni), tanto da spalleggiarla anche in drammatiche riunioni di famiglia avente ad oggetto proprio la privazione dei diritti ereditari di costoro o a accompagnarla dal notaio che avrebbe poi provveduto in suo favore. La sentenza appare sul punto congruamente e logicamente motivata in quanto la ricostruzione del parallelo processo di spoliazione della donna (con esclusione anche dei parenti anche più stretti da alcun beneficio economico) e della crescente presenza dell’imputato a fianco della donna ed in ogni situazione importante sotto il profilo economico della destinazione dei beni di questa appare non contraddittoria e persuasiva. Le censure sono di mero fatto e ripropongono questioni fattuali già esaminate nelle precedenti fasi del giudizio.

In ordine all’ultimo motivo lo stato di alterazione e debolezza psichica emerge chiaramente, come detto, dalla consulenza medica effettuata in primo grado, cui ha fatto riscontro un comportamento totalmente irrazionale della donna passata da una situazione di notevole agiatezza a vivere con una modesta pensione. I giudici di merito hanno ritenuto che ad una persona che viveva cosi strettamente a contatto con la parte offesa, tale situazione non potesse di certo sfuggire posto che la donna in un tempo non lungo si è spossessata di ogni bene per cederlo senza alcuna apprezzabile ragione al ricorrente, rompendo radicalmente anche con i parenti più stretti.

La motivazione appare congrua e logicamente coerente; le censure appaiono di mero fatto.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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