Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 18 maggio 2010 il Tribunale di sorveglianza di Bologna rigettava la istanza di proroga della detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1 ter, Ord. Pen., misura alla quale M.C. era stato ammesso con ordinanza dello stesso tribunale in data 3.5.2001, più volte prorogata fino alla data del 31.5.2010.
Premesso che il M. risulta seguito dal 1999 dal Servizio Psichiatrico Territoriale di (OMISSIS) per un disturbo di panico con agorafobia e disturbo di personalità e richiamato diffusamente il contenuto della certificazione del predetto servizio psichiatrico, in data 11.5.2010, nonchè, quello della relazione di perizia medico legale disposta dal tribunale al fine di verificare le attuali condizioni di salute dell’istante, il tribunale riteneva che non vi fossero le condizioni per confermare l’attuale persistenza delle gravi condizioni psico-fisiche dell’istante, tali da giustificare l’ulteriore proroga del regime alternativo.
2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, il M., il quale denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
In particolare, afferma che la motivazione dell’impugnata ordinanza risulta evidentemente contraddittoria sia intrinsecamente, in quanto perviene a conclusioni in contrasto con le premesse, sia rispetto alle risultanze processuali.
Infine, lamenta la totale assenza di valutazione da parte del Tribunale degli elementi introdotti e documentati dalla difesa:
consulenza medica di parte e certificazioni mediche relative ad episodi acuti verificatisi tra (OMISSIS), che sono stati ridimensionati sull’assunto indimostrato che tali episodi fossero riconducibili all’approssimarsi dell’udienza.
Motivi della decisione
Il ricorso non è fondato.
1. Premesso che al ricorrente è stata applicata la misura alternativa della detenzione domiciliare secondo il disposto dell’art. 47 ter Ord. Pen., comma 1 ter, va ricordato che la concessione del differimento obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 146 c.p., comma 1, n. 3, art. 147 c.p., n. 2 e la misura di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter, comma 1 ter, fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali, quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità ed, infine, quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell’individuo.
Ne consegue che: a) le pene legittimamente inflitte devono essere eseguite nei confronti di coloro che le hanno riportate; b) l’esecuzione della pena non è preclusa da eventuali stati morbosi del condannato, suscettibili di un generico miglioramento per effetto del ritorno in libertà; c) uno stato morboso del condannato in tanto legittima il rinvio dell’esecuzione, in quanto la prognosi sia infausta quoad vitam ovvero il soggetto possa giovarsi in libertà di cure e trattamenti indispensabili non praticabili in stato di detenzione, neanche mediante ricovero in ospedali civili o altri luoghi esterni di cura, ovvero ancora, a cagione della gravità delle condizioni, l’espiazione della pena si riveli in contrasto con il senso di umanità. La malattia da cui è affetto il condannato deve essere grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione.
2. Alla luce di questi principi, ad avviso del Collegio, la motivazione dell’ordinanza impugnata è esente dalle censure che le sono state mosse. Il tribunale, infatti, riportato in maniera dettagliata il contenuto della recente certificazione del Servizio Psichiatrico Territoriale che ha in cura l’istante e della relazione del perito, nominato al fine di verificare le attuali condizioni di salute psico-fisica del M., ha sviluppato con argomentazioni coerenti la valutazione che lo ha indotto a ritenere che attualmente non vi sono le condizioni di gravità tali da giustificare una ulteriore proroga del regime di detenzione domiciliare.
In particolare, il tribunale ha sottolineato che il perito ha rilevato la difficoltà della valutazione di una patologia che si basa soprattutto sulla descrizione di una sintomatologia soggettiva, facilmente simulabile, e che il M. aveva dichiarato al perito di aver raggiunto un certo equilibrio e di non avere più crisi di panico e di ansia, sia pure riferendosi alle attuali condizioni di vita.
Nè, invero più ritenersi illogica – alla luce di quanto riferito dal perito e tenuto conto della condizione psicologica del soggetto – la valutazione che i recenti episodi acuti ( (OMISSIS)), che avevano richiesto l’intervento della guardia medica, fossero riconducibili all’imminenza dell’udienza camerale.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.