Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 14-06-2011, n. 432

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con istanza proposta nell’anno 2005 i signori Gu., nella qualità di comproprietari in comune di Santa Flavia di un lotto ricompreso in zona omogenea B2 ai sensi del vigente P.R.G., hanno richiesto alla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo il nulla osta necessario al rilascio di un permesso di costruire per realizzare un fabbricato per civile abitazione.

Decorso il termine di centoventi giorni previsto dall’art. 46 della legge regionale n. 17 del 2004, gli istanti rappresentavano alla Soprintendenza di ritenere acquisito in forma tacita il richiesto assenso.

Gli interessati hanno quindi richiesto al comune il rilascio del permesso di costruire, dichiarando appunto di aver acquisito in forma tacita l’assenso della Soprintendenza.

Per l’effetto il comune in data 12 aprile 2006 ha rilasciato il titolo edilizio, sulla base del quale i proprietari hanno dato inizio ai lavori di costruzione.

La Soprintendenza, nel frattempo, con nota in data 12 luglio 2005 (indirizzata al Comune di Santa Flavia) aveva però dichiarato "il non luogo a procedere" in merito al richiesto nulla osta, reputando applicabile al caso in esame (in cui la costruzione risulta ubicata a meno di centocinquanta metri dalla battigia) il vincolo di inedificabilità derivante dall’art. 15, lett. a) della legge regionale n. 78 del 1976.

Sulla base della comunicazione della Soprintendenza il comune con l’ordinanza n. 12/2006 ha disposto la sospensione dei lavori, successivamente avviando il procedimento per la revoca in autotutela del permesso di costruire già assentito.

Avverso tali provvedimenti gli interessati hanno proposto ricorso al T.A.R. Palermo.

Con successivi motivi aggiunti i ricorrenti hanno poi impugnato le note con le quali la Soprintendenza, in esito a successive richieste di riesame, ha confermato le conclusioni in precedenza raggiunte.

Con la sentenza n. 1251 del 2008 il Tribunale, dopo aver espletato apposita istruttoria, ha accolto il ricorso proposto dai signori Gu.

A sostegno del decisum il Tribunale ha rilevato che la zona in cui insiste il lotto in controversia possiede in via sostanziale le caratteristiche urbanistiche proprie della zona B da epoca anteriore all’entrata in vigore della citata legge n. 78 del 1976 e pertanto beneficia della deroga (rispetto al vincolo di inedificabilità costiero) prevista dalla legge stessa per le zone così tipizzate in strumenti urbanistici approvati prima della sua entrata in vigore.

Su appello dell’Amministrazione regionale questo Consiglio, con la decisione n. 1220 del 2010, ha integralmente riformato la sentenza del T.A.R., respingendo le impugnative proposte dai signori Gu.

A sostegno del decisum la citata decisione ha statuito che la deroga al vincolo di inedificabilità costiero di cui all’art. 15 della legge regionale n. 78 del 1976 riguarda soltanto i terreni ricompresi in zone classificate residenziali da strumenti urbanistici formalmente preesistenti alla entrata in vigore della legge stessa.

Di tale sentenza n. 1220/2010 i signori Gu. hanno chiesto con il ricorso all’esame la revocazione, assumendola viziata da errore di fatto ai sensi dell’art. 395 n. 4 del cod. proc. civ.

Si è costituita in resistenza l’Amministrazione regionale, la quale ha eccepito altresì l’inammissibilità dell’istanza.

Le parti private hanno presentato memoria.

Alla pubblica udienza del 16 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso in revocazione è inammissibile.

Come riferito nelle premesse i ricorrenti domandano la revocazione della decisione di questo Consiglio n. 1220 del 2010, ritenendola viziata da errore di fatto ai sensi dell’art. 395 n. 4 del codice di procedura civile.

In tal senso i ricorrenti evidenziano che la decisione suddetta, nell’esaminare una censura assorbita in primo grado e da essi riproposta in appello, ha affermato l’inesistenza di ogni affidamento tutelabile in capo ai proprietari dal momento che nella vicenda controversa erano intervenuti (oltre agli atti comunali ad essi favorevoli) anche atti sfavorevoli della Soprintendenza dei quali essi avrebbero dovuto tenere conto prima di realizzare l’immobile.

Così statuendo però – rilevano i ricorrenti – il decidente non ha tenuto conto del fatto che la costruzione è stata realizzata quando i pareri negativi formulati dalla Soprintendenza erano stati pacificamente sospesi per effetto di ordinanze cautelari adottate dal T.A.R. Palermo.

Ne consegue, secondo i ricorrenti, che solo a causa di tale abbaglio è stato escluso l’affidamento dei proprietari ed è stata conseguentemente affermata la necessità della demolizione dell’immobile, realizzato sulla scorta di un titolo successivamente rivelatosi illegittimo ma – di fatto – all’epoca efficace.

Come anticipato, le argomentazioni ora compendiate non meritano favorevole considerazione.

Secondo principi consolidati in giurisprudenza, l’errore di fatto revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. (applicabile al processo amministrativo per effetto del rinvio esterno già disposto dall’art. 46 R.D. n. 1054 del 1924 e dall’art. 36 legge n. 1034 del 1971 ed ora contenuto nell’art. 106 comma 1 c.p.a.) deve, oltre che consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa, essere decisivo, non deve cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato e deve presentare i caratteri della evidenza e della obiettività.

Dai canoni ora sinteticamente enunciati discende pacifica l’inammissibilità del rimedio revocatorio in relazione ad errori non rilevabili con assoluta immediatezza, ma che richiedano, per essere apprezzati, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche, ovvero – e in particolare – errori che non consistano in un vizio di assunzione del fatto tale da comportare che il giudice non statuisca su quello effettivamente controverso, ma si riducano ad errori di criterio nella valutazione del fatto, di modo che la decisione non derivi dall’ignoranza di atti e documenti di causa, ma dall’erronea interpretazione di essi.

In sostanza, per quanto rileva nella presente controversia, l’errore revocatorio presuppone contestualmente: a) il travisamento, da parte del giudice, dell’incontestabile contenuto materiale degli atti processuali; b) un nesso di causalità esclusiva tra l’abbaglio e la portata della decisione, la quale in sostanza, poggiando sull’errore, una volta che questo sia emendato, deve omisso medio risultare assolutamente periclitante; c) l’immediata rilevabilità della svista.

Per contro, sono vizi logici e dunque errori di diritto quelli consistenti nell’erronea interpretazione e valutazione dei fatti o nel mancato approfondimento di una circostanza risolutiva ai fini della decisione.

Applicando le coordinate ermeneutiche ora tracciate al caso in esame, può già prima facie agevolmente rilevarsi che quello addebitato al giudice della decisione revocanda non è un abbaglio percettivo ma – a tutto voler concedere – un errore nella valutazione del materiale probatorio versato in atti.

È evidente infatti che, anche a voler seguire l’impostazione dei ricorrenti, quello derivante dalla mancata valorizzazione delle risultanze del giudizio cautelare di primo grado sarebbe comunque un errore di giudizio, pacificamente non rimediabile in sede revocatoria.

La revocazione non è infatti il mezzo mediante il quale si può provocare – come i ricorrenti invece sembrano richiedere – un riesame nel merito di una questione già affrontata e decisa nella sentenza asseritamente revocanda.

Tanto chiarito, deve comunque per completezza argomentativa decisamente escludersi che la decisione n. 1220/2010 rechi alcun errore laddove – al fine di smentire la tesi dell’incolpevole affidamento – fa riferimento ad atti della Soprintendenza dei quali gli interessati avrebbero dovuto tenere conto.

Come risulta dalle premesse, infatti, in epoca anteriore al rilascio da parte del comune del titolo illegittimo la Soprintendenza aveva chiaramente evidenziato l’inedificabilità del lotto dei signori Gu., in quanto collocato nella fascia costiera gravata da vincolo di inedificabilità assoluta a causa della ridotta distanza dalla linea di battigia.

In siffatto contesto del tutto ragionevolmente deve ritenersi che l’espressione di un parere sfavorevole proprio da parte dell’organo preposto alla tutela del vincolo paesistico avrebbe dovuto indurre a maggior prudenza i proprietari i quali hanno invece edificato – come rileva la resistente Amministrazione – incautamente e quindi a loro rischio e pericolo.

Nè l’asserito affidamento poteva fondarsi sulle misure cautelari concesse dal T.A.R., visto il carattere della strumentalità e della temporaneità tipico delle misure cautelari.

In sostanza i signori Gu., avendo realizzato l’immobile nella consapevolezza dell’indirizzo sfavorevole assunto al riguardo dalla Soprintendenza, non possono vantare alcun affidamento in qualche modo tutelabile al mantenimento di un’opera evidentemente abusiva perchè realizzata in zona gravata ex lege da vincolo di inedificabilità assoluto.

In conclusione, l’errore addebitato alla decisione revocanda (che sarebbe comunque di giudizio e non di percezione) non sussiste in alcun modo.

Il ricorso in revocazione è quindi inammissibile.

Ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente sentenza.

Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in revocazione in epigrafe.

Condanna gli appellanti al pagamento in favore dell’Amministrazione di Euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre accessori per le spese e gli onorari della presente fase del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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