Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-10-2011, n. 21383

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia ha per oggetto l’opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da P.M. nei confronti di F.R. per il pagamento di L. 6.720.098 corrispondente al credito per prestazioni professionali rese a favore della s.a.s. Fabi di Faienza Renato & C..

L’opponente F.R. ha eccepito in compensazione il credito risarcitorio per i danni subiti a causa della cattiva gestione contabile da parte di P.M..

L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Foggia in considerazione della mancata allegazione della documentazione prodotta nel corso della procedura monitoria.

La sentenza è stata confermata dalla Corte di appello di Bari che ha attribuito valore decisivo alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dall’opponente il quale ha ammesso le prestazioni professionali rese dal P. ma ha altresì asserito l’esistenza di un patto comportante l’inesigibilità del compenso sino all’ingresso della società nella fase operativa. La Corte di appello ha ritenuto applicabile la disposizione di cui all’art. 2734 cod. civ., secondo cui la dichiarazione del confitente fa piena prova sui fatti di causa allorquando, accanto alla confessione del fatto costitutivo della domanda, vi sia l’asserzione di un fatto impeditivo, che paralizza l’esercizio del diritto, non disconosciuto dalla parte che intende avvalersi della confessione.

Ricorre per cassazione P.M. il quale si affida a due motivi di impugnazione e deposita memoria difensiva.

Si difende con controricorso F.R..
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorrente chiede alla Corte di affermare il seguente principio di diritto: sussiste il vizio di ultra ed extra petizione ogni qualvolta il giudice emette una decisione oltre i limiti della contestazione, perchè non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti. Come nel caso in esame allorquando il giudice di secondo grado ha affermato la insussistenza del diritto azionato per il mancato verificarsi di una condizione a cui sarebbe stato sottoposto e che non formava oggetto di contestazione in relazione alle richieste delle parti.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio.

Il ricorrente chiede alla Corte di affermare il seguente principio di diritto: sussiste il vizio di omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia che consiste nella presente controversia nel non avere la decisione considerato il fatto decisivo acquisito alla causa allorchè lo stesso se fosse stato valutato avrebbe portato a una decisione diversa.

Entrambi i motivi che possono essere esaminati congiuntamente sono infondati. L’eccezione di inesigibilità delle prestazioni fornite dal P. è stata sollevata già dal primo grado in sede di precisazione delle conclusioni. Ci si trova di fronte, peraltro, come ha correttamente rilevato la Corte di appello, senza incorrere in alcun vizio di ultrapetizione, a una dichiarazione della parte opponente che in sede di interrogatorio formale ha inteso riconoscere la effettuazione delle prestazioni professionali di cui il P. ha rivendicato il diritto al pagamento affermando però l’esistenza di un fatto impeditivo all’esercizio del diritto e consistente nel mancato superamento della fase non operativa della società. La mancata contestazione da parte della odierna parte ricorrente relativamente all’esistenza di tale fatto ostativo attiene alla formazione della prova nell’istruzione di primo grado e all’applicazione dell’art. 2734 cod. civ., che la Corte di appello ha evocato per ritenere fondata l’opposizione al decreto ingiuntivo.

Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1000,00 per onorari e Euro 200,00 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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