Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 14-06-2011, n. 430 Commercio, industria e artigianato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’anno 2001 il signor Mu. ha presentato all’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Messina una domanda intesa ad ottenere la concessione del contributo previsto dall’art. 3, comma 2 lettera e), della legge n. 185 del 1992, in conseguenza dei danni causati dalle piogge alluvionali del settembre 2000 alla sua azienda agricola sita in Comune di Scaletta Zanclea (Me).

Con decreto dirigenziale l’Ispettorato ha concesso un contributo per un importo pari ad Euro 6.792,93 da liquidarsi "in base ai lavori di ripristino effettivamente eseguiti e subordinatamente all’esito dell’accertamento definitivo…" ed ha assegnato all’interessato il termine di 12 mesi per l’esecuzione dei lavori.

Questi, allo scadere del suddetto periodo, ha chiesto un periodo di proroga di 12 mesi, affermando di non aver potuto completare le opere nel termine assegnato per l’impossibilità di reperire manodopera specializzata.

Con ulteriore decreto l’Ispettorato ha concesso la proroga per 6 mesi, e prorogato l’originario termine fino al 25.7.2006.

Con le stesse motivazioni della prima richiesta, l’odierno appellante ha chiesto un ulteriore periodo di proroga di 6 mesi.

L’Ispettorato ha respinto l’istanza, rilevando che le motivazioni addotte non giustificavano il ritardo maturato per l’esecuzione dei suddetti lavori, ed ha conseguentemente archiviato l’istanza, dando avvio al procedimento di revoca del contributo.

L’interessato ha presentato una memoria, alla quale ha fatto seguito il provvedimento col quale l’Ispettorato ha revocato il contributo.

Avverso tale provvedimento il signor Mu. ha proposto ricorso gerarchico al Dirigente Generale del competente Dipartimento regionale; quindi, decorso il termine di novanta giorni, ha impugnato in sede giurisdizionale il silenzio-rigetto asseritamente formatosi.

Successivamente il Dirigente generale ha rigettato il ricorso gerarchico con provvedimento espresso, impugnato dal ricorrente con motivi aggiunti.

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale ha dichiarato irricevibile il ricorso principale ma – concesso l’errore scusabile – ha valutato nel merito i motivi aggiunti e li ha respinti.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dal soccombente, il quale ne ha chiesto l’integrale riforma deducendo a tal fine quattro motivi di impugnazione.

Si è costituita la resistente Amministrazione, depositando una memoria volta ad illustrare l’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 15 marzo 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è in parte fondato e va pertanto accolto per quanto di ragione.

Con il primo motivo l’appellante deduce che ha errato il Tribunale nel dichiarare irricevibile per tardività il ricorso introduttivo.

Dal momento che la impugnabilità in sede gerarchica del provvedimento dirigenziale di revoca del contributo era (sia pure erroneamente) prevista da una clausola apposta in calce al provvedimento stesso l’errore in cui è incorso il ricorrente avrebbe dovuto essere considerato scusabile.

Il mezzo è inammissibile per difetto di interesse.

Il T.A.R. infatti, dopo aver dichiarato tardivo il ricorso avverso l’originario provvedimento di revoca, ha poi qualificato la decisione gerarchica del Dirigente generale come nuovo provvedimento autonomamente lesivo e ciò ha fatto proprio concedendo quell’errore scusabile che il ricorrente oggi invoca.

In sostanza – il che è ciò che conta – sono state esaminate nel merito tutte le censure proposte dal ricorrente, il quale dunque non ha alcun interesse a dolersi della soluzione procedurale adottata dal Tribunale.

Con il secondo motivo, rubricato alla violazione dell’art. 49 della legge regionale n. 13 del 1986, l’appellante sostiene che la richiesta di ulteriore proroga del termine di conclusione dei lavori era giustificata dalle calamità naturali che avevano interessato l’azienda agricola.

Il mezzo è privo di ogni fondamento.

In via principale va intanto rilevato che l’appellante ha giustificato le due successive richieste di proroga adducendo la difficoltà di reperire sul mercato manodopera specializzata in grado di compiere i lavori necessari: quindi ogni approfondimento sulla diversa causa di forza maggiore allegata in sede contenziosa a sostegno della richiesta di proroga (le suddette calamità naturali) sarebbe in realtà superfluo, non potendosi qui discutere del mancato accoglimento di una giustificazione mai prospettata dal beneficiario del contributo nella sede amministrativa propria.

In ogni caso, e cioè anche a voler prescindere da tale decisivo rilievo, la tesi interpretativa qui sostenuta dall’appellante non può essere condivisa.

L’art. 49 comma decimo lettera c) della legge regionale n. 13 del 1986 e successive modifiche individua – come cause di forza maggiore tali da giustificare una proroga del termine dei lavori ammessi a contributo – le "calamità naturali che abbiano interessato l’azienda".

Come esattamente dimostrato dal T.A.R. elementari esigenze logiche postulano che tra le calamità naturali appunto suscettibili di assurgere a causa impediente di forza maggiore siano ricomprese solo quelle verificatesi dopo la concessione del contributo stesso e cioè le calamità imprevedibili perchè sopravvenute nelle more dell’ultimazione dei lavori.

Se invece gli eventi naturali allegati a giustificazione si sono verificati – come nel caso all’esame – prima della concessione del contributo l’interessato è già in grado ab initio di organizzarsi onde ultimare i lavori nel termine di legge.

Infondato è anche il terzo motivo col quale l’appellante deduce il difetto di istruttoria e di motivazione che vizierebbe gli atti impugnati.

Le considerazioni svolte nelle premesse dei provvedimenti impugnati risultano infatti congrue ed adeguate alla fattispecie, dando esse pienamente conto delle ragioni giuridiche e fattuali che imponevano la revoca del contributo per sostanziale inadempimento del beneficiario.

Non può del resto non considerarsi che, come posto in luce dall’Ispettore provinciale, per l’esecuzione dei lavori previsti in progetto era stato stimato un termine reale di esecuzione massimo di mesi tre, a fronte del quale l’interessato, in virtù della successiva proroga, ha avuto in concreto a disposizione un periodo complessivo di diciotto mesi.

Infine non sussiste la lamentata violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento, perché l’Amministrazione – come risulta dalle motivazioni fornite a supporto del provvedimento impugnato – ha tenuto adeguatamente conto delle ragioni impeditive del ricorrente, con particolare riferimento alla invocata causa di forza maggiore.

Con l’ultimo motivo l’appellante deduce che l’Amministrazione ha erroneamente disposto la revoca integrale del contributo invece di procedere – come previsto nel decreto di concessione – ad una sua riduzione, con liquidazione dei lavori effettivamente eseguiti.

Il mezzo va accolto.

Risulta dagli atti che l’interessato – nella data del 30.11.2006 anteriore a quella di adozione del decreto di revoca – ha richiesto il collaudo delle opere parzialmente eseguite.

Secondo la sentenza impugnata, tale richiesta correttamente non è stata presa in considerazione dall’Ispettorato in quanto essa – siccome presentata solo dopo la comunicazione da parte dell’Amministrazione dell’avvio del procedimento di revoca – non era utile a comprovare che i lavori stessi fossero stati eseguiti nel termine fissato.

Al riguardo osserva questo Collegio che il provvedimento di concessione del contributo prevedeva espressamente la possibilità di una liquidazione parziale dello stesso, e cioè proporzionale alle opere effettivamente eseguite, qualora l’intervento non fosse stato completamente ultimato.

Essendo la richiesta di collaudo parziale intervenuta prima della formale adozione del decreto di revoca la stessa andava dunque presa in considerazione.

Resta ovviamente ferma la necessità che il beneficiario documenti in modo obiettivo (e quindi esclusivamente mediante documentazione fiscale) che le opere in questione sono state realizzate prima della scadenza del periodo di proroga.

Sulla base delle esposte considerazioni l’appello va quindi accolto per quanto riguarda la richiesta di liquidazione del contributo per i lavori che risultino svolti dal sig. Mu. – in base a documentazione fiscale certa – prima della scadenza del periodo di proroga, mentre per il resto l’appello è respinto.

Ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente sentenza.

Le spese del giudizio possono essere compensate vista la reciproca parziale soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie in parte l’appello nei limiti indicati in motivazione e per il resto lo respinge.

Compensa tra le parti spese e onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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