Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 14-06-2011, n. 426 Opere pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ti per l’Impresa appellante.
Svolgimento del processo

L’impresa Coriv 5, in proprio e nella qualità di capogruppo della costituenda A.T.I. con l’impresa Lorincione Crocifisso, adiva il T.A.R. della Sicilia, sede di Palermo, chiedendo l’annullamento del verbale di gara del 27.1.2010 – 15.2.2010, con il quale la Provincia regionale di Trapani aveva aggiudicato alla Infrastrutture s.r.l. i lavori di ristrutturazione della S.P. 29 Trapani – Salemi contrada (…).

Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 75 del D.P.R. n. 554 del 1994.

A suo avviso, l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, poiché il sig. Salvatore Pr., institore della medesima società, non aveva reso la dichiarazione in ordine all’assenza delle cause di esclusione di cui all’art. 75, lett. b-c) del D.P.R. n. 554/1999.

Si costituiva in giudizio l’impresa Infrastrutture, la quale controdeduceva al motivo di censura, concludendo per la reiezione del gravame.

La società Infrastrutture proponeva altresì ricorso incidentale.

Con sentenza n. 7753 del 17 giugno 2010, il T.A.R., respingeva il ricorso incidentale e accoglieva il ricorso principale.

A suo avviso, i poteri relativi alla carica di institore (oltre la qualità di procuratore) del sig. Sa.Pr. emergevano dalla visura camerale del 25 febbraio 2010, versata in atti dalla ricorrente, dalla quale risultava, altresì, che tale nomina era avvenuta con atto del 2 aprile 2009.

In ogni caso, anche prescindendo dalla qualificazione di institore, il sig. Pr. sarebbe stato ugualmente tenuto a rendere la dichiarazione in questione, stante l’assimilabilità della figura dell’institore a quella dell’amministratore con poteri di rappresentanza.

L’impresa Infrastrutture ha proposto appello avverso la summenzionata sentenza.

Resistono all’appello la Coriv 5 s.r.l. e l’impresa Lorincione Crocifisso.
Motivi della decisione

1) La società appellata ha eccepito che il ricorso è improcedibile per la mancata impugnazione da parte dell’appellante del provvedimento di revoca e di aggiudicazione definitiva dei lavori in suo favore.

Il Collegio è dell’avviso che si possa prescindere dall’esaminare tale eccezione, stante l’infondatezza dell’appello.

2) Con il primo motivo di appello l’impresa Infrastrutture ha riproposto il secondo motivo del ricorso incidentale.

A suo avviso l’impresa appellata doveva essere esclusa dalla gara, perché aveva chiesto il rilascio del certificato D.U.R.C. soltanto per "iscrizione all’albo fornitori" e, in ogni caso, perché al timbro apposto "per partecipazione a gare d’appalto" non poteva essere attribuita valenza probatoria.

Il motivo di appello è infondato.

Il timbro della Cassa emittente contenente la dicitura che il D.U.R.C. è rilasciato "per la partecipazione a gare di appalto" è in tutto equivalente, nella sostanza e nella forma, all’allegazione al documento della copia conforme della domanda di rilascio includente la finalità specifica per la quale la richiesta era stata avanzata (cfr. questo Consiglio, 12 maggio 2010 n. 651).

In ogni caso, come rettamente osservato dal giudice di prime cure, "…l’obbligo di produzione del documento unico di regolarità contributiva di cui all’art. 19, comma 12, della legge n. 109 del 1994 e relative disposizioni attuative, siccome richiamata in ambito regionale, deve ritenersi superato per sopravvenuta incompatibilità di detta disposizione con l’art. 16 bis, comma 10 del decreto legge n. 185 del 2008, introdotto dalla legge di conversione n. 2 del 2009, espressione di principi di semplificazione contenuti anche nella legislazione regionale (cfr. art. 21, L.R. n. 10 del 1991), disposizione per effetto della quale le notizie attestate dal D.U.R.C. possono, comunque, formare oggetto della dichiarazione ex art. 77 bis del D.P.R. n. 445 del 2000…".

3) Con il secondo motivo di appello è riproposto il terzo motivo di ricorso incidentale.

Ad avviso dell’appellante, la Coriv 5 doveva essere esclusa dalla gara, poiché non aveva sbarrato la voce p) del modulo di partecipazione, afferente alla dichiarazione sull’adempimento degli obblighi di cui alla L. n. 68/69 in materia di diritto al lavoro dei disabili.

Più precisamente, come soggiunge l’appellante, nel caso in cui il bando richiede, a pena di esclusione, una specifica dichiarazione in alternativa ad altra, incombe sul dichiarante un preciso obbligo di specificazione, non rispettando il quale il medesimo incorre nell’esclusione dalla gara.

Il motivo di appello è infondato.

Il disciplinare di gara prevedeva l’obbligo di dichiarare, "nel caso di concorrente che occupa non più di 15 dipendenti oppure da 15 a 35 dipendenti qualora non abbia effettuato assunzioni dopo il 18 gennaio 2000 …, la propria condizione di non assoggettabilità agli obblighi di assunzioni obbligatoria di cui alla L. n. 69 del 1999".

Come rettamente osservato dal T.A.R., il disciplinare di gara concentrava in un’unica previsione l’ipotesi di non assoggettabilità agli obblighi ex lege n. 68 del 1999.

Non era, quindi, necessario che la concorrente facesse una specifica dichiarazione in ordine alla dimensione del proprio organico lavorativo.

4) Con il terzo motivo di appello si sostiene che la sentenza impugnata ha erroneamente accolto il ricorso in ragione dell’obbligo del sig. Pr., in qualità di institore di rendere la dichiarazione di cui all’art. 75, lett. b) e c) del D.P.R. n. 554 del 1999.

Ad avviso dell’appellante, rileva la non riconducibilità della posizione di semplice procuratore attribuita al sig. Pr. con la figura speciale del 2.2.2009 alla figura dell’institore, sebbene egli sia stato erroneamente così qualificato nel certificato della camera di commercio. La procura sarebbe stata, infatti, conferita per un tempo determinato (fino al 31.12.2010) e per specifiche attività, al solo fine di fare fronte alla "impossibilità temporanea di curare direttamente tutte le pratiche e gli adempimenti necessari nel rapporto con le Stazioni appaltanti e con le Direzioni dei lavori per la gestione dei cantieri".

Inoltre, essa sarebbe stata affidata a titolo gratuito, il che condurrebbe ad escludere l’esistenza tra la società e il sig. Pr. di un rapporto di lavoro, presupposto necessario per la configurabilità di una preposizione institoria.

Il motivo di appello è infondato.

La ratio della norma posta dall’art. 75, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 554/1999 risiede nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a stipulare il contratto di appalto con la stazione appaltante e dunque il possesso dei requisiti di moralità in capo ai soggetti dotati di potere di rappresentanza e che, conseguentemente, sono in grado di manifestare all’esterno la volontà dell’azienda con la quale si andrà a stipulare il contratto.

Come è stato in particolare sottolineato dalla Sezione V del Consiglio di Stato (sentenza 15 gennaio 2008, n. 36), prendendo spunto dal decreto legislativo n. 163 del 2006, sostitutivo dell’art. 75 del D.P.R. n. 554 del 1999 e dell’art. 17 del D.P.R. n. 34 del 2000, la volontà del legislatore è di assumere come destinatari delle relative disposizioni tutte le persone fisiche che, essendo titolari di poteri di rappresentanza della persona giuridica, sono in grado di trasmettere, con il proprio personale comportamento, la riprovazione dell’ordinamento al soggetto rappresentato, salvo che quest’ultimo non abbia manifestato una decisiva e chiara dissociazione dal comportamento del proprio rappresentante.

La norma si riferisce ai legali rappresentanti, direttori tecnici e amministratori muniti di poteri di rappresentanza, ai direttori tecnici cessati dalla carica nel triennio antecedente.

Si riferisce anche agli institori, atteso che, ai sensi dell’art. 2203 cod. civ., l’institore è colui che è preposto dal titolare all’esercizio di impresa commerciale con posizione corrispondente a quello di un vero e proprio amministratore munito di poteri di rappresentanza, cosicché deve essere annoverato tra i soggetti tenuti alla dichiarazione in parola.

Inoltre, non è solo il rapporto che, in concreto, i singoli rappresentanti avranno con la P.A. a determinare l’obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti di moralità, ma siffatto obbligo sorge dalla necessità di dovere dimostrare l’affidabilità dell’intera impresa che entrerà in rapporto con l’Amministrazione.

Diversamente non avrebbe alcun senso l’obbligo imposto ai soggetti cessati dalla carica di dimostrare i requisiti di moralità, atteso che gli stessi non hanno più modo di entrare in contatto con la stazione appaltante.

Peraltro, conta la titolarità del potere e non anche il suo concreto esercizio, tanto più quando lo stesso statuto abiliti il soggetto a sostituire in qualsiasi momento e per qualsiasi atto il titolare principale della rappresentanza senza intermediazione od investitura ulteriore e, sostanzialmente, senza controllo sull’effettività dell’impedimento e dell’assenza.

Si è altresì soggiunto che deve ritenersi sussistente l’obbligo di dichiarazione non soltanto da parte di chi rivesta formalmente la carica di amministratore, ma anche da parte di colui che, in qualità di procuratore ad negotia, abbia ottenuto il conferimento di poteri consistenti nella rappresentanza dell’impresa e nel compimento di atti decisionali (cfr., di recente, C.d.S., Sez. V, 9 marzo 2010 n. 1373).

Alla stregua di siffatto criterio ermeneutico deve ritenersi che, al di là della disputa sull’attribuzione al sig. Pr., in base alle risultanze del certificato della camera di commercio, della qualifica di institore, rileva la circostanza che al medesimo erano stati conferiti ampi e rilevanti poteri nella gestione e nella rappresentanza (interna ed esterna) della società, avendo la facoltà, tra l’altro, di assumere e licenziare il personale di cantiere, di stipulare contratti di appalto e subappalto, sottoscrivere e presentare ricorsi, denunce e reclami ecc.

Rettamente, quindi, il giudice di primo grado ha ritenuto che l’impresa avesse l’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 75 D.P.R. n. 554 del 1999 con riferimento al sig. Pr.

5) In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente sentenza.

Le spese e gli oneri del presente grado di giudizio, come di regola, seguono la soccombenza e sono posti a carico dell’impresa appellante e liquidate a favore delle società appellate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello indicato in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento a favore delle società appellate delle spese, competenze e onorari del giudizio che liquida complessivamente in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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