Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 10-06-2011, n. 23449 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con istanza di riesame ex art. 309 c.p.p. presentata il 22/4/2010 dal difensore di D.M.G. avverso il decreto di sequestro preventivo di un cavallo (maschio castrone mantello baio) emesso dal Gip del Tribunale di Catania in data 31/3/2010 il M. ha dedotto la nullità del sequestro per omesso avviso agli indagati da parte degli agenti ed ufficiali di p.g., appartenenti all’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, squadra cinofili della Questura di Catania, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Il sequestro, secondo l’assunto dell’appellante, era nullo anche per l’ulteriore profilo del difetto di contestazione del reato addebitato e comunque del difetto di motivazione del provvedimento impugnato essendosi il g.i.p. limitato a d indicare il nomen iuris del reato (art. 544 ter c.p.), senza specificare la materialità della condotta contestata agli indagati.

Carente era inoltre il requisito del "fumus boni iuris" non essendo emersi dati concretamente indicativi che gli equini, poi sequestrati, fossero stati sottoposti a maltrattamenti.

2. L’adito Tribunale di Catania con ordinanza del 4/5/2010 escludeva la sussistenza della dedotta violazione delle garanzie difensive.

Riteneva poi sussistere i requisiti per l’adozione del sequestro preventivo. Pertanto, confermava l’impugnato decreto con conseguente condanna dell’impugnante al pagamento delle spese processuali.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con quattro motivi.
Motivi della decisione

1. Il ricorso, articolato in quattro motivi, con cui il ricorrente lamenta il mancato avviso ex art. 114, l’omessa puntuale indicazione della condotta materiale, l’insussistenza del periculum, è inammissibile per manifesta infondatezza.

2. Manifestamente infondata è la censura di violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., che prevede l’avvertimento del diritto all’assistenza del difensore stabilendo che, nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 c.p.p., la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia. Ma l’art. 356 c.p.p. richiama l’art. 354 c.p.p. che a sua volta prevede solo l’ipotesi del sequestro probatorio.

In materia questa Corte (Cass., sez. 4^, 16 luglio 2009 – 5 novembre 2009, n. 42512) ha affermato che non è previsto da alcuna disposizione di legge l’obbligo del previo avviso al difensore di fiducia dell’indagato della esecuzione del sequestro preventivo disposto dal giudice, nè sussiste l’obbligo per la polizia giudiziaria di avvisare l’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, posto che le norme di cui agli artt. 356 e 364 cod. proc. pen. e art. 114 disp. att. cod. proc. pen., che prevedono tale avviso in tema di sequestro probatorio, non trovano applicazione nell’ipotesi di sequestro preventivo (conf. Cass., sez. 3^, 4 ottobre 2002 – 5 dicembre 2002, n. 40970).

Comunque nella specie – ha ritenuto il tribunale – l’avviso è stato dato e ciò si desume dalla riserva dell’indagato di nominare un difensore. Infatti dal verbale dell’Ufficio Prevenzione Generale Soccorso Pubblico della Questura di Catania di identificazione del D.M. e dallo stesso, redatto alle ore 12,30 del 27/3/2010 è risultato – sottolinea il tribunale – che l’indagato, ritualmente avvisato, non nominò un difensore di fiducia, riservandosi di nominarlo successivamente.

3. Le altre censure, riguardanti il fumus commissi delicti ed il periculum, toccano la valutazione di merito del tribunale non sindacabile in questa sede di legittimità.

Il tribunale ha motivato in ordine alla sussistenza sia del fumus commissi delicti che del periculum. Ha infatti ritenuto che la custodia del cavallo in locali ove erano state rinvenute sostanze stupefacenti idonee al doping era indicativa della situazione di uno sfruttamento anomalo dell’animale, dannoso per la salute dello stesso. Ha quindi apprezzato, con valutazione di merito, gli indizi di colpevolezza, non limitandosi, nella sostanza, alla mera configurabilità in astratto della commissione del reato.

Il tribunale ha poi posto in rilievo come risultava dal verbale di sequestro che nella stalla di (OMISSIS) ove si trovava il cavallo di proprietà del M. erano state rinvenute 5 confezioni di morfina cloridrato, sequestrata allo stesso M. e altri farmaci di natura anabolizzante.

Nella relazione di servizio si dava poi atto che due dei cavalli erano detenuti all’interno di un box in condizioni igienico sanitarie pessime e in cattivo stato di nutrizione, che la lettiera era stata rimossa e che presentavano evidenti segni di ferite non curate.

In proposito Cass., sez. 5^, 15 luglio 2008 – 3 ottobre 2008, n. 37695, ha affermato che, nella verifica dei presupposti per l’emanazione del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma, valutando il "fumus commissi delicti", deve tenere conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, non occorrendo la sussistenza d’indizi di colpevolezza o la loro gravita, ma solo elementi concreti conferenti nel senso della sussistenza del reato ipotizzato.

Motivatamente poi il tribunale ha ritenuto sussistente anche I’Xpericulum in mora tenuto conto che la perdurante disponibilità del cavalli in capo all’indagato avrebbe costituito occasione di protrazione o aggravamento del reato ipotizzato.

Pertanto il tribunale, con motivazione sufficiente e non contraddittoria, ha valutato sia il fumus della commissione del delitto di maltrattamento di animali di cui all’art. 544 ter c.p., sotto il profilo della soggezione dell’ animale a patimenti dannosi per la sua "salute", sia il periculum.

3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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