T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 14-06-2011, n. 188 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente è titolare di una licenza di porto di fucile, rilasciata dalla Questura di Parma il 4.6.2006.

2. Il 22.8.2008 i Carabinieri della Stazione di Fornovo Taro inviavano al Prefetto di Parma un’informativa nella quale si dava atto che il ricorrente aveva esploso alcuni colpi di fucile all’interno della propria abitazione sita in un condominio, con conseguente pericolo per l’incolumità degli altri condomini.

3. Quindi il Prefetto di Parma e il Questore di Parma, rispettivamente il 6.8.2008 e l’8.9.2008, inviavano al ricorrente le comunicazioni di avvio dei procedimenti per il divieto di detenzione armi e per la sospensione e la revoca del porto di fucile ad uso sportivo.

4. Nonostante le osservazioni presentate dal ricorrente, le autorità procedenti emettevano i provvedimenti impugnati dei quali l’interessato deduce l’illegittimità per violazione di legge, nonché per eccesso di potere per sviamento e irragionevolezza giacché il divieto e la revoca gravati si fondano sulle mere asserzioni dei vicini di casa, in assenza di indagini atte a dimostrare la ricorrenza dei presupposti prescritti dalla legge per addivenire all’adozione dei predetti atti.

5. L’Amministrazione dell’Interno, ritualmente costituitosi in giudizio, ha concluso per la reiezione del ricorso.

6. Alla pubblica udienza del 9.11.2010 la causa è stata trattenuta in decisione, senti i difensori presenti come da verbale d’udienza.

7. Il ricorso non è fondato e va respinto per le seguenti motivazioni.

8. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 11 del T.U.L.P.S. per addivenire alla revoca del porto di fucile giacché afferma di non essere stato sottoposto a condanne penali, né a misure di sicurezza personali, nonché di essere nella pienezza delle proprie facoltà mentali. Ad avviso del ricorrente, quindi, l’Amministrazione non avrebbe potuto basarsi, per l’adozione dei provvedimenti impugnati, esclusivamente sulle dichiarazioni rese dai vicini di casa con i quali, peraltro, non corrono buoni rapporti a causa della rumorosità e del comportamento dei figli del ricorrente medesimo.

9. Il Collegio rileva, in via generale, che, ai sensi dell’art. 39 del R. D. n. 773/1931, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne. Parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 del R.D. n. 773/1931, la licenza di porto d" armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi.

9.1. La disciplina sopra ricordata concorre alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da un indebito uso e dall’inosservanza degli obblighi di custodia, nonché dalla commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa.

9.2. In questa materia l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, correlato anche alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti. I provvedimenti di autorizzazione alla detenzione e al porto d’armi postulano, quindi, che il beneficiario di essi sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata alla puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, oltre che delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.

9.3. I provvedimenti negativi, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, fermo restando, in capo all’amministrazione, l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime. In altre parole, per giustificare l’adozione di un divieto ex art. 39 citato è sufficiente un plausibile e motivato convincimento dell’autorità prefettizia circa la prevedibilità o comunque la possibilità dell’abuso delle armi medesime. Sempre in considerazione della finalità preventivo -cautelare dei provvedimenti suddetti, gli stessi non sono necessariamente collegati a un’accertata responsabilità di carattere penale, ma costituiscono il risultato di un apprezzamento amministrativo di distinta natura e di diversa portata, e possono assumere a presupposto, quali indici rivelatori della non affidabilità di non abuso delle armi, fatti ed episodi indipendenti dall’attivazione di procedimenti penali riferiti a reati contestualmente ravvisabili, avuto riguardo al momento della emanazione del provvedimento lesivo (cfr. in termini Cons. Stato, Sez. VI, 10 ottobre 2005, n. 5462).

9.4. Tanto premesso è, quindi, evidente che è del tutto irrilevante il fatto che il ricorrente non abbia procedimenti penali pendenti a suo carico, né che non sia stato destinatario di misure di sicurezza personali, né, infine, che dai fatti denunciati dai vicini non siano scaturite ulteriori indagini di polizia giudiziaria. Ciò che rileva nella fattispecie in esame, ad avviso del Collegio, è la circostanza, supportata dalle dichiarazioni rese da ben quattro vicini di casa del ricorrente, che quest’ultimo in due occasioni nell’arco di circa un mese ha esploso dei colpi di arma da fuoco all’interno della propria abitazione.

9.5. Concludendo, quindi, i provvedimenti impugnati risultano legittimi in quanto tutti gli elementi fattuali posti a fondamento dei medesimi depongono, in modo incontestabile, per il fatto che il ricorrente continui a non riunire in sé i requisiti delle "sufficienti garanzie di non abusare delle armi".

9.6. Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso proposto deve, quindi, essere respinto.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio per complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) in favore dell’Amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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