Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 10-06-2011, n. 23464 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 26 marzo 2010 il Magistrato di sorveglianza di Varese respingeva la richiesta di remissione del debito presentata da C.U. relativamente alle spese processuali dovute in forza della sentenza di condanna pronunciata il 23 marzo 2004 dalla Corte di appello di Firenze. La decisione si fonda sulla rilevata circostanza che l’istante, successivamente alla detenzione patita per l’espiazione della suddetta condanna, ha commesso un ulteriore reato in materia di stupefacenti, della stessa specie di quello per il quale era stata pronunciata la sentenza della Corte di appello di Firenze. La commissione di ulteriore reato è quindi valutata dal magistrato di sorveglianza come dimostrativa di una non regolare condotta anche in corso di espiazione, perchè significativa di una adesione solo formale alle regole ed alle attività trattamentali e, in quanto tale, non coincidente con l’evoluzione, positiva, della condotta medesima quale richiesta dall’ordinamento penitenziario e dal regolamento di esecuzione.

2 – Avverso l’ordinanza ha proposto impugnazione davanti al Tribunale di Sorveglianza di Milano il difensore di C.U., impugnazione poi qualificata come ricorso per cassazione ed inviata a questa Corte.

Lamenta il ricorrente che il magistrato di sorveglianza nel provvedimento impugnato non abbia in alcun modo motivato, in relazione alla condotta effettivamente tenuta dall’istante in corso di espiazione, espiazione avvenuta in buona parte nelle forme dell’affidamento in prova, condotta in relazione alla quale neppure ha provveduto ad acquisire informazioni. La motivazione del provvedimento è, poi, errata in diritto e contraddittoria laddove, dopo aver ricordato l’evoluzione giurisprudenziale del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6 che ritiene di esclusiva pertinenza alla concessione della remissione del debito la verifica della condotta i corso di esecuzione pena, rigetta la richiesta sulla base di una sentenza di patteggiamento, peraltro non acquisita ed erroneamente indicata come concordata in relazione ad una pena nella misura di anni 6, con ciò stravolgendo il dato normativo..

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott. Antonio Mura, con atto depositato il 14 luglio 2010, chiede che il ricorso sia rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Motivi della decisione

1.- Il ricorso è fondato nei termini di cui alle successive argomentazioni.

2.- Rileva il Collegio che la giurisprudenza formatasi in materia dei requisiti necessari per ottenere la concessione del beneficio della remissione del debito, quale prevista dal D.P.R. n. 215 del 2002, art. 6, comma 2, ha dato luogo a contrasti dal momento che un orientamento, quello numericamente prevalente, ha affermato che ai fini della valutazione della condotta si deve tenere conto esclusivamente della condotta inframuraria, ovvero della condotta in libertà quando la pena, ovvero parte di essa, sia stata eseguita nelle alternative alla detenzione previste dall’ordinamento penitenziario (da ultimo Sez. 1, Sent. 16.1.2009, n.3752, Rv. 242444, Bozza; Sez. 1, Sent. 8.5.2009, n. 22376, Rv. 244825, Capizzi; Sez. 1, Sent. 18.3.2008, n. 14663, Rv. 239909, Nisticò, Sez. 1, Sent.

18.2.2009, n. 10745, Rv. 242893, Mbaye), mentre, un altro indirizzo ha sostenuto la rilevanza anche della condotta tenuta in ambito esterno successivamente alla esecuzione della pena (da ultimo Sez. 5, Sent. 17.6.2010, n. 27302, Rv. 247893, Lo Bue).

Entrambi gli indirizzi giurisprudenziali presuppongono, in ogni caso, che la decisione del magistrato di sorveglianza non possa prescindere dalla analisi della effettiva condotta serbata dal richiedente in corso di espiazione, perchè si tratta di elemento di giudizio, indefettibile, richiesto dalla lettera della norma e che non può essere pretermesso senza incorrere in violazione della disposizione di cui al D.P.R. n. 215 del 2002, art. 6.

Nel caso di specie il provvedimento gravato non ha in alcun modo preso in esame l’effettiva condotta dell’istante in corso di espiazione limitandosi, sul punto, ad una sorta di premessa, del tutto teorica, disancorata rispetto alle reali modalità con le quali tale espiazione si è in concreto svolta e sviluppata, mirata esclusivamente a sostenere, con argomentazione apodittica e, perciò, solo apparente, che la regolare condotta intramuraria deve essere intesa non come formalistica accettazione delle regole interne dell’istituto e che la commissione di reati, a breve distanza di tempo dalla conclusione della carcerazione, non potendo essere priva di rilevanza, impediva la concessione del beneficio in quanto la condotta del richiedente, complessivamente valutata in relazione alla avvenuta commissione nel 2009 di un ulteriore reato, non poteva essere considerata regolare.

In realtà il provvedimento ha omesso sia di valutare la condotta del richiedente in corso di espiazione; che di procedere ad un vaglio effettivo di quella successiva, fondando la decisione di rigetto sulla sola constatazione, in base quanto dichiarato dal richiedente medesimo, dell’avvenuta commissione di un ulteriore delitto, della stessa specie di quello per cui era stata pronunciata la condanna in conseguenza della quale era sorto il debito per spese processuali, per il quale era stata emessa sentenza ex art. 444 c.p.p..

Poichè ai fini della remissione del debito nella fattispecie prevista dal D.P.R. n. 215 del 2002, art. 6, comma 2, il requisito della condotta costantemente regolare, che ne costituisce condizione per la concessione, deve essere prioritariamente valutato in relazione a quella mantenuta in ambito inframurario e anche quella tenuta in ambito esterno nel corso dell’esecuzione della pena, e non con riferimento esclusivo ad eventuali comportamenti successivi, anche se costituenti reato (Sez. 1, Sent. 25.3.2003, n. 27724, Rv.

225200, Palazzo), il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Varese.
P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Varese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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