Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 10-06-2011, n. 23463

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Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 30 marzo 2010 il Tribunale di sorveglianza di Milano respingeva l’istanza proposta da S.O., volta ad ottenere la detenzione domiciliare ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter, comma 1 ter, o il differimento dell’esecuzione della pena, in relazione alla pena determinata con provvedimento di cumulo emesso il 30 novembre 2009 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Monza, contenente anche condanna con applicazione della recidiva ex art. 99 c.p..

Rilevava il tribunale che la condanna con la specifica indicazione dell’art. 99 c.p. rende inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare avanzata ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1, O.P.; quanto alla domandato differimento dell’esecuzione della pena osservava che non ne ricorrevano i presupposti, nemmeno sotto il profilo dell’art. 47 ter, comma 1 ter, O.P. in quanto le problematiche cardiologiche del detenuto non si presentavano, sulla base delle relazioni mediche esaminate, di particolare gravità e tali da richiedere cure non praticabili in regime di detenzione.

2 – Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’avvocato Angelo Cerchia, difensore di S.O., assumendo vizio di motivazione per contraddittorietà e illogicità. Lamenta il ricorrente che la richiesta di differimento dell’esecuzione della pena era motivata dalla grave infermità del detenuto ai sensi dell’art. 147 c.p., comma 1, n. 2), per incompatibilità con il regime penitenziario. Evidenziava, in proposito, che le conclusioni del consulente di parte circa la grave cardiomiopatia ipertensiva associata a fibrillazione atriale dalla quale è affetto il S., erano condivise dalla relazione dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), la quale, pur affermando che le condizioni cliniche del detenuto sono compatibili con il regime carcerario, segnala l’imprevedibilità della possibile comparsa di condizioni generanti trigger emodinamici e soprattutto aritmici, peraltro verificatisi il 22 aprile 2010, con ricovero presso l’ospedale (OMISSIS). Illustra, quindi la condizione del soggetto: di età superiore ad anni 70, la cui cardiopatia risale a 20 anni e necessita la conduzione di una vita tranquilla, priva di stress emotivi, l’assunzione di farmaci con regolarità e in dosi controllate e/o aggiustate periodicamente, la pratica di una dieta regolare. Assume che la detenzione sta arrecando un gravissimo pregiudizio al ricorrente, tanto da porre in pericolo la sua vita, anche per le difficoltà di adattamento alla condizione di restrizione, quali riferite nella relazione degli operatori penitenziari, che riportano del suo umore melanconico ed iporeattivo e del suo invecchiamento rispetto al momento dell’arresto.

Il palese disturbo di adattamento manifestato dal S. contrasta con il fine rieducativo della pena, costituzionalmente garantito, e la sua permanenza comporta un condizione inadeguata e disumana che giustifica la ammissione alla detenzione domiciliare, misura alla quale non osta la sua ormai cessata pericolosità sociale.

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott. Antonio Mura, con atto depositato il 13 luglio 2010, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Motivi della decisione

1.- Il ricorso è manifestamente infondato.

2.- Il ricorrente lamenta la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata ma, nell’illustrazione del motivo di censura, si limita a contrapporre alle valutazioni di merito del tribunale di sorveglianza le sue, diverse, valutazioni circa la gravità delle patologie dalle quali è affetto il detenuto e la loro non compatibilità con il regime di detenzione.

Si rileva in proposito che il controllo del giudice della legittimità, non si estende alle incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia macroscopiche, eclatanti, assolutamente incompatibili con le conclusioni adottate o con altri passaggi argomentativi utilizzati dai giudici e tali, perciò, da costituire palesi fratture logiche, all’interno del discorso giustificativo, tra premesse e conclusioni. A ciò va aggiunto che restano escluse dal giudizio affidato alla Corte di Cassazione le deduzioni che riguardano l’interpretazione e la specifica consistenza degli elementi probatori e la scelta di quelli determinanti, poichè la verifica di legittimità è limitata alla sussistenza dei requisiti minimi di esistenza e di logicità della motivazione, essendo inibito il controllo sul contenuto della decisione che si sostanzi in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito. Gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono, infatti, interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa (ex plurimis Cass. Sez. 2, Sentenza 5.5.2006, n. 19584, Rv. 233775).

2.2.- Ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimità i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti addotta dal ricorrente, nè su altre spiegazioni dallo stesso fornite, per quanto queste possano apparire altrettanto logiche e plausibili (Cass. Sez. 2, Sentenza 22.4.2008, n. 18163,Rv.239789).

Il tribunale di sorveglianza, nel caso di specie, ha con motivazione completa ed esauriente, valutato le relazioni mediche, in particolare quella del 17 marzo 2010 dei sanitari dell’Ospedale (OMISSIS), pervenendo, attraverso un iter logico, consequenziale e scevro da fratture e soluzioni di continuità, alla conclusione della non sussistenza di un quadro patologico tale da rendere prevedibili condizioni generanti trigger emodinamici ed aritmici e da richiedere cure non apprestabili in regime di detenzione.

La diversa prospettazione della condizione di salute del S., quale idratata in ricorso fondata più che su effettive considerazioni cliniche, su valutazioni generiche e poco pertinenti tendenti ad accreditare uno stato di non compatibili con la condizione di detentiva conseguente a un, non meglio specificato, disturbo di adattamento che inciderebbe sulla concomitante cardiopatia ipertensiva associata fibrillazione atriale, si risolve in una censura di fatto alla valutazione operata dal tribunale di sorveglianza della non ricorrenza, in capo al richiedente delle condizioni di grave infermità necessarie per il differimento della pena ai sensi dell’art. 147 c.p. o per l’ammissione, in luogo del differimento, alla detenzione domiciliare prevista dall’art. 47 ter, comma 1 ter, O.P..

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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