Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 10-06-2011, n. 23462 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con decreto in data 19 ottobre 2009 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza proposta da R.I., volta ad ottenere la detenzione domiciliare con riferimento alla condanna pronunciata con sentenza 20 ottobre 2008 dal Tribunale di Firenze, perchè la istanza costituiva mera riproposizione di altra, già in precedenza rigettata dal tribunale di sorveglianza con ordinanza 9 giugno 2009. 2 Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’avvocato Giovanni Merli, difensore di R.I., assumendo a motivo la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione.

Lamenta il ricorrente che l’istanza respinta a suo tempo dal tribunale di sorveglianza era finalizzata ad ottenere l’applicazione dell’affidamento terapeutico previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, mentre, l’istanza di cui al ricorso provvedimento era rivolta all’ottenimento di una misura alternativa diversa,. La differenza tra le misure rende evidente l’illogicità della motivazione del decreto gravato.

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Antonio Mura, con atto depositato il 23 luglio 2010, chiede che il ricorso sia rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Motivi della decisione

1.- Rileva preliminarmente il Collegio che dagli atti acquisiti tramite il DAP, risulta la ricorrente R.I. è stata scarcerata il 28 dicembre 2010 per avvenuta espiazione pena, ne consegue che la stessa, avendo compiutamente espiato la condanna in relazione alla quale domandava di essere ammessa alla misura alternativa della detenzione domiciliare, non ha più interesse, concreto ed attuale, alla definizione del ricorso.

E’, invero, condizione di ammissibilità per qualunque impugnazione, secondo quanto richiesto dall’art. 568 c.p.p., comma 4, che sussista un interesse effettivo, in quanto volto alla rimozione delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dal provvedimento impugnato (Cass. Sez. 6, Sent. 21.4.2006, n. 24637, Rv. 234734); tale interesse deve poi persistere sino alla decisione e non può consistere nella mera ed astratta pretesa alla esattezza teorica del provvedimento impugnato" (Cass. S.U. Sent. 12.10.1993 n.20) priva cioè di incidenza pratica sull’economia del procedimento e sulla situazione reale del ricorrente.

Dunque, essendo venuto meno l’interesse della ricorrente a coltivare l’impugnazione avverso il decreto che dichiarava inammissibile la sua istanza di detenzione domiciliare, posto che è stata espiata la pena detentiva in relazione alla quale la misura alternativa era domandata e la stessa è stata restituita alla libertà, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Il venir meno dell’interesse, sopraggiunto alla proposizione del ricorso, non configura un’ipotesi di soccombenza e, pertanto, si ritiene ( vedasi da ultimo in tal senso: Cass. Sez. 1, Sent.

9.1.2009, n. 2483, Rv. 242816, Larosa) che la ricorrente non debba essere condannata nè alle spese processuali nè al pagamento della sanzione in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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