Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-01-2011) 10-06-2011, n. 23459

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Svolgimento del processo

1.1- Con l’ordinanza 10.9.2010 il Tribunale di Ragusa in composizione monocratica, nell’ambito del procedimento penale n. 494/2010 R.G. Trib. Ragusa, convalidava l’arresto T.A. in relazione al contestato reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, a ragione del fatto che trattavi di arresto obbligatorio, avvenuto nella flagranza del reato contestato e che il fatto stesso, in relazione ad altro per il quale era stato già processato per identica violazione penale, era da considerarsi nuovo episodio delittuoso, attenendo ad un ulteriore e diverso ordine di espulsione e allontanamento rispetto a quello precedente.

1.2.- Propone ricorso per Cassazione l’avv. Massimo Garofalo, difensore di T.A. per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o d altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale – art. 606 c.p.p., lett. b) , carenza di motivazione – art. 606 c.p.p., lett. e).

Il ricorrente, premesso che l’imputato era già stato condannato per il reato previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 quater, e che la nuova contestazione, per la quale è stata emessa l’ordinanza di convalida di arresto impugnata, riguarda la mancata osservanza di un successivo decreto prefettizio di espulsione e del conseguente, ed anch’esso successivo, ordine del Questore di lasciare il territorio dello stato, assumeva che la mancata ottemperanza al secondo ordine di espulsione non costituisce reato. Non è infatti consentita l’emanazione di un nuovo ordine ex D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14 ter, comma 5 bis, con la conseguenza che la permanenza dello straniero in Italia in epoca successiva al primo decreto di espulsione, non integra gli estremi del reato contestato. Nei confronti del cittadino extracomunitario che sia risultato inottemperante al primo decreto di espulsione ed al conseguente ordine di allontanamento dal territorio dello stato, infatti, non può essere nuovamente intimato di allontanarsi dal suddetto territorio, piuttosto il secondo decreto deve essere eseguito con accompagnamento dello straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Ne deriva che se, a seguito dell’adozione del secondo decreto di espulsione, lo straniero non venga accompagnato alla frontiera,oppure in caso di impossibilità di immediato accompagnamento al confine sia disposto il suo trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, egli non commette reato trattenendosi senza giustificato motivo nel territorio dello stato.

Chiedeva, quindi, in mancanza del fumus delicti nel caso di specie, l’annullamento della ordinanza impugnata.

1.2.- Il Procuratore Generale conclude per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

2.1.- Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Rileva il Collegio che la non configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, nei confronti dello straniero chiamato a rispondere di inottemperanza a un ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, emesso dopo che un precedente analogo provvedimento è rimasto non eseguito, deriva da una interpretazione giurisprudenziale. Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte che ha modificato il precedente orientamento (cfr., da ultimo n.. 580 del 2006, Rv. 232381; n. 9120 del 2006 Rv. 233523; n. 40798 del 26.09.2007; n. 46240 del 04.12.2008, Sez. 6, sent. n. 9073 del 17.12.2009, Rv. 246275), il successivo ordine di espulsione emesso dal Questore può essere eseguito soltanto mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, e, qualora ciò non sìa possibile con immediatezza, lo straniero deve essere trattenuto presso un centro di accoglienza ai fini della sua completa identificazione o dell’acquisizione dei documenti di viaggio; con la conseguenza che, dopo la commissione di un primo reato ex art. 14, comma 5 ter, non è configurabile un nuovo reato previsto dalla stessa disposizione di legge che presuppone la violazione del mero ordine di allontanamento dal territorio dello Stato. Si tratta di una interpretazione senz’altro condivisibile che però riguarda la fase del vero e proprio giudizio e non quella della semplice convalida dell’arresto posto che, in questa prima fase il giudice è chiamato solo a verificare la correttezza dell’operato della polizia giudiziaria la quale, a fronte di un ordine di allontanamento del Questore, legittimo quanto a forma e modalità, ed in presenza di esplicita previsione normativa (del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 quinquies come modificato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22) era comunque tenuta a procedere all’arresto, non essendo suo specifico compito verificare in relazione alle più recenti interpretazioni di legittimità la configurabilità o meno dell’ipotesi delittuosa.

Ne consegue che il ricorso, avente ad oggetto la sola convalida dell’arresto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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