T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 14-06-2011, n. 5258 Silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con due separati ricorsi il maresciallo aiutante della Guardia di finanza M.M. ha impugnato, con il primo ricorso rubricato al n. R.g. 16337 del 1998, il silenzio serbato dall’Amministrazione sulla sua richiesta di corresponsione di quanto dovutogli per lo svolgimento di ore di lavoro straordinario effettuate negli anni 19931996 e, con il ricorso rubricato al n. R.g. 5919 del 1999, il provvedimento adottato dal Comando generale della Guardia di finanza in data 25 gennaio 1999 con il quale l’Amministrazione, superando l’inerzia mantenuta sull’istanza a suo tempo presentata dall’odierno ricorrente, ha negato a quest’ultimo quanto da egli richiesto.

Il militare ricorrente, oggi in pensione, quindi, ha proposto i due ricorsi di cui sopra in quanto sostiene di avere svolto delle ore di lavoro straordinario nel periodo 19931996, nella qualità di responsabile della Sezione di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto dall’ottobre 1993 all’aprile 1997, autorizzate dal Procuratore della Repubblica del Tribunale succitato e mai retribuite, se non in misura limitata al 15% del dovuto e con riferimento al solo anno 1996. Egli riferisce che per lungo tempo tutte le richieste volte al fine di risolvere il contenzioso sono rimaste inascoltate e che l’Amministrazione finanziaria ebbe a rispondergli con il provvedimento impugnato con il secondo dei due indicati ricorsi negandogli illegittimamente il dovuto.

2. – Si è costituita in giudizio, con riferimento ad entrambi i ricorsi, l’Amministrazione finanziaria intimata contestando analiticamente le avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame. La difesa erariale non si è costituita con riferimento alle altre Amministrazioni pure intimate dal ricorrente, verosimilmente perche esse non assumono una posizione di legittimazione passiva nel presente giudizio.

3. – Preliminarmente deve rilevarsi che i due gravami proposti attengono alla medesima questione sottoposta dal Signor M. alla (ex) Amministrazione datoriale e relativa al pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte nel periodo 19931996; conseguentemente e per economia dei mezzi processuali, stante la evidente connessione soggettiva ed oggettiva che lega indissolubilmente i due contenziosi, deve disporsi ai sensi dell’art. 70 c.p.a. la riunione del ricorso n. R.g. 5919 del 1999 al ricorso n. R.g. 16337 del 1998, perché vengano decisi in un unico contesto.

4. – Il ricorso n. R.g. 16337 del 1998, avendo ad oggetto l’impugnazione del silenzio serbato dall’Amministrazione e rispetto al quale quest’ultima, seppur tardivamente con riferimento alla richiesta dell’interessato e poco correttamente per il tempo che egli ha dovuto attendere, si è espressa in senso sfavorevole al riconoscimento del diritto del militare ad ottenere il pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte, per come richiesto, deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione.

Il ricorrente, infatti, ha visto nel corso del tempo trasformarsi il proprio interesse ad ottenere una decisione giudiziale che dichiarasse la illegittimità dell’inerzia mantenuta dall’Amministrazione sulla sua istanza a vedere riconosciuto il diritto al pagamento delle ore di straordinario effettuate nella necessità di vedere scrutinata dallo stesso giudice adito la legittimità o meno del provvedimento con il quale quel diritto la stessa Amministrazione gli ha definitivamente negato. Non residua, quindi, alcun interesse in capo al ricorrente a vedere verificata giudizialmente, con una decisione attinente al merito della controversia, la (eventuale) illegittimità del silenzio dell’Amministrazione, neppure sotto il profilo (puramente eventuale) di una richiesta risarcitoria, atteso che quest’ultima, semmai, potrebbe proporsi solo nell’ipotesi in cui sia riconosciuta la sussistenza di quanto preteso con colpevole ritardo.

Il ricorso n. R.g. 16337 del 1998 si conferma, dunque, improcedibile.

4. – Passando all’esame dell’azione di annullamento del provvedimento del Comando generale della Guardia di finanza in data 25 gennaio 1999 con il quale è stato negato all’interessato il diritto al pagamento delle ore di lavoro straordinario effettuate negli anni 19931996 (proposta con il ricorso n. R.g. 5919 del 1999), ad avviso del Collegio essa non si presta ad una favorevole valutazione.

Dalla documentazione presente in atti si evince che per ciascuno degli anni in questione risultano corrisposti al ricorrente gli importi relativi alle ore di lavoro straordinario svolto nel limite delle 27 ore mensili autorizzate dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto (che per il mese di luglio 1996 autorizzò lo svolgimento di 54 ore di lavoro straordinario al ricorrente medesimo). Orbene, in disparte il rilievo che alcuni dei documenti che contabilmente dimostrano lo svolgimento delle ore di lavoro straordinario risultano affetti da imperfezioni formali, per come rilevato dalla difesa erariale, sta di fatto che la pretesa economica del Signor M. inerisce ad attività lavorativa straordinaria il cui svolgimento non fu autorizzato formalmente dal responsabile dell’Ufficio.

5. – Va in proposito rammentato come la controversia qui in esame sia nota alla Sezione, che si è già pronunciata in merito (cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. II, 5 gennaio 2001 n. 29) ribadendo quanto fatto oggetto in materia da consolidata giurisprudenza (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2007 n. 2284, 26 gennaio 2007 n. 280 e 1° marzo 2006 n. 996) e, rispetto alla quale, non si manifestano ragioni per discostarsene, ribadendosi anche in questa sede la efficace portata delle motivazioni contenute nelle decisioni suindicate.

Occorre innanzitutto ricordare che, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo non è ex se sufficiente a radicare il diritto alla relativa retribuzione (e il corrispondente obbligo dell’amministrazione di corrisponderla), atteso che, altrimenti, si determinerebbe quoad effectum l’equiparazione del lavoro straordinario autorizzato rispetto a quello per il quale non è intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto non rispondenti ad alcuna riconosciuta necessità (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 marzo 2004 n. 1532).

La retribuibilità del lavoro straordinario è, infatti, in via di principio condizionata all’esistenza di una formale autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro eccedenti l’ordinario orario di lavoro: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata l’azione della Pubblica amministrazione.

Sotto un primo profilo, l’autorizzazione in parola (che di regola deve essere preventiva, ma che tuttavia può assumere eccezionalmente anche la forma del provvedimento in sanatoria, ex post) implica la verifica in concreto della sussistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2003 n. 8522, Sez. V, 10 febbraio 2004 n. 472, 27 giugno 2001 n. 3503, 8 marzo 2001 n. 1352 e Sez. VI, 14 marzo 2002 n. 1531); essa rappresenta, inoltre, lo strumento più adeguato per evitare, per un verso, che attraverso incontrollate erogazioni di somme per prestazioni di lavoro straordinario si possano superare i limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio (con grave nocumento dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici) e, per altro verso, che i pubblici dipendenti siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle ordinarie (individuate come punto di equilibrio fra le esigenze dell’amministrazione e il rispetto delle condizioni psicofisiche del dipendente), possano creare a quest’ultimo nocumento alla sua salute e alla sua dignità di persona.

Sotto altro concorrente profilo, poi (e con particolare riferimento al principio del buon andamento), la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire per l’amministrazione anche lo strumento per l’opportuna ed adeguata valutazione delle concrete esigenze dei propri uffici (quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché alla organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza), onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinario costituisca elemento di programmazione dell’ordinario lavoro di ufficio.

6. – D’altra parte da quanto sopra osservato discende che la preventiva autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie costituisce assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la emette. E ciò sia nel caso che per tale svolgimento sia preventivamente stabilita l’erogazione del relativo compenso, sia nel caso che lo stesso dia luogo, per il lavoratore, ad un "credito" in termini di riposo compensativo: in entrambe le ipotesi, invero, l’autorizzazione incide sul buon andamento del servizio e sulla economica ed efficiente gestione delle risorse umane, facente capo al dirigente.

Peraltro, è bene ricordare che la giurisprudenza ha affermato che il principio della indispensabilità dell’autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario può subire eccezione quando l’attività (eccedente l’ordinario orario di lavoro) sia svolta per obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di autorizzazione implicita). Tuttavia, l’imprescindibile rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati, fa sì che, nell’ipotesi, deve rigorosamente trattarsi di esigenze indifferibili ed urgenti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 1995, n. 329).

Per tutto quanto sopra, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che il contemperamento della pluralità degli interessi (pubblici e privati) in gioco in tale materia (rispetto delle previsioni di bilancio, continuità ed effettività del funzionamento degli uffici pubblici, tutela dell’integrità psicofisica e della dignità del prestatore di lavoro), cui risponde la funzione dell’autorizzazione allo svolgimento di lavoro straordinario, consente di valutare positivamente quelle misure che, in presenza di accertate, indilazionabili e quotidiane esigenze di servizio, anche per rispettare i ristretti limiti finanziari entro cui è consentito liquidare le prestazioni di lavoro straordinario, prevedono la possibilità di compensare le predette prestazioni lavorative straordinarie con riposi, in modo da salvaguardare altresì l’integrità psicofisica del lavoratore.

7. – I principi sopra ricordati, è stato riconosciuto, trovano applicazione anche per il rapporto di pubblico impiego dei militari, con la precisazione che, seppur il particolare status di questi ultimi non consente loro in via generale di contestare l’organizzazione degli uffici e dei servizi cui sono addetti e le concrete modalità di svolgimento delle loro prestazione, obbligandoli alla effettiva e completa prestazione lavorativa ordinata, nondimeno gli ordini di servizio, ovvero quei peculiari provvedimenti dell’Amministrazione militare, attraverso i quali viene, anche quotidianamente, organizzato il lavoro d’ufficio, fissando le puntuali modalità di esecuzione, costituiscono, automaticamente ed implicitamente, autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative eccedenti l’ordinario orario di lavoro. Diversamente opinando, è stato rilevato, verrebbero, da un lato, ad essere frustate le finalità di garanzia del buon andamento dell’Amministrazione sopra delineate, che interessano necessariamente anche l’amministrazione militare, cui indubbiamente presiede il provvedimento di autorizzazione, e, dall’altro, in palese violazione del principio di legalità e di imparzialità, si finirebbe per attribuire di fatto potestà autorizzatorie alla effettuazione di lavoro straordinario (con i conseguenti riflessi sulla spesa e sulla gestione del personale) a soggetti che, in base alla ripartizione di competenze propria della scala gerarchica, tale specifica competenza non hanno (e non possono avere).

8. – Tutto ciò premesso, il ricorso in esame, concernente il mancato pagamento delle ore di lavoro straordinario prestate negli anni 19931996, è caratterizzato dalla circostanza che non vi è prova della preventiva autorizzazione per le ore di straordinario svolte e rispetto alle quali si reclama nella presente sede giudiziale il pagamento, mentre furono retribuite, a suo tempo, quelle previamente autorizzate.

Invero, in ogni caso, il riscontro documentale di tali atti autorizzatori preventivi risulta essere decisivo ai fini del riconoscimento nella sede giudiziale della richiesta avanzata dal ricorrente, per come sopra precisato, né potrebbero essere utili al diritto patrimoniale voluto dal ricorrente eventuali ordini di servizio relativi alle attività dispiegate oltre il normale orario atteso che la particolare natura dell’ordinamento militare, cui appartiene il ricorrente, fa ragionevolmente ritenere che qualsiasi attività espletata sia sempre direttamente ricollegabile ad un ordine di servizio, senza che perciò quest’ultimo possa automaticamente ed implicitamente valere come provvedimento autorizzativo allo svolgimento di lavoro oltre l’orario d’obbligo.

Del resto, proprio per la peculiarità dello status di militare e per l’esigenza di assicurare l’effettivo svolgimento di funzioni e compiti che non ammettono in alcun modo una interruzione, l’Amministrazione espone di aver provveduto a disciplinare con circolare n. 13000/6212 del 16 gennaio 1991 (cfr., testualmente, pag. 5 della memoria conclusiva depositata dall’Amministrazione intimata) l’ipotesi di prestazioni orarie aggiuntive rispetto ai limiti massimi di categoria, prevedendo, in particolare, che, per le prestazioni di lavoro straordinario non retribuibili in quanto eccedenti il monte ore finanziato, il dipendente ha diritto a corrispondenti ore di riposo compensativo, di cui può fruire, previa apposita richiesta da formulare all’ufficio di appartenenza, secondo le esigenze di servizio.

Tale soluzione alternativa al pagamento delle ore di lavoro svolto dai militari è stata successivamente confermata dall’art. 44 del D.M. 30 novembre 1991, applicabile puntualmente, ratione temporis, alla vicenda contenziosa qui in esame.

9. – In ragione delle suesposte osservazioni il provvedimento impugnato appare in linea con le prescrizioni normative disciplinanti la materia e quindi i ricorsi, siccome proposti e successivamente riuniti, non possono che essere in parte dichiarati improcedibili ed in parte respinti.

Sussistono, nondimeno, in ragione della complessità della questione contenziosa e delle peculiari regole interne che governano l’assetto della materia, motivate ragioni equitative che indicono a compensare tra le parti costituite ed intimate le spese di giudizio, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. novellato.
P.Q.M.

pronunciando in via definitiva sui ricorsi indicati in epigrafe:

1) riunisce il ricorso n. R.g. 5919 del 1999 al ricorso n. R.g. 16337 del 1998;

2) dichiara improcedibile il ricorso n. R.g. 16337 del 1998 e respinge il ricorso n. R.g. 5919 del 1999.

Spese compensate tra tutte le parti del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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