Cass. pen., sez. VI – sentenza 22 febbraio 2010, n. 7074. Il reato di calunnia mediante falsa denuncia di smarrimento o di furto di un carnet di assegni.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e la impugnata decisione è da annullare.
La Corte Suprema ha avuto, in generale, occasione di statuire che il delitto di calunnia sussiste anche quando l’incolpazione venga formulata attraverso la simulazione a carico di una persona, non specificamente indicata ma identificabile, delle tracce di un determinato reato – nella forma, cioè, della incolpazione cosiddetta reale o indiretta – purchè la falsa incolpazione contenga in sè gli elementi necessari e sufficienti all’inizio dell’azione penale nei confronti di un soggetto univocamente e agevolmente identificabile;
ritenendo così sussistente l’elemento materiale del reato previsto dall’art. 368 c.p. nella denuncia di smarrimento di un assegno preordinata a far convergere su una persona identificabile l’accusa del reato di furto o di ricettazione (Sez. 6A, 2 marzo 1992, Arduini;
Sez. 6A, 29 gennaio 1999, Gioviale e fra le recenti Sez. 6, Sentenza n. 13912 del 2004).
E’ stato in specie affermato che la falsa dichiarazione di aver smarrito un assegno, consegnato, invece, in pagamento ad un altro soggetto, integra il reato di calunnia, poichè simula ai danni del prenditore del titolo il reato di furto o di ricettazione e non eventualmente quello di appropriazione indebita di cosa smarrita; con la conseguenza che è irrilevante il fatto che alla denuncia di smarrimento non abbia fatto seguito la proposizione della querela per i reati di appropriazione indebita di cosa smarrita e di falso in assegno; è stato precisato, infine, che per la configurazione del delitto di appropriazione indebita di cosa smarrita è necessario che la cosa sia uscita definitivamente dalla sfera di disponibilità del legittimo possessore e che questi non sia in grado di ripristinare su di essa il primitivo potere; e poichè è sicuramente e agevolmente possibile risalire, sulla base delle annotazioni contenute nell’assegno, al titolare del conto, chi se ne impossessa illegittimamente commette o il reato di furto o quello di ricettazione (Sez. 6A, 4 luglio, 1996, Arno). Ancor più di recente si è statuito che, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato di calunnia, la circostanza che nella denuncia non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell’accusa sia implicitamente, ma agevolmente individuabile, integra il delitto una falsa denuncia di smarrimento di un assegno, la quale, sebbene non contenga una notizia di reato, preavverte l’autorità che la riceve su possibili reati commessi da chi verrà scoperto a detenerlo; ciò perchè la falsa denuncia costituisce, in tal caso, l’espediente per bloccare la circolazione del titolo e il denunziante è consapevole di simulare una circostanza idonea a far sì che il soggetto, al quale ha trasmesso l’assegno e che in buona fede lo girerà o lo porrà all’incasso, potrà essere perseguito d’ufficio per furto aggravato o per ricettazione e che la simulazione posta in essere non si esaurisce in tracce del reato di appropriazione di cosa smarrita (Sez. 6A, 24 settembre 2002, Bonafede; cfr., altresì, Sez. 6A, 29 settembre 2002, Pantonio). In relazione a tali premesse di diritto, si appalesa evidente l’errore in cui è incorso il decidente di primo grado, che non si è attenuto ai richiamati principi; nè l’iter argomentativo adottato può essere condiviso, atteso che si affida a considerazioni largamente superate dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, che si condividono e dai quali non vi è ragione di discostarsi.
In conseguenza dell’annullamento, gli atti sono da rimettere al Tribunale di Napoli per un nuovo giudizio, in cui terrà conto dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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