Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2011) 13-06-2011, n. 23717 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

orso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con decreto, deliberato de plano il 24 agosto 2010 e depositato in pari data, il presidente del Tribunale ordinario di Vibo Valentia ha dichiarato inammissibile la richiesta del condannato R. D. di estinzione delle pene inflittegli dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro, con sentenza 9 maggio 1985; dal Tribunale ordinario di Vibo Valentia, con sentenza 28 settembre 2000 e dalla Corte di appello di Catanzaro, 1 ottobre 1992, motivando: la richiesta è manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge; infatti, prima della scadenza dei termini decennali (decorrenti dal passaggio in giudicato o dalla "concreta eseguibilità" delle condanne), tutte le pene sono state incluse "ire progressivi provvedimenti di cumulo" e, da ultimo, nell’ordine di esecuzione del 20 novembre 2001; e, secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di "esecuzione di pena cumulata, non è consentito lo scioglimento del cumulo per dichiarare la prescrizione di alcune pene". 2. – Ricorre per cassazione il condannato col ministero del difensore di fiducia, avvocato Saverio Loiero, mediante atto recante la data del 12 gennaio 2011, col quale dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 172 c.p., artt. 125 e 663 cod. proc. pen. e art. 111 Cost., nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, deducendo in esito a ampia digressione circa la prescrizione della pena: il condannato ha espiato la pena della reclusione in anni ventidue, inflittagli dalla Corte di assise di appello di Catanzaro; pertanto sono prescritte tutte le ulteriori pene detentive inferiori a dieci anni di reclusione "in virtù della mancata esecuzione (..) entro i termini prescrizionali di dieci anni dalla irrevocabilità di ciascuna delle sentenze". 3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria dell’8 marzo 2011, obietta: il ricorrente "ignora il principio del cumulo delle pene concorrenti". 4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – La Corte premette che non sono denunciabili con il ricorso per cassazione "i vizi della motivazione nelle questioni di diritto affrontate dal giudice di merito in relazione alla argomentazioni giuridiche delle parti" (Cass., Sez. 5^, 22 febbraio 1994, n. 4173, massima n. 197993), in quanto o le medesime "sono fondate, e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) da luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; ovvero sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 c.p.p., comma 1, che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta" (Cass., Sez. 1^, 17 dicembre 1991, n. 4931, massima n. 188913).

4.2 – Orbene, nella specie non ricorre il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice della esecuzione esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna apprezzabile, alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

Deve, infatti, ribadirsi – alla stregua alla stregua della previsione normativa dell’art. 73 c.p. circa la applicazione della "pena unica per un tempo uguale alla durata complessiva delle pena che si dovrebbero infliggere peri i singoli reati" – il principio di diritto, affermato da questa Corte, secondo il quale "nel caso di provvedimento di unificazione di pene concorrenti vige il principio della unitarietà della esecuzione", sicchè, per l’appunto, la "esecuzione della pena cumulata" preclude "la prescrizione di alcune (delle) pene" comprese nel cumulo (Sez. 1^, 6 maggio 2008, n. 23571, Conti, massima n. 240129).

Nè a diversa conclusione sarebbe dato approdare supponendo, come postula il ricorrente, lo scioglimento del cumulo, proprio al fine di lucrare la estinzione – per decorso del termine di cui all’art. 172 c.p. – delle pene, alle quali, in caso di scioglimento, non sarebbe imputabile il periodo della espiazione intervenuta.

Alla luce della positiva disposizione dell’art. 172 c.p., comma 5 è, infatti, enucleabile il principio di diritto secondo il quale, in generale, ai fini della determinazione del dies a auo di decorrenza del termine di estinzione della pena, l’irrevocabilità della condanna costituisce condizione necessaria ma non sufficiente:

occorre il concorso della ulteriore condizione che la pena possa "essere concretamente posta in esecuzione" (Sez. 3, 22 febbraio 1965, n. 602, Di Donà, massima n. 099491; Sez. 1, 8 aprile 1968, n. 580, Romeo, massima n. 108136; Sez. 6, 18 gennaio 1978, n. 199, Cavallo, massima n. 139852; Sez. 1, 3 novembre 1995, n. 5516/1996, Buccella, massima n. 203443; Sez. 1, 15 aprile 1999, n. 2998, Iacofci, massima n. 213589; Sez. 1, 28 febbraio 2000, n. 1441, Zanon, massima n. 216007).

Tanto premesso, giova considerare che la impossibilità, materiale e giuridica, della contemporanea espiazione di pene detentive comporterebbe – supposto lo scioglimento del cumulo – che la pena concorrente non potrebbe "essere concretamente posta in esecuzione" in costanza della espiazione dell’altra, sicchè, allora, neppure decorrerebbe "il tempo necessario per la estinzione della pena" espianda.

4.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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