Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2011) 13-06-2011, n. 23715 Ammissibilità e inammissibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con decreto, deliberato il 26 luglio 2010 e depositato in pari data, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Roma, ha dichiarato inammissibile la opposizione proposta dal querelante G.C. avverso la richiesta di archiviazione e ha, quindi, archiviato il procedimento iscritto a carico di P. A. e altre persone, indagati per la contravvenzione di molestia o disturbo alle persone e per il delitto di diffamazione in danno del ridetto querelante, motivando: la opposizione è inammissibile, in quanto l’opponente non ha indicato "alcuna investigazione suppletiva"; in proposito non può essere presa in considerazione la escussione della "parte offesa", atteso che G. "nulla potrebbe aggiungere, in fatto, a quanto esposto in querela"; concorre l’ulteriore condizione della infondatezza della notizia di reato; la contravvenzione è palesemente insussistente, non essendo stato cagionato "alcun disturbo" al querelante; i commenti in ordine a "fatti di vita scolastica", espressi "con l’usuale linguaggio giovanile", senza alcuna "volontà di ledere la dignità personale e/o professionale del professore", non integrano "con ogni evidenza" il delitto di diffamazione.

2. – Ricorre per cassazione l’opponente col ministero del difensore di fiducia, avvocato Michele Cupone, mediante atto recante la data del 12 novembre 2010, col quale dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo: il giudice per le indagini preliminari ha indebitamente operato la "valutazione prognostica sulla capacità dimostrativa del risultato" del mezzo di prova indicato nella opposizione; l’apprezzamento della infondatezza della notizia di reato è viziato dalla "lettura assolutamente superficiale della vicenda"; la diffamazione può essere integrata dalle forme in cui si estrinseca la critica e dal mezzo di diffusione; il reato non è escluso dall’intento si scherzo; e, quanto, alla contravvenzione la "possibilità per l’opponente" di accesso al sito della rete "realizzava di fatto una continua e inopportuna interferenza nella propria sfera di libertà". 3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 1 marzo 2011, rileva: in sede di delibazione della ammissibilità della opposizione alla richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari è "assolutamente preclusa" la valutazione circa "la capacità probatoria degli atti di indagine"; la omessa celebrazione della udienza camerale partecipata comporta la lesione del contraddittorio e del diritto di difesa colla conseguente nullità prevista dall’art. 125 c.p.p., comma 5, e deducibile, mediante il ricorso per cassazione, à termini dell’art. 409 c.p.p., comma 6, applicabile, in via estensiva, in relazione al decreto di cui all’art. 410 cod. proc. pen..

4. – I querelati F.C., + ALTRI OMESSI resistono al ricorso mediante memorie redatte col ministero dei rispettivi difensori colle quali deducono la inammissibilità e/o la infondatezza della impugnazione.

5. – Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. b), in quanto è stato esperito contro un provvedimento che non è impugnabile.

In tal senso, affatto in termini, di recente questa Corte ha fissato il principio di diritto secondo il quale "è inammissibile, in forza del principio di tassatività delle impugnazioni, il ricorso per cassazione contro la declaratoria di inammissibilità dell’ opposizione alla richiesta di archiviazione per omessa indicazione dell’ investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova" (Sez. 2^, n. 24549, Tenerelli, 26 maggio 2009, massima n. 244268).

Tale statuizione deve essere tenuta ferma, non potendosi considerare (Ndr: testo originale non comprensibile) suppletiva la richiesta esanime del querelante.

Il Collegio non ignora che altri arresti di legittimità recano affermazioni – invero obiter dicta e, pertanto, inidonee a radicare la insorgenza di un vero e proprio "contrasto giurisprudenziale" tale da imporre la rimessione alle sezioni unite ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen. – di tenore contrario e, cioè, nel senso della impugnabilità del decreto previsto dall’art. 410 c.p.p., comma 2.

Ma nessuna delle succitate pronunce affronta ex professo il tema risolutivo della tassatività dei mezzi di impugnazione.

Ricorrente è, piuttosto, il richiamo al generale principio del contraddittorio, alla cui (supposta) inosservanza (nel caso della dichiarazione della inammissibilità della opposizione in difetto della condizioni previste ovvero senza motivazione del provvedimento) sarebbe correlabile il riconoscimento del rimedio del ricorso per cassazione.

Ma nella specie il riferimento al contraddittorio non appare pertinente.

La opposizione della persona offesa avverso la richiesta di archiviazione non è sussumibile nel modello procedimentale del giusto processo che "si svolge nel contraddittorio tra le parti1 ( art. 111 Cost., comma 2) con lo sviluppo del vero e proprio rapporto processuale, ma costituisce, piuttosto, "una mera forma di collaborazione con l’organo pubblico dell’accusa, che si manifesta nella fase iniziale del procedimento" (Cass., Sez. 6^, 18 settembre 2003, n. 38944, Stara, massima n. 228329).

Epperò, ricondotto l’istituto della opposizione in tale ristretto e più modesto ambito, il richiamo ai principi generali dell’ordinamento non giova a dare fondamento all’assunto della impugnabilità del provvedimento del giudice per le indagini preliminari.

Nè vale il ricorso alla interpretazione estensiva della disposizione dell’art. 409 c.p.p., comma 6, che abilita al ricorso per cassazione avverso 1′ "ordinanza di archiviazione".

La norma, infatti, circoscrive tassativamente la possibilità di esperire l’impugnazione "solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5".

E, pertanto, è insuscettibile di trovare veruna applicazione in relazione al "decreto motivato", che il giudice per le indagini preliminari adotta legittimamente de plano à sensi dell’art. 410 c.p.p., comma 2, e, conseguentemente, senza l’osservanza delle formalità, sanzionate a pena di nullità dall’art. 125 c.p.p., comma 5.

Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, senza l’applicazione della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi – in relazione ai succitati obiter dicta di questa Corte – ipotesi di colpa nella proposizione della impugnazione.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *