T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 14-06-2011, n. 5274

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino della Guinea, dichiara di essere fuggito dal proprio paese nel 2003 e di essersi recato in Spagna per sfuggire alle persecuzioni politiche subite.

Espone di aver richiesto in Spagna il riconoscimento dello status di rifugiato, ma di essere rientrato nel proprio paese senza attendere la decisione della competente Commissione credendo che la situazione politica si fosse normalizzata.

Negli anni 2007 e 2009 dichiara di essere stato nuovamente arrestato per due volte e di aver subito percosse e maltrattamenti di ogni genere, qualificati secondo il certificato medico prodotto in giudizio come "tortura".

Nel 2009 espone di essere nuovamente fuggito dalla Guinea e di essere entrato in Italia il giorno 8 dicembre 2009 mediante la frontiera aerea di Fiumicino, e di aver presentato in Italia il 10 dicembre 2009 una nuova domanda di asilo.

L’Amministrazione ha verificato – attraverso il sistema EURODAC (riscontro delle impronte digitali a livello europeo) – che lo stesso ricorrente aveva presentato analoga richiesta di asilo in Spagna in data 28/4/03; l’Unità Dublino, – ufficio preposto all’espletamento delle procedure dirette a determinare lo stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo ai sensi del Reg. n. 343/2003 – ha inviato alla Spagna in data 12/4/10 la richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’art. 16.1 del Reg. n. 343/3003.

In data 20/4/2010 la Spagna ha riconosciuto la propria competenza.

L’Unità Dublino, ritenendo la Spagna un paese terzo sicuro e non ravvisando motivi che avrebbero potuto indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3.2 del Regolamento Dublino II, con provvedimento del 20/4/10, notificato il giorno 14/6/10, ha disposto il trasferimento in Spagna del ricorrente per la disamina della sua domanda di protezione.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

1. Nullità del provvedimento amministrativo impugnato per omessa traduzione nella lingua conosciuta dal soggetto destinatario.

2. Violazione di legge.

3. Eccesso di potere.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 4293/10 la domanda cautelare è stata accolta ai fini del riesame, tenuto conto di quanto dichiarato dal ricorrente in merito al suo rientro in Guinea nel periodo 2003 – 2009, e delle torture ivi subite.

All’udienza pubblica del 12 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Come meglio dedotto in narrativa, il ricorrente, cittadino della Guinea, ha impugnato il provvedimento con il quale l’Unità Dublino ha disposto il suo trasferimento in Spagna ai sensi dell’art. 16.1 del Reg. CE n. 343/03.

Il Regolamento CE n. 343/03, cosiddetto "Dublino II", è stato adottato per evitare il fenomeno dell’asylum shopping e per uniformare a livello europeo la legislazione comunitaria in materia di asilo.

La disciplina del regolamento (art. 3.1) è improntata al fine di evitare che più Stati membri siano chiamati a pronunciarsi sulla stessa domanda di protezione internazione, e pertanto il "Regolamento Dublino II" prevede dei rigidi criteri di competenza, derogabili in applicazione della clausola di sovranità (art. 3.2) soltanto in casi del tutto eccezionali.

Nel caso di specie, il ricorrente ha presentato la prima domanda di asilo in Spagna nel 2003, domanda respinta dalla Spagna (come risulta dal provvedimento impugnato); il trasferimento in quello Stato membro è stato pertanto disposto in applicazione dell’art. 16.1 lett. e) del Reg. CE n. 343/03 in base al quale "Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo in forza del presente regolamento è tenuto a riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il cittadino di un paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato".

Con il primo motivo di impugnazione lamenta il ricorrente l’illegittimità dell’atto per omessa traduzione nella lingua da lui conosciuta.

La censura non può essere accolta, atteso che l’omessa traduzione dell’atto non costituisce motivo di illegittimità del provvedimento, ma consente soltanto il riconoscimento dell’errore scusabile in caso di tardiva presentazione dell’impugnazione.

Nel caso di specie, poi, l’impugnazione del provvedimento è stata effettuata nei termini e secondo le corrette modalità di rito: ne consegue che il ricorrente ha ben compreso il contenuto dell’atto.

Con il secondo ed il terzo motivo lamenta il ricorrente il difetto di istruttoria e di motivazione: l’Unità Dublino, infatti, non avrebbe preso in considerazione le vicende successive alla presentazione della domanda di asilo in Spagna nel 2003, ed in particolare non avrebbe tenuto conto del suo rientro in Guinea per molti anni dove sarebbe stato incarcerato per motivi politici e torturato (come attestato dalla documentazione sanitaria prodotta in giudizio).

La doglianza è fondata.

Già in sede cautelare il Collegio aveva accolto la domanda cautelare (ord. N. 4293/2010), in quanto aveva ravvisato nel provvedimento il difetto di istruttoria e di motivazione, disponendo la sospensione degli effetti del provvedimento ai fini del riesame (del quale peraltro non è stato conosciuto l’esito)..

Occorre infatti considerare, che sebbene quanto rappresentato dal ricorrente non risulti suffragato da prove certe, esistono comunque elementi induttivi tali da comportare l’obbligo per l’Amministrazione di eseguire un approfondimento istruttorio al fine di verificare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 16.3 del Reg. CE n. 343/03, secondo cui "Gli obblighi di cui al paragrafo 1 vengono meno se il cittadino di un paese terzo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi".

Per i soggetti richiedenti la protezione internazionale può essere, infatti, molto difficile addurre a sostegno delle proprie affermazioni prove documentali, in quanto si tratta di soggetti fuggiti dai paesi di origine per sfuggire a maltrattamenti e situazioni di pericolo: i principi che regolano l’onere della prova, in questi casi, devono essere interpretati secondo le norme di diritto comunitario contenute nella direttiva 2004/83/CE, recepita con il D.Lgs. n. 251 del 2007. Secondo il legislatore comunitario, l’autorità amministrativa esaminante ed il giudice devono svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria (cfr. Cass. SS.UU. 17/11/08 n. 27310).

Pertanto, deve ravvisarsi un dovere di cooperazione nell’accertamento dei fatti rilevanti ai fini della corretta disamina della domanda di protezione, anche ai fini dell’applicazione del Reg. Dublino II.

Nel caso di specie, il ricorrente ha dimostrato – con la produzione del certificato medico rilasciato dal medico legale Dott. Monica Ciardi in data 23/2/2010 -, di aver subito torture in varie parti del corpo, pratica che sicuramente non è intervenuta durante la sua permanenza all’interno dei paesi appartenenti all’Unione Europea; la sua prima domanda di protezione è stata presentata in Spagna nel lontano 2003 ed è stata respinta (nonostante oggi il ricorrente abbia dimostrato di aver subito torture durante il periodo di detenzione per ragioni politiche); la nuova domanda di protezione è stata presentata in Italia il 10/12/09 subito dopo l’ingresso nel nostro paese avvenuto – secondo quanto rappresentato nel ricorso – in data 9/12/09; nel ricorso il ricorrente ha dichiarato di essere entrato in Italia con volo aereo attraverso la frontiera di Fiumicino con provenienza Dakar (Senegal), e dunque dal suo passaporto possono desumersi le date di uscita dalla Spagna e di rientro nei paesi UE.

Ritiene dunque il Collegio che vi siano sufficienti indizi tali da far ritenere verosimile quanto rappresentato dal ricorrente, con conseguente obbligo per l’Amministrazione procedente di eseguire un approfondimento istruttorio in merito al suo allontanamento dai paesi UE per molti anni, elemento idoneo – ove accertato – a fare configurare la domanda di protezione internazionale presentata in Italia come nuova domanda basata sull’esistenza di fattori nuovi e sopravvenuti rispetto a quelli oggetto di disamina da parte della competente autorità spagnola, con conseguente applicazione della disposizione recata dall’art. 16.3 del Reg. CE n. 343/03.

In conclusione, ritiene il Collegio che il ricorso debba essere accolto sussistendo i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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