Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-10-2011, n. 21500 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione dell’8 maggio 2001 G.S. ed altri 11 medici iscritti e partecipanti ai corsi di specializzazione in branche mediche in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 2001, proposero appello avverso la sentenza del tribunale di Roma che ne aveva respinto la domanda di condanna delle Amministrazioni convenute – oggi ricorrenti – al pagamento in loro favore della giusta remunerazione per il periodo di frequentazione del corsi suddetti.

La corte di appello di Roma accolse il gravame ritenendo infondata l’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata in prime cure dall’avvocatura dello Stato (e in quel grado di giudizio erroneamente accolta), alla luce della sopravvenuta giurisprudenza di questa corte regolatrice (Cass. ss. uu. 9147/09, resa proprio sul tema della mancata attuazione statuale delle direttive CEE), alla luce della quale era stata esclusa sia l’ipotesi della diretta applicazione del D.Lgs. n. 257 del 2001, sia quella di una responsabilità statuale da fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c., onde, in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto -anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno. Ne consegue che il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria, in quanto diretta all’adempimento di una obbligazione ex lege riconducibile all’area della responsabilità contrattuale, all’ordinario termine decennale di prescrizione.

La corte capitolina, ritenuto (erroneamente, in. punto di diritto) che il dies a quo della prescrizione decennale dovesse, nella specie, decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 2001, e rilevato che tale termine non risultava spirato alla data della notifica della citazione in primo grado, condannò, con sentenza depositata il 3 maggio 2010, gli odierni ricorrenti al pagamento di una somma di denaro equivalente all’importo della borsa di studio di cui al D.Lgs. n. 257 del 2001, art. 6 per ciascun anno di durata del corso di specializzazione frequentato da ciascuno degli appellanti.

La sentenza è stata impugnata dalla Avvocatura dello Stato, nell’interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’economia e del Ministero dell’istruzione e dell’università con ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo ed unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2947 c.c. in relazione agli artt. 11 e 111 Cost., dell’art. 288 del trattato sul funzionamento dell’unione europea (ex art. 249 del TCE), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo – al di là ed a prescindere dalla correttezza in punto di diritto delle affermazioni contenute in sentenza in ordine al dies a quo dell’exordium praescriptionis nel caso di specie, che costituiscono ormai giudicato interno in assenza di impugnazione sul punto da parte dei controricorrenti, non costituiti in questa sede – è infondato.

Benchè le censure mosse alla sentenza della corte di appello romana risultino suggestivamente e articolatamente esposte, esse non meritano accoglimento poichè volte ad invocare, nella sostanza, un radicale ripensamento ed un conseguente revirement di giurisprudenza (che sarebbe, comunque, riservato ad un nuovo intervento delle sezioni unite) per giungere al quale le argomentazioni esposte, già tutte prese in esame dalla Corte di legittimità con la citata sentenza del 2009, non offrono i necessari fondamenti normativo/interpretativi.

Alla sentenza delle sezioni unite, predicativa del principio di diritto della responsabilità contrattuale dello Stato nella fattispecie per la quale è ancora processo, il collegio intende senz’altro uniformarsi.

Il ricorso è pertanto rigettato.
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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