Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-10-2011, n. 21496

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

in subordine rigetto dello stesso; accoglimento del ricorso incidentale.
Svolgimento del processo

Il curatore del fallimento della s.a.s. Nuova Depositi di Enrico Capitanio (nonchè curatore del fallimento dell’amministratore C.E. in proprio) convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Napoli il Banco di (OMISSIS) e C.M.C., esponendo che la società, ancora in bonis, aveva alienato a quest’ultima (figlia dell’amministratore) un appartamento sito in (OMISSIS), e, nel ricevere dall’istituto di credito un mutuo di L. 700 milioni, aveva indotto la acquirente a costituire ipoteca sull’appartamento nella qualità di terza datrice di garanzia.

Ritenuto fittizio quel trasferimento immobiliare, l’attore chiese che l’adito tribunale ne accertasse la simulazione, assoluta o relativa, con estensione degli effetti della conseguente pronuncia di nullità al successivo atto negoziale, funzionalmente collegato, di dazione di ipoteca in favore del Banco, "previo accertamento del suo difetto di buona fede".

L’istituto di credito convenuto, nel costituirsi, eccepì in limine l’incompetenza dell’adito tribunale quanto alla domanda di estensione degli effetti della pronuncia di nullità dell’atto traslativo al negozio di costituzione (e trascrizione) di ipoteca, contestando poi nel merito l’opponibilità a sè medesimo della simulazione – ove accertata – attesa "la propria buona fede nell’erogazione del mutuo garantito dall’ipoteca".

Il giudice di primo grado accolse la domanda di simulazione assoluta e quella di estensione degli effetti della conseguente declaratoria di inefficacia dell’alienazione all’atto di dazione di ipoteca, ritenendo i due atti negoziali intimamente connessi – pur nella loro sostanziale autonomia – attesone l’innegabile collegamento funzionale. La corte di appello di Napoli, investita del gravame proposto dal Banco di Chiavari, lo dichiarò inammissibile, poichè l’appellante, benchè beneficiario di un congrue termine (la cui natura perentoria non ne avrebbe consentito proroga o rinnovazione) per eseguire una nuova notificazione dell’atto di impugnazione a M. C.C. (ritenuta dalla corte partenopea litisconsorte necessaria nel giudizio di appello), aveva male assolto a tale incombente, eseguendo la nuova notificazione presso un domicilio errato senza peraltro procurarsi, per negligenza, un certificato storico della destinataria dell’atto, benchè la prima notifica non fosse andata a buon fine per essere risultata la destinataria "trasferita" dal luogo ove essa venne effettuata.

La sentenza è stata impugnata dalla s.p.a. Italfondiario (quale successore dell’originario appellante, giusta complesse vicende di successioni societarie ritualmente riportate – e documentate – ai ff.

3 e ss. dell’odierno atto di gravame) con ricorso per cassazione articolato in 3 motivi.

Resiste con controricorso, corredato da ricorso incidentale definito "parziale (perchè volto a censurare a disciplina delle sole spese di lite, interamente compensate in appello) il curatore dei due fallimenti meglio descritti in epigrafe.
Motivi della decisione

Il ricorso principale e quello incidentale sono entrambi inammissibili.

Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 149 c.p.c., u.c. come inserito dalla L. n. 263 del 2005, art. 2 avente decorrenza dal 1 marzo 2006;

erroneità e insufficienza della motivazione circa un fatto decisivo della controversia.

Il motivo è inammissibile. Sotto un duplice, concorrente profilo.

Il primo, afferente al mezzo di impugnazione prescelto, avendo il ricorrente testualmente lamentato (f. 15 dell’odierno atto di impugnazione) un travisamento del fatto da parte della corte di appello partenopea – in punto di "ritenuta erroneità del domicilio/residenza di C.M.C." -, travisamento del fatto da cui sarebbe poi disceso, quale indefettibile presupposto fenomenico, l’errore percettivo cosi come contestato con la doglianza in esame.

Il rimedio processuale da attivare avverso la pronuncia impugnata (erroneamente) in questa sede era, pertanto, quello di cui all’art. 395 c.p.c. Il secondo, attinente al profilo contenutistico del quesito di diritto che conclude l’esposizione del motivo, quesito che risulta così formulato:

Dica la Suprema corte di cassazione se la motivazione della corte di appello di Napoli, nel dichiarare l’inammissibilità del proposto appello, sia erronea e/o insufficiente e per l’effetto, inidonea a giustificare la decisione in relazione alla asserita effettuazione della rinnovazione della notifica dell’atto di appello presso domicilio o residenza errati; dica pure se, alla fattispecie in esame, sia applicabile, come risulta, la normativa di cui all’art. 149 c.p.c., u.c. in materia di notificazione degli atti a mezzo del servizio postale.

La inammissibilità del quesito (e del motivo che lo precede) consegue alla sua irredimibile difformità dai principi più volte enunciati da questo giudice di legittimità in subiecta materia.

Difformità predicabile quanto al denunciato vizio di violazione di legge:

avendo questa corte regolatrice più volte affermato che il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico- giuridica unitaria (e non, come nella specie, frammentata o frazionata) della questione, onde consentire alla corte di cassazione l’enunciazione di una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso sorretto da un quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (Cass. 25-3-2009, n. 7197);

avendo questa corte regolatrice ancora precisato (Cass. 19-2-2009, n. 4044) che il quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. a corredo del ricorso per cassazione non può mai risolversi nella generica richiesta (quale quelle di specie) rivolta al giudice di legittimità di stabilire se sia stata o meno violata una certa norma, nemmeno nel caso in cui il ricorrente intenda dolersi dell’omessa applicazione di tale norma da parte del giudice di merito, ma deve investire la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendone una alternativa di segno opposto;

avendo le stesse sezioni unite di questa corte chiaramente specificato (Cass. ss. uu. 2-12-2008, n. 28536) che deve ritenersi inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolva (come quello di specie) in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presupponga la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice; essendosi, in conclusione, affermato che la corretta formulazione del quesito esige (Cass. 19892/09), che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione, onde (Cass. 19892/2007) l’inammissibilità del motivo di ricorso il cui quesito si risolva (come, ancora una volta, nel caso di specie) in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo.

Difformità predicabile quanto al lamentato vizio di motivazione, poichè – costante in tal senso la giurisprudenza di questa corte regolatrice -, in ordine alla sintesi necessaria per l’esame del vizio de quo da parte del giudice di legittimità è stato specificato (Cass. ss.uu. 20603/07) l’esatta portata del sintagma "chiara indicazione del fatto controverso" in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: la relativa censura deve, difatti, contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi (speculare e simmetrico rispetto a quello che permea il contenuto del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, onde non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità: tale momento di sintesi manca del tutto in seno al motivo in esame, dovendo il quesito di diritto ritenersi formulato, per espressa disposizione normativa, al fine di illustrare la sola violazione di legge denunciata nell’intestazione del motivo (f. 13 del ricorso).

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 331 e 332 c.p.c.; erroneità e insufficienza della motivazione circa un fatto decisivo della controversia.

Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto:

Dica la corte se la corte di appello di Napoli, con motivazione erronea e/o insufficiente e/o inidonea a giustificare la decisione, abbia ritenuto l’inscindibilità delle cause dedotte riferendosi alle domande svolte in primo grado dalla curatela fallimentare e qualificando il contenzioso a quella stregua omettendo di connotarlo sulla scorta dell’impugnazione spiegata dal Banco di Chiavari; dica pure se, in forza della spiegata impugnazione in secondo grado, sussisteva o meno la pregiudizialità tra le domande di simulazione e di opponibilità della medesima al Banco appellante, con conseguente applicabilità alla fattispecie, in ordine alla integrazione del contraddittorio, della norma di cui all’art. 331 o all’ art. 332 c.p.c. Anche di tale motivo il collegio non può che rilevare la patente inammissibilità, alla stregua dei principi giurisprudenziali poc’anzi ricordati, attesane la assoluta genericità, la totale mancanza di elementi idonei a consentire a questa corte la formulazione di un principio di diritto diverso da quello enunciato nella sentenza oggi impugnata, la implicita contraddittorietà conseguente al contestuale e indistinto riferimento a norme del tutto speculari tra loro sul piano applicativo.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione dell’art. 331 c.p.c. in conseguenza della violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 24.

Il motivo è sintetizzato nel quesito di diritto che segue: Dica la corte se la corte di appello di Napoli, violando il disposto dell’art. 331 c.p.c. per l’effetto della erronea od omessa applicazione della L. Fall., art. 24, abbia illegittimamente ritenuto l’inscindibilità delle domande omettendo di ritenerle scindibili in virtù del difetto di competenza del foro fallimentare in ordine alle azioni reali immobiliari.

Anche di questa doglianza non può che essere affermata la irredimibile inammissibilità, attesane (oltre che la assoluta genericità ed inidoneità all’affermazione di una regula iuris generale applicabile tanto al caso di specie quanto ad altri consimili, astrattamente considerati) la assoluta inconferenza rispetto al decisum del giudice territoriale, che ha pronunciato una sentenza di inammissibilità dell’appello senza esaminare, quoad decisum, la questione di diritto esposta (sia pur assai poco comprensibilmente in seno al riportato quesito) dal ricorrente.

Inammissibile deve dirsi altresì il motivo di ricorso incidentale parziale", attesa la totale omissione della c.d. specifica relativa alle spese del giudizio da parte del contro ricorrente, elemento indispensabile, in ossequio al principio di autosufficienza dell’atto di impugnazione in cassazione, in caso di eventuale accoglimento della doglianza.

La disciplina delle spese segue il principio della soccombenza reciproca.
P.Q.M.

La corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale. Spese del giudizio di cassazione compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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