Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 13-06-2011, n. 23661

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di colpevolezza di M.M. in ordine ai reati: a) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); c) di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, a lei ascritti per avere realizzato una veranda su un fabbricato preesistente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza il permesso di costruire e senza l’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

La Corte territoriale ha confermato la valutazione espressa dal giudice di primo grado in ordine alla inapplicabilità della normativa sul condono edilizio al manufatto di cui alla contestazione, ma ha dichiarato estinto per prescrizione il reato relativo alla violazione della normativa antisismica, rideterminando la pena inflitta all’imputata nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputata, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 157 e 159 c.p..

In sintesi, si osserva che la Corte territoriale ha ritenuto che non si fosse verificata la prescrizione anche degli altri reati ascritti all’imputata, avendo tenuto conto dell’intero periodo dei rinvii del dibattimento disposti alle udienze del 30.1.2006 e 10.7.2006 per adesione del difensore alla astensione dalle udienze.

Si deduce, quindi, che detto periodo doveva essere calcolato nella misura di sessanta giorni per ogni rinvio come disposto dall’art. 159 c.p. per il caso di impedimento del difensore, cui deve essere equiparata la astensione dalle udienze.

Si rilevano, poi, perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della diversa interpretazione della norma in relazione al diritto di difesa dell’imputato ed al principio della ragionevole durata del processo.

Con il secondo mezzo di annullamento, denunciando la violazione dell’art. 526 c.p.p., si deduce che la sentenza impugnata non ha tenuto conto delle risultanze processuali dalle quali era emerso che l’opera è stata realizzata molto tempo prima della data dell’accertamento. Con l’ultimo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione e violazione degli artt. 125 e 192 c.p.p..

Si deduce che la Corte territoriale, così come il giudice di primo grado, non ha tenuto conto della domanda di condono dell’imputato;

nè si è tenuto conto delle dichiarazioni del verbalizzante, dalle quali era emerso che l’opera, alla data dell’accertamento, era stata già realizzata e risultava di vecchia fattura, con la conseguente carenza di motivazione della sentenza su tali punti.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che la normativa più favorevole in materia di prescrizione, stante la natura contravvenzionale del reato, è quella vigente prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 (sez. 1, 9.11.2006 n. 38066, Basciani, RV 235569; sez. 1, 7.11.2006 n. 39086, P.G. in proc. Mascali, RV 235978; sez. 3, 11.6.2008 n. 37271, Quattrocchi, RV 241080), con la conseguenza che nel caso in esame non opera il termine di durata di sessanta giorni del rinvio stabilito dall’art. 159 c.p., come modificato dalla novella legislativa. Pertanto, correttamente la sentenza impugnata ha tenuto conto dell’intero periodo di rinvio del dibattimento indipendentemente dalle ragioni che lo hanno determinato.

Peraltro, anche ai sensi dell’art. 159 c.p., comma 1, n. 3), nella formulazione attualmente vigente, nel caso di rinvio su richiesta dell’imputato o del suo difensore, cui deve essere equiparato il rinvio per adesione del difensore alla astensione dalla udienze non è stabilito un termine di durata del rinvio stesso.

Le perplessità manifestate dall’imputato in ordine alla legittimità costituzionale della norma sono del tutto genetiche, essendo garantita dalla Costituzione anche la legittimità del diritto di sciopero e di astensione ad esso equiparabili.

Il secondo motivo di ricorso è assolutamente generico e, perciò, inammissibile.

E’, infine, altresì inammissibile l’ultimo motivo, trattandosi di una deduzione meramente fattuale, in contrasto con l’accertamento di merito contenuto nella sentenza di primo grado, in ordine all’epoca di realizzazione del manufatto abusivo, da cui conseguiva la inapplicabilità della normativa sul condono edilizio.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., comma 2.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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