CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE – 22 ottobre 2010, n. 37775 In tema di abuso di ufficio.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore generale di Campobasso ricorre avverso la sentenza 18 febbraio 2010 di non luogo a procedere del Tribunale di Isernia nei confronti di V.G., prosciolto dal reato ex art. 323 c.p., comma 1 perchè il fatto non sussiste, sul presupposto della verificata assenza di violazioni di legge o di regolamento nella condotta accertata.
1.) l’accusa e la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p..
Il V. è accusato del reato p. e p. dall’art. 323 c.p., comma 1, per avere, in qualità di addetto dell’ufficio Centro Postale Operativo delle Poste Italiane S.p.A. di Isernia e, quindi di incaricato Mod.3/SG. in servizio pubblico, fatto recapitare, tramite i portalettere, a ex dipendenti e precari, corrispondenza del sindacato "C.P.O. U.G.L.", di cui era rappresentante, priva di affrancatura, e ciò, in violazione della Delib. Ministero delle Comunicazioni 9 novembre 2001, artt. 24 e 27 del punto 2-2, con ciò procurando intenzionalmente, un ingiusto vantaggio patrimoniale al sindacato medesimo. In (OMISSIS).
Il G.U.P. ha ritenuto che le norme richiamate nella contestazione e cioè la Delib. Ministero delle Comunicazioni 9 novembre 2001, artt. 24 e 27 del punto 2-2 non configurino violazioni suscettibili di rilievo penale.
2.) il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Campobasso e la decisione di annullamento con rinvio della Corte.
Con un unico motivo di impugnazione la ricorrente parte pubblica deduce violazione di legge, rilevando che la Delib. 9 novembre 2001 del Ministero delle Comunicazioni richiama espressamente il D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 2, comma 1, norma "che designa quale autorità di regolamentazione del servizio postale il Ministero delle comunicazioni".
Ne consegue, ad avviso del ricorrente, che deliberazione in questione, essendo stata emessa dal Ministro delle comunicazioni, in qualità di autorità di regolamentazione del settore postale e quale soggetto a ciò espressamente designato, mediante un decreto legislativo, a regolamentare il settore postale (che era e rimane un servizio pubblico), con espressa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, deve essere considerato quale "atto regolamentare" e, in quanto tale, rientrante a pieno titolo nell’ambito delle violazioni tipizzate dall’art. 323 c.p., nel testo introdotto dalla L. 16 luglio 1997, n. 234.
Il motivo è fondato.
Innanzitutto va ribadito che la qualità di incaricato di pubblico servizio, nella specie, dipendente di Poste italiane s.p.a. addetto a strutture di accettazione (come il C.P.O.), va accertata esclusivamente sulla base della disciplina della attività oggettivamente considerata ed indipendentemente dal fatto che il suo esercizio sia stato affidato allo Stato o ad altri soggetti pubblici o privati.
Inoltre va precisato, in linea con la pacifica giurisprudenza della Corte, che la trasformazione delle poste, da Amministrazione dello Stato a società per azioni non ha affatto cancellato le connotazioni proprie della originaria natura pubblicistica dell’ente.
Va pertanto qualificato come incaricato di pubblico servizio l’impiegato dell’ente Poste italiane s.p.a., addetto alla struttura di accettazione qualificata come Centro Postale operativo (C.P.O.), trattandosi di attività connotata da condotte di natura non meramente applicativa od esecutiva, ma al contrario contraddistinte da gradi apprezzabili di autonomia e discrezionalità, tipiche delle mansioni di concetto.
Quanto al thema decidendum, va chiarito in punto di diritto che la ed "francatura delle corrispondenze" (giusta dizione del D.P.R. n. 156 del 1973) che, laddove non eseguita, Impone a sensi della Delib.
Ministro delle Comunicazioni 9 novembre 2001, art. 27, il mancato recapito della posta inviata e la sua restituzione al mittente (dietro pagamento dell’importo dovuto), trova originario fondamento nell’art. 44 del Codice postale e delle comunicazioni, approvato con D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156.
Tale norma risulta abrogata dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 16, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 97/67 (concernente le regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio) il quale peraltro:
a) al primo comma, ha ribadito la regola che gli "invii postali rientranti nel servizio universale… per essere avviati alla rete pubblica sono debitamente affrancati":
b) al comma 3, ha disposto l’abrogazione di tutte le forme di franchigia, di esenzione e riduzione dei diritti postali, salvo quanto specificamente previsto dalla Convenzione postale universale e dagli accordi internazionali, riaffermando la validità delle sole disposizioni relative alle agevolazioni per le spedizioni postali finalizzate alla propaganda connessa alle consultazioni elettorali.
Si tratta quindi di fonti impositive di obblighi la cui violazione integra il reato di abuso d’ufficio, posto che nella specie il dipendente, addetto all’Ufficio C.P.O. – struttura di accettazione della filiale delle Poste italiane s.p.a. di (OMISSIS), ha illecitamente "avviato alla rete pubblica invii postali privi di corrispondente affrancatura" ed inoltre non dotati del timbro dell’ufficio di provenienza, con ulteriore violazione anche delle regole interne di organizzazione del servizio, considerate le modalità in concreto adottate per l’immissione della posta del sindacato nella rete di spedizione (consegna diretta al singolo portalettere, o mediante deposito della posta medesima sul banco di lavoro del portalettere).
Da ciò la sussistenza della "violazione delle norme" prevista nello schema dogmatico dell’art. 323 c.p., con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio al Tribunale di Isernia per nuova deliberazione che tenga conto degli anzidetti principi di diritto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Isernia per nuova deliberazione

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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