Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 13-06-2011, n. 23658 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

vv. Garuti Giulio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna ha confermato la pronuncia di colpevolezza di L.S. in ordine al reato di cui all’art. 609 bis c.p., a lui ascritto perchè, mentre esercitava l’attività di medico in un ambulatorio pubblico, con gesto repentino aveva costretto la minore, Z.F., a subire arti sessuali, consistiti nel palpeggiamento delle natiche e della vagina.

La Z. si era recata nell’ambulatorio medico, accompagnata dal suo fidanzato, in quanto afflitta da mal di gola. Il L., medico di turno, l’aveva fatta entrare nell’ambulatorio, chiudendo la porta, mentre il fidanzato era rimasto fuori.

Secondo il racconto della persona offesa riportato in sentenza, il medico la aveva fatta accomodare sul lettino, prima a pancia in su, poi a pancia in giu;

dopo averle visitato i reni, la aveva fatta mettere in posizione carponi e da dietro le aveva messo una mano sui genitali, palpeggiandoglieli attraverso i pantaloni. La ragazza aveva potuto avvertire che il medico, mentre la palpeggiava, tremava; quindi le aveva chiesto di mettersi in piedi, appoggiata al lettino e di allargare le gambe, ma a quel punto la Z. lo aveva allontanato bruscamente, mettendosi ad urlare e facendo in tal modo intervenire il suo fidanzato.

Secondo la versione dell’imputato la condotta da lui posta in essere corrispondeva a quella di una normale visita di controllo, nel corso della quale aveva sentito la milza ed i reni della paziente, nonchè controllato, attraverso i pantaloni, i linfonodi dell’inguine, mentre negava di avere palpato la ragazza nella zona vaginale.

La Corte territoriale, confermando la valutazione dei giudici di primo grado, ha rigettato i motivi di appello in punto di affermazione di colpevolezza.

In sintesi, i giudici di merito hanno ritenuto pienamente attendibile il narrato della persona offesa ed escluso che quanto denunciato dalla ragazza potesse essere frutto del fraintendimento di atti posti in essere nel corso di una normale visita medica di controllo.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con numerosi mezzi di annullamento il ricorrente denuncia:

1) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), e di norme processuali stabilite a pena di nullità. Si deduce che nella sentenza impugnata viene ipotizzato che l’imputato non si sarebbe reso conto del fatto che la ragazza era accompagnata dal suo fidanzato, senza che sul punto sussistano elementi di prova certi.

Sono state, invece, ritenute irrilevanti, ai fini difensivi, senza adeguata motivazione, risultanze istruttorie certe, quali la presenza costante di altre persone nell’ambulatorio e l’impossibilità di chiudere a chiave la porta della sala medica, di modo che chiunque poteva entrare in qualsiasi momento.

2) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), di norme processuali stabilite a pena di nullità, nonchè vizi di motivazione della sentenza.

Si deduce che i giudici di merito hanno ritenuto attendibile il narrato della persona offesa, in quanto privo di qualsiasi contraddizione, mentre, al contrario, lo stesso si palesava fin dall’inizio confuso. In particolare, si denuncia il travisamento del dato istruttorio, in quanto è stata interpretata l’espressione "sopra la mia vagina", adoperata dalla ragazza, quale sinonimo di "sulla mia vagina", mentre doveva intendersi correttamente quale sinonimo di "zona anatomica sovrastante la zona genitale" ovvero di "zona inguinale". 3) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), e di norme processuali stabilite a pena di nullità. Si evidenziano divergenze tra la narrazione dei fatti contenuta nella denuncia-querela, nella quale si riferiva una prosecuzione della condotta posta in essere dal L., che, dopo aver fatto appoggiare la ragazza sul lettino, avrebbe premuto da tergo i genitali contro il suo sedere, e quella riferita dalla parte lesa in dibattimento, in cui ha escluso tale ulteriore condotta.

Si denuncia, quindi, carenza di motivazione in ordine al giudizio di attendibilità della persona offesa, malgrado i rilevati elementi di contraddizione del narrato.

4) Contraddittorietà della motivazione con riguardo, in particolare, alla valenza probatoria a carico delle dichiarazioni dell’imputato.

In sintesi, si contesta il giudizio di inverosimiglianza delle dichiarazioni dell’imputato, con riferimento alle modalità con le quali sarebbe stata visitata la Z.. Si deduce che tale giudizio è sostanzialmente basato sulle dichiarazioni della teste D.L., per sua stessa ammissione svolgente funzioni di responsabile amministrativo, anche se laureata in medicina, e sulla base di considerazioni non suffragate da cognizioni mediche certe.

5) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), e di norme processuali stabilite a pena di nullità.

Premessi i caratteri del dato indiziario, perchè acquisti rilevanza probatoria, si contesta la valenza indiziaria della pretesa illegittimità delle modalità della visita medica poste in essere dal L. (manovra di Giordano, controllo della milza), non emergendo in modo univoco nè il contrasto di tali modalità con metodi diagnostici, nè l’intenzione del L. di approfittarsi della Z..

6) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), e di norme processuali stabilite a pena di nullità. Si censura la omessa valutazione di un elemento indiziario favorevole all’imputato, costituito dal fatto che non ebbe a chiedere alla Z. di spogliarsi, benchè la cosa non avrebbe ingenerato alcun sospetto nel contesto della visita medica che stava effettuando.

7) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), di norme processuali stabilite a pena di nullità, nonchè vizi di motivazione della sentenza.

Si denuncia carenza di motivazione in ordine alla inattendibilità del narrato della Z., secondo la quale il medico la avrebbe palpata per due minuti tra le gambe aperte, passando il palmo della mano più volte sopra la vagina, senza che la ragazza abbia avuto una immediata reazione.

8) Violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), di norme processuali stabilite a pena di nullità, nonchè vizi di motivazione della sentenza.

Si denuncia, infine, carenza e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si osserva che la reazione dei due fidanzati poteva essere stata provocata solo, o da un’aggressione sessuale, o da un clamoroso equivoco, per, poi, escludere tale seconda ipotesi senza adeguata motivazione.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Costituisce consolidato principio di diritto, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, che, in sede di controllo di legittimità, non solo è preclusa la possibilità di sovrapporre una valutazone diversa delle risultanze processuali rispetto a quella fatta propria dai giudici di merito, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia sottoposta al giudizio di legittimità mediante il raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, (sez. un 23.6.2000, Jakani, RV 216260; sez. un 30.4.1997 n. 6402, Dessimone ed altri, RV 207944 e giurisprudenza precedente conforme).

I citati principi di diritto, peraltro, sono stati ribaditi da questa Corte anche a seguito delle modificazioni apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b).

Anche a seguito della citata novella legislativa, infatti, rimane esclusa la possibilità che la verifica della correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, sicchè il vizio di motivazione è ravvisabile solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su risultanze probatorie incontestabilmente diverse da quelle reali (cfr. sez. 4, 10.10.2007 n. 35683, Servirei, RV 237652; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musimeci, RV 237207; sez. 5, 25.9.2007 n. 39048, Casavola ed altri, RV 238215). Orbene, sotto l’apparente denuncia di violazioni di legge o vizi di motivazione il ricorrente sostanzialmente si limita a prospettare una diversa valutazione delle risultanze probatorie rispetto a quella che emerge dalla sentenza impugnata.

Deve essere, poi, rilevato che il riferimento ai criteri di valutazione delle risultanze indiziarie, variamente richiamati nei motivi di gravame, è inconferente, in quanto la prova è costituita dalle dichiarazioni della persona offesa, che deve essere valutata ai sensi dell’art. 192 c.p.p., comma 1, mentre gli altri elementi di valutazione sono stati utilizzati dai giudici di merito solo per evidenziare l’attendibilità del narrato della Z..

La sentenza, inoltre, ha adeguatamente affrontato il tema della possibilità che la ragazza sia incorsa in equivoco sulla natura dei gesti dell’imputato, escludendo detta ipotesi con adeguata motivazione, immune da vizi logici, suffragata dalle dichiarazioni della responsabile del Servizio di Guardia medica dell’ambulatorio riportate nella sentenza.

Le altre risultanze, come già osservato, costituiscono elementi di riscontro, quali la deposizione della dott.sa D.L., la cui competenza medica non può formare oggetto di censura in sede di legittimità, quella del dr. H. sullo stato di agitazione dei due giovani.

Nello stesso ricorso, peraltro, si afferma, con rilievo sempre in punto di fatto, che il controllo dei linfonodi dell’inguine va effettuato facendo spogliare il paziente, sicchè proprio tale osservazione si pone in contrasto con quanto riferito dall’imputato in ordine alle modalità con le quali avrebbe proceduto alla visita medica.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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