Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-10-2011, n. 21491 Danno biologico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 20 novembre 1998 il Tribunale di Agrigento condannava la SAI, nella qualità di impresa designata FGVS, in solido con F.S., a corrispondere a titolo di risarcimento del danno biologico e morale a C.C. la somma di L. 7 milioni ed a V.L. la somma di L. 119.800.000, oltre rivalutazione monetaria (detratto quanto già ricevuto a titolo di provvisionale dal giudice penale (Tribunale di Agrigento sentenza 30 aprile 1981) che aveva riconosciuto colpevole del reato di lesioni colpose in danno di C. e V., lo stesso F..

La vettura del F. aveva invaso la carreggiata di pertinenza della Fiat, guidata da C.C., che aveva subito lesioni così come la trasportata, V.L. di sedici anni.

Rilevava il Tribunale che non vi erano dubbi in ordine alla responsabilità del Ca. che era stato già condannato per il reato di lesioni colpose alle pene di legge dal giudice penale.

Il Tribunale penale aveva, altresì, assegnato una provvisionale sia alla C. che alla V..

Il giudizio civile era interrotto a seguito della morte del difensore del F. e riassunto nei confronti della SAI, quale impresa designata a pagare l’indennizzo. Ciò a seguito della decisione della Corte Costituzionale, la quale aveva stabilito la non applicabilità della normativa nazionale alle imprese assicurative autorizzate all’esercizio della assicurazione responsabilità civile autoveicoli nel solo ambito della Regione Sicilia (Corte Cost. 144 del 21 marzo 1989). Con la conseguenza che l’auto del Ca., assicurata presso la San marino s.p.a. doveva considerarsi come non assicurata, e che le attrici avevano diritto di rivolgersi al Fondo di garanzia Vittime della Strada ed alla SAI, quale impresa designata, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 20.

La sentenza era appellata dalla SAI che chiedeva fosse dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, la nullità della sentenza, essendo stata emessa nei confronti di un soggetto non citato in giudizio, la illegittimità del criterio di valutazione dei danni adottato ed, inoltre, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 21, la limitazione della propria condanna nei limiti del massimale di legge, vigente all’epoca del sinistro: (OMISSIS) (L. venti milioni).

Con una prima sentenza non definitiva del 21 maggio 2004 – 27 aprile 2005, la Corte di appello di Palermo rigettava le censure di difetto di legittimazione passiva e di nullità dedotte dalla SAI, disponendo ctu per accertare la entità delle lesioni subite dalle attrici e dei postumi permanenti da esse derivate.

Con sentenza 20 giugno – 25 agosto 2008, la Corte d’appello determinava nella minor somma di Euro 57.843,17 il risarcimento attribuibile alla V. per danno biologico e morale, (riducendo da L. 59.800.000 a L. 52.000.000 il risarcimento da danno biologico già riconosciuto dal Tribunale, riducendo da 23 a 20 la percentuale di postumi permanenti invalidanti), stabilendo tuttavia – in accoglimento dell’appello proposto dalla compagnia assicuratrice – che la Sai era temuta a corrispondere alla stessa V. il danno nella misura del massimale di Euro 10,329.13 oltre alla rivalutazione ed agli interessi nei termini già specificati nel dispositivo della sentenza di primo grado.

Le due appellate avevano eccepito la tardività della eccezione di superamento del massimale formulata dalla appellante. Non si trattava, tuttavia, sottolineava la Corte, di domanda nuova, ma semplicemente di eccezione, proponibile per la prima volta anche in appello, trattandosi di controversia iniziata prima del 30 aprile 1995.

Al limite del massimale di legge, precisavano i giudici di appello, non soggiacciono solo gli interessi e la rivalutazione, peraltro già riconosciuti dal primo giudice e non oggetto di impugnazione in sede di appello da parte della SAI. La Corte di appello confermava quando stabilito dal primo giudice con riferimento alla C..

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la sola V., con unico motivo.

Gli intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo la ricorrente deduce erronea applicazione dell’art. 345 vecchio rito c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I giudici di appello avevano erroneamente ammesso proposizione di una nuova domanda in appello, anche se proposta in via subordinata, ritenendo che poichè la causa era disciplinata dalle norme del vecchio rito, era possibile proporre nuove eccezioni non rilevabili di ufficio anche in grado di appello.

Le censure formulate con l’unico motivo non colgono nel segno.

Deve considerarsi principio consolidato quello che la eccezione di superamento del massimale può essere formulato per la prima volta anche in grado di appello (a maggior ragione nei giudizi ai quali risulta applicabile il vecchio rito).

Deve tuttavia essere osservato che il giudice di appello ha riconosciuto il diritto della V. a ricevere interessi e rivalutazione oltre il limite del massimale, nei termini specificati nel dispositivo della decisione di primo grado.

In realtà la decisione del Tribunale civile (come ricorda la decisione della Corte di appello, p. 4) prevedeva esclusivamente la condanna della compagnia Sai, in qualità di impresa designata ed in solido con il F.S., al pagamento della somma di L. 119.800.000 "oltre a quanto spettante ad entrambe per la rivalutazione monetaria". Pertanto, nella decisione del giudice di primo grado non era contenuto alcun accenno agli interessi maturati.

La sentenza di appello,, pertanto, deve essere corretta sul punto in cui ha confermato la decisione di primo grado in ordine al riconoscimento di interessi e rivalutazione, mentre in effetti la sentenza di Tribunale riconosceva il diritto alla sola rivalutazione sul risarcimento integrale (cf. p. 4 sentenza di appello).

Ritiene il Collegio che in una situazione del genere, la causa possa e debba essere decisa senza rinvio, con una decisione di merito, confermando la decisione di appello, con riferimento alla condanna in favore della V. della minor somma di Euro 57.843,17 con la precisazione che la condanna del F. deve intendersi riferita anche alla SAI, nei limiti del massimale all’epoca vigente, di Euro 10,329,143, oltre alla sola rivalutazione dovuta come per legge. La decisione di primo grado non era stata impugnata sul punto del mancato riconoscimento degli interessi dalla sig.ra V..

La causa deve essere decisa nel merito, specificando che la condanna della SAI – nei limiti specificati nella sentenza di appello – deve intendersi limitata nei confronti della SAI al massimale vigente, maggiorato della sola rivalutazione.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio di appello e di quello di cassazione, ferma la decisione per quella del giudice primo grado.
P.Q.M.

La Corte decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito condanna la compagnia al risarcimento dei danni entro i limiti del massimale, precisando che il massimale deve intendersi maggiorato della sola rivalutazione. Compensa le spese del giudizio di appello e di quello di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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