Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 13-06-2011, n. 23655 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Salerno, in accoglimento dell’impugnazione del P.G. avverso la sentenza del Tribunale di Sala Consilina in data 7.1.2008, ha affermato la colpevolezza di M.C. in ordine ai reati: a) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); b) di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, a lui ascritti per avere effettuato lo sbancamento di un costone roccioso e la demolizione di un corpo di fabbrica adibito a fienile, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza il permesso di costruire e senza l’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

Il giudice di primo grado aveva dichiarato l’estinzione dei reati ascritti all’imputato a seguito dell’ottenimento di DIA in sanatoria preceduta dal nulla osta dell’amministrazione competente per il vincolo.

La Corte territoriale ha osservato che l’effetto estintivo del reato si produce, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 45, solo a seguito del rilascio di permesso di costruire in sanatoria. Anche il nulla osta paesaggistico, rilasciato successivamente all’esecuzione dei lavori, non determina l’estinzione del reato per la violazione del vincolo, non ricorrendo peraltro nel caso in esame le condizioni per l’applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commi 1 ter e quater.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente deduce, in sintesi, che l’imputato si è rivolto ad un tecnico qualificato per la sanatoria dei lavori abusivi di cui alla contestazione e che quest’ultimo aveva ritenuto che gli stessi potevano essere autorizzati mediante denuncia di inizio di attività. Anche il responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Teggiano aveva ritenuto che gli abusi contestati dovevano essere sanati mediante DIA; per tale ragione aveva acquisito i pareri favorevoli necessari, tra i quali l’autorizzazione paesaggistica, e in data 24.5.2006 aveva rilasciato la DIA autorizzativa in sanatoria.

Si deduce, quindi, che i giudici di merito avrebbero dovuto valutare l’erroneo convincimento dell’imputato circa la liceità del proprio agire, rilevando che nella specie si versa in ipotesi di errore scusabile ai sensi dell’art. 5 c.p. in base all’interpretazione data alla norma dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 364 del 1988.

Si deduce, infine, che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare la effettiva data di commissione del fatto, al fine di ritenere la intervenuta prescrizione dei reati.

Il fatto, invero, è stato contestato come commesso in epoca antecedente e prossima al (OMISSIS) senza ulteriori precisazioni, sicchè nella specie avrebbe dovuto trovare applicazione il principio del favor rei con la conseguenza che, in mancanza di prove, i reati dovevano ritenersi consumati nella data più risalente e, per l’effetto, già prescritti.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Correttamente la sentenza ha affermato che i lavori di sbancamento posti in essere dall’imputato dovevano essere assentiti mediante il rilascio di un permesso di costruire, sicchè la DIA ottenuta dal M. non poteva esplicare l’effetto estintivo della violazione edilizia ritenuto dal giudice di primo grado.

Nessuna efficacia sanante inoltre è collegata al rilascio postumo dell’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo al di fuori delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commi 1 ter, quater e quinquies, di cui non ricorrono gli estremi, come correttamente osservato nella stessa sentenza impugnata.

Orbene, risulta incontroverso in punto di fatto che l’imputato allorchè ha eseguito i lavori non era munito nè del permesso di costruire, nè dell’autorizzazione dell’amministrazione competente per il vincolo paesaggistico.

La contestazione del ricorrente in ordine alla assenza dell’elemento psicologico del reato, pertanto, oltre che fattuale, è altresì inconferente, in quanto viene riferita allo strumento attraverso il quale avrebbe dovuto ottenere la sanatoria, allorchè i reati, dei quali si risponde anche a titolo di colpa, erano già stati commessi.

Altresì fattuale e, pertanto, inammissibile in sede di legittimità è la contestazione in ordine alla data di commissione dei reati, in contrasto con l’accertamento di merito sul punto contenuto nell’impugnata sentenza.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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