Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-05-2011) 13-06-2011, n. 23712

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 02/11/2010 il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza 30/09/2010 del G.I.P. in sede, con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di T.A., sottoposto a indagini per l’omicidio di A.A., per distruzione del suo cadavere e per i reati connessi relativi alle armi.

Preliminarmente il Tribunale disattendeva l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai genitori dell’indagato, rilevando che nel caso di specie non era ravvisabile la nullità prevista dall’art. 199 c.p.p., comma 2, in quanto il T. era stato iscritto nel registro degli indagati in data 27/09/2010, mentre i genitori erano stati sentiti a sommarie informazioni in data anteriore quando il loro figlio non aveva ancora assunto la veste di indagato.

Nel merito il Tribunale, dopo aver premesso che il cadavere dell’ A. fu trovato carbonizzato in un casolare in contrada Pontefegato del Comune di Simeri Crichi nel pomeriggio del 19/09/2010, riteneva sussistenti a carico dell’indagato i gravi indizi di colpevolezza, costituiti: a) dalla dichiarazione di S. E., moglie della vittima, la quale aveva riferito di aver ricevuto verso le ore 16,15 una telefonata del marito, il quale le aveva detto di trovarsi in compagnia di una persona di nome Al.; b) dalla dichiarazione dell’indagato, il quale aveva ammesso di essersi incontrato con l’ A. nella stessa ora, pur precisando di essersi limitato ad accompagnarlo con la sua autovettura alle giostre; c) dall’esame del sistema di videosorveglianza installato a Catanzaro, dal quale era emerso che l’autovettura guidata dall’indagato con a bordo altra persona era stata vista dirigersi verso la località dove fu rinvenuto il cadavere, che si trova nella direzione opposta rispetto al luogo dove erano ubicate le giostre; d) dalla deduzione che la persona trasportata nella autovettura dell’indagato non poteva che essere la vittima, in quanto la telefonata diretta alla moglie era stata fatta dalla vittima nello stesso orario in cui il sistema di videosorveglianza aveva attestato il passaggio dell’autovettura guidata dall’indagato in direzione della località Pontefegato dove fu rinvenuto il cadavere; e) dalla circostanza che l’indagato, fermato dopo vari giorni nella zona di Tropea, presentava evidenti bruciature alla mano sinistra, al braccio sinistro e all’orecchio sinistro; f) dalle contraddizioni emerse dalle dichiarazioni rese dall’indagato con quelle rese dai suoi genitori, i quali avevano riferito che il figlio nel pomeriggio aveva bruciato delle sterpaglie in giardino.

Infine, secondo il Tribunale, sussistenti dovevano ritenersi le esigenze cautelari ricorrendo il concreto pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione dei reati della stessa indole, tenuto anche conto delle gravi modalità dei fatti.

Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso i difensori avvocati Nicola Cantafora e Luigi Falcone, i quali ne hanno chiesto l’annullamento per violazione di legge in relazione all’art. 199 c.p.p., comma 2 e per vizio della motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p..

Con il primo motivo i difensori hanno dedotto che le dichiarazioni dei genitori dell’indagato erano inutilizzabili, in quanto assunte senza il prescritto avvertimento della facoltà di astenersi dal deporre nonostante che a carico del loro figlio vi fossero indagini in corso e che gli elementi posti a base della misura cautelare fossero stati acquisiti tutti prima della iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati.

Con il secondo motivo i difensori hanno contestato la gravità del quadro indiziario, deducendo in particolare che non vi era certezza che il passeggero a bordo dell’autovettura guidata dal ricorrente fosse da identificarsi con la vittima e che il dato valorizzato dal Tribunale, relativo al fatto che dopo le ore 16,35 la vittima non rispondeva più al cellulare, era del tutto neutro, in quanto anche in precedenza la vittima non aveva risposto ad altre telefonate.

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al primo motivo è sufficiente rilevare che – alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale che si condivide (Cass. Sez. 6A n. 27060 del 27/05/2008, rv. 240976; Cass. Sez. 1A n. 24222 del 04/06/2002, rv. 221891) – "nel corso delle indagini preliminari non è dovuto ai prossimi congiunti di persona che non abbia ancora assunto la qualità di indagato l’avvertimento della facoltà di astenersi dal deporre previsto, a pena di nullità, dall’art. 199 c.p.p., comma 2". Pertanto correttamente nel caso di specie non è stata ravvisata alcuna nullità, in quanto è pacifico che i genitori furono sentiti a sommarie informazioni ancor prima che il ricorrente fosse iscritto nel registro degli indagati.

Quanto al secondo motivo va rilevato che, alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale, per l’applicazione di una misura cautelare in questa fase del procedimento è richiesto solo il requisito della gravità degli indizi nel senso che questi devono essere tali da lasciar desumere la qualificata probabilità di attribuzione del reato per cui si procede all’indagato.

Orbene nel caso in esame il Tribunale si è adeguato al suddetto principio, ancorando il proprio giudizio ad elementi specifici risultanti dagli atti tanto da trarre dalla loro valutazione globale un giudizio in termini di elevata probabilità circa l’attribuzione dei reati contestati all’indagato. Infatti il Tribunale, oltre alle contraddizioni emerse dalle dichiarazioni dei genitori con quelle rese dall’indagato, ha valorizzato ulteriori e specifici elementi (dianzi indicati) apprezzandone correttamente la loro rilevanza ed operando un logico collegamento tra gli stessi. In particolare, quanto alla presenza della vittima a bordo della autovettura del ricorrente diretta verso la località Pontefegato, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha ricostruito l’episodio sulla base di logiche considerazioni (quasi coincidenza dell’orario della telefonata alla moglie con l’esame delle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza, ammissioni dello stesso ricorrente circa la presenza della vittima a bordo dell’autovettura anche se in orario diverso, mancata risposta da parte della vittima alle telefonate ricevute dopo le ore 16,35, ustioni rinvenute sul corpo del ricorrente anche a distanza di vari giorni, ecc). Ne consegue che le censure dedotte sul punto devono ritenersi al limite dell’ammissibilità, essendo le stesse dirette alla rivalutazione di circostanze di fatto già correttamente esaminate in sede di merito.

Pertanto – poichè le dedotte censure non sono in grado di infirmare il grave quadro indiziario descritto dal Tribunale, tanto più che è stata proposta una valutazione atomistica degli indizi, che invece devono essere valutati in un contesto unitario – il ricorso deve essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *