T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 14-06-2011, n. 5283 Indennità di fine rapporto o servizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, pensionati a suo tempo e provenienti dagli enti disciolti ANCC ed ENPI, introducono azione di accertamento del diritto a vedersi riconosciuto nel trattamento di fine servizio il computo anche dell’indennità o assegno aggiuntivo attribuito don d.P.R. 568 del 1987 al primo ricercatore ed al dirigente di ricerca, ritenendone la natura retributiva, ed essendo tale emolumento fisso e continuativo.

Chiedono, pertanto, la statuizione di inclusione nel coacervo delle voci quiescibili anche ai fini della ricostituzione e nuovo conteggio dell’indennità di fine servizio, oltre interessi e rivalutazione.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa dell’intimato ISPESL, senza, peraltro, spiegare scritti difensivi o depositare documenti.

Si è costituito, altresì, il pure intimato INPDAP per resistere al ricorso, di cui ha chiesto il rigetto.

In vista della discussione nel merito della causa la parte ricorrente e la difesa del resistente Ente previdenziale hanno depositato memorie conclusionali; indi, alla pubblica udienza del 21 aprile 2011 la causa è stata trattenuta a sentenza.
Motivi della decisione

Con il ricorso in epigrafe reclamano i ricorrenti, ex dipendenti dell’Ispels collocati in quiescenza da tempo, il diritto alla inclusione dell’indennità aggiuntiva di cui al d.P.R. 568 del 1987 ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita.

Il ricorso è infondato.

A partire dalle decisioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 21.5.1996 n. 4 e 17.9.1996 n. 18, la giurisprudenza ha univocamente affermato che la natura retributiva di un emolumento, quale che sia la sua rilevanza ai fini del trattamento di pensione, non costituisce, da sola, elemento sufficiente per inferirne anche la computabilità ai fini dell’indennità di buonuscita (ex multis, Cons. di Stato, Sez. VI, 13.1.1999, n. 16).

Ciò in quanto, nell’attuale sistema, esiste un nesso sinallagmatico tra la contribuzione e la prestazione previdenziale, nel senso che la seconda non può essere garantita senza la prima.

Ne consegue che la composizione dell’indennità di buonuscita è connessa all’ampiezza della base retributiva, la cui struttura è riservata alla valutazione del legislatore, che deve compiere il bilanciamento delle esigenze di rilievo sociale che l’indennità è preordinata al soddisfare con le disponibilità di risorse economiche nel quadro delle complessive esigenze della finanza pubblica.

L’art. 38 del d.P.R. 29.12.1973, n. 1032, in recepimento di un criterio strettamente nominalistico e formale nell’individuazione delle voci retributive che, assoggettate a contribuzione nel corso del rapporto di pubblico impiego, concorrono a formare la base di calcolo dell’i.b.u. da liquidarsi in dodicesimi per anno di servizio nella misura dell’80 % degli emolumenti stessi, precisa, con norma di chiusura, che concorrono a formare la base contributiva, oltre all’80 per cento dello stipendio, solo gli assegni e le indennità specificamente indicati, nonché gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale, mentre nessuna disposizione consente, ai medesimi fini, l’utilizzabilità dell’assegno aggiuntivo.

Pertanto, in assenza di una espressa previsione normativa integrativa dell’elencazione di cui all’art. 38 – come, in concreto, avvenuto per la tredicesima mensilità (art. 2 della legge n. 75/1980) e per l’indennità integrativa speciale (art. 1 della legge n. 87/1994) – non possono, quindi, essere inclusi nella base di calcolo dell’i.b.u. altri assegni, ancorché gli stessi, in costanza del rapporto di impiego abbiano concorso nel trattamento di attività.

Non è, pertanto, condivisibile l’assunto di parte ricorrente che configura il compenso in esame, fisso ed erogato con carattere di continuità, come integrazione stipendiale, in quanto, la locuzione "stipendio", nel pubblico impiego, va intesa come paga tabellare e non come comprensiva di tutti gli emolumenti erogati con continuità ed a scadenza fissa (cfr. Cons. di Stato, Sez.VI, 2.3.2000, n. 1108; 3.11.2000, n. 5914; 6.6.2003, n. 3195; 3.9.2003, n. 4887).

Peraltro, non può non essere considerato che l’assegno aggiuntivo in discussione assorbe e sostituisce le maggiorazioni previste nel precedente regime ( d.P.R. n. 346 del 1983 e n. 411 del 1976), il compenso per lavoro straordinario, l’indennità di incentivazione, come anche l’indennità di ricerca, di cui all’art. 20, comma 5, del medesimo d.P.R. n. 568 del 1987, ma nessuna di tali indennità è compresa nell’elenco tassativo di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973.

Può aggiungersi che la natura incentivante dell’emolumento, proprio per il suo carattere "aggiuntivo", si contrappone allo stipendio come corrispettivo di una opzione non legata al trattamento stipendiale.

Ed infatti, la giurisprudenza ha sottolineato che per stabilire l’idoneità di un certo compenso a far parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita non rileva il carattere sostanziale dello stesso (natura retributiva o meno), ma il dato formale, vale a dire il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento, onde va esclusa la computabilità dell’assegno aggiuntivo dalla base contributiva ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita, poiché esso non risulta contemplato nell’elencazione tassativa delle indennità di cui all’art. 38, II comma, del d.P.R. n. 1032 del 1973 (cfr. TAR Lazio, Sez. III, 04 marzo 2008, n. 2018; 4 ottobre 2004, n. 10138; TAR Toscana, Sez. I, 9.6.2003, n. 2195).

Infine, sono irrilevanti ai fini che ne occupa le disposizioni in base alle quali l’"assegno aggiuntivo di ricerca" è stato riconosciuto quiescibile ai fini del trattamento pensionistico integrativo a carico della gestione speciale di previdenza in favore del personale I.S.P.E.S.L. che, in relazione al loro specifico oggetto e scopo, non possono trovare applicazione in via estensiva od analogica ai fini della liquidazione dell’i.b.u., che va effettuata, come sopra ampiamente argomentato, con esclusivo riferimento al combinato disposto di cui agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1032 ed ai presupposti, condizioni ed emolumenti computabili ivi presi in considerazione.

Le superiori considerazioni inducono, in conclusione, al rigetto del ricorso.

La natura e vetustà della controversia sono cause sufficienti per compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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